Provate a chiedere ad uno studente di medicina dell’ultimo anno. Difficile trovare qualcuno che non lo conosca. È un manuale che ha fatto bella mostra di sé sugli scaffali di migliaia di studenti universitari negli ultimi decenni. Harrison, Principi di Medicina Interna, giunto ora alla 20a edizione, è considerato un testo sacro per gli studenti di medicina e per i giovani internisti. È stato definito “il più famoso dei libri di medicina”. Recentemente, però, è diventato anche un argomento di studio in materia di conflitti di interesse nascosti. Un gruppo di ricercatori ha scoperto che l’Harrison, così come altri importanti testi di medicina, ha omesso di dichiarare gli interessi finanziari che gli autori avevano nella specifica materia trattata ed i pagamenti che avevano ricevuto da gruppi industriali(1). Nell’articolo viene evidenziato che gli autori dell’Harrison hanno ricevuto dall’industria farmaceutica e dai produttori di dispositivi medici oltre 11 milioni di dollari tra il 2009 e il 2013, ma ai lettori del libro non viene data alcuna informazione su questi finanziamenti. Uno degli autori, un medico, durante quel periodo ha ricevuto contributi per circa 870.000 dollari, inclusi fondi per la ricerca, secondo quanto riportato da ProPublica’s Dollars For Doc, l’archivio istituito con la legge del Sunshine Act nel quale sono registrati i pagamenti dell’industria farmaceutica ai medici americani. Inoltre, molti autori dell’Harrison sono detentori di brevetti nei propri settori, in un caso addirittura 23 brevetti, e ciò rappresenta un altro potenziale conflitto di interessi che non è stato dichiarato ai lettori del libro. “Questi dati indicano che la totale trasparenza dei conflitti di interesse deve diventare la normale prassi anche per gli autori di materiali educativi biomedici” hanno dichiarato i ricercatori. Mc Graw-Hill, la casa editrice dell’Harrison, non ha risposto alla richiesta di chiarimenti rivoltale da statnews.com.
Le dichiarazioni dei conflitti di interesse, regolate da specifiche linee-guida, sono ormai prassi consolidata nelle riviste scientifiche, le stesse in cui pubblicano molti degli autori dell’Harrison. I libri di testo, invece, tipicamente non riportano i conflitti di interesse e ciò va considerato un segno di arretratezza rispetto alle regole della scienza moderna. I ricercatori, guidati da Brian Piper, un neuroscienziato della Geisinger Commonwealth School of Medicine di Scranton, Pennsylvania, ammettono che aver incassato dei premi con i brevetti oppure aver ricevuto contributi dalle aziende biomediche non necessariamente implica che il lavoro di quegli autori sia stato condotto in maniera scorretta o non imparziale. Tuttavia essi sottolineano il fatto che i libri di medicina esercitano una enorme influenza sia per la loro percepita autorevolezza, sia per l’ampia platea di lettori che raggiungono. Non è la prima volta che Brian Piper si occupa di conflitti di interesse nei libri di testo. Nel 2015, insieme con i suoi colleghi, aveva pubblicato su PLoS One un articolo con il quale evidenziava un identico problema nei manuali di farmacologia(2).
“Purtroppo, dopo sei anni di studio in questo specifico settore, non siamo affatto sorpresi da questi risultati”, ha dichiarato Piper a statnews.com. “Tuttavia, continuiamo a stupirci per il fatto che, in materia di conflitti di interesse, editori ed autori dei testi di medicina non abbiano gli stessi criteri di trasparenza che sono ormai ampiamente accettati per i trial clinici e per altre ricerche. Alcuni dei potenziali problemi che questi conflitti possono generare, si verificano quando i manuali raccomandano determinate terapie”. Diversi studi hanno dimostrato che i medici che ricevono dalle case farmaceutiche più soldi, o anche inviti a congressi con vitto e alloggio gratuiti, sono più propensi a prescrivere farmaci di marca, rispetto ai loro colleghi che guadagnano meno dall’industria. Generalmente è logico pensare che gli autori che non disprezzano i finanziamenti dell’industria del farmaco, siano più inclini a prescrivere costose terapie farmacologiche piuttosto che altri trattamenti che non avvantaggiano i bilanci delle aziende farmaceutiche.
Piper e i suoi collaboratori auspicano che gli editori dei manuali di medicina adottino gli stessi criteri di dichiarazione dei conflitti di interesse già in vigore per le riviste scientifiche, in modo che i lettori siano correttamente informati sulle eventuali relazioni finanziarie esistenti. Finché non sarà fatto, però, i giovani medici alle prime armi devono tener presente che su quei dispendiosi libri che hanno acquistato, alcune importanti righe non vengono scritte.
A cura di Ermanno Pisani
Libera traduzione e adattamento dell’articolo di Adam Marcus e Ivan Oransky
pubblicato su statnews.com il 6 marzo 2018
Grazie alla diffusione dell'associazione No Grazie Pago Io
1. Piper BJ, Lambert DA, Keefe RC et al. Undisclosed conflicts of interest among biomedical textbook authors. AJOB Empirical Bioethics, 5 marzo 2018 https://doi.org/10.1080/23294515.2018.1436095
2. Piper BJ, Telku HM, Lambert DA. A Quantitative Analysis of Undisclosed Conflicts of Interest in Pharmacology Textbooks. PLoS One 2015;10:e0133261 https://doi.org/10.1371/journal.pone.0133261
Nota: l’articolo di Piper e collaboratori è stato commentato anche nelle news del BMJ (Hawkes N. Medical textbook authors received £11m in undisclosed payments from drug and device makers. BMJ 2018;360:k1118)
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