di
Virginia Greco
22-09-2010
In vista della necessaria riduzione dell’impatto ambientale nella produzione energetica, il Congresso Mondiale sull'Energia ha quest’anno aperto le porte alle fonti rinnovabili. Eppure, nonostante l'ingresso di qualche raggio di sole e di una soffiata di vento, il passaggio a una produzione 'pulita' di energia appare ancora un miraggio. All'orizzonte si profila un futuro fatto di carbone e nucleare.
Si è appena conclusa a Montréal, in Québec (Canada), l’edizione 2010 del congresso organizzato ogni tre anni dal Consiglio Mondiale per l’Energia: rappresentanti delle multinazionali energetiche, dei governi e di organizzazioni internazionali di settore si riuniscono per confrontarsi sui temi dello sviluppo energetico ed elaborare strategie comuni.
Tra i 5000 partecipanti di quest’anno ci sono stati anche esponenti di media, università e associazioni che si occupano di energie. Il Consiglio si è inoltre adoperato affinché i paesi in via di sviluppo fossero adeguatamente rappresentati, essendo essi cruciali nella delineazione delle future politiche energetiche.
Il tema centrale della discussione di questa edizione è stato (o almeno tale sarebbe dovuto essere) la ricerca di una strategia di crescita responsabile nel settore, cioè una politica che concili la necessità di sviluppo economico con le esigenze di protezione dell’ambiente e di riduzione delle disuguaglianze tra i vari paesi.
I problemi principali derivano ovviamente dal fatto che, mentre da un lato i cambiamenti climatici e il consumo di fonti fossili ci inducono a cercare alternative sostenibili e limitare il consumo di energie, dall’altro la vertiginosa crescita economica e demografica di alcuni paesi emergenti sta incrementando notevolmente la richiesta mondiale di energia. Come procedere?
Le notizie dal fronte del Congresso non sono affatto positive. Quello che è stato il pensiero dominante di tutto l’incontro era già presente in sintesi nel discorso introduttivo tenuto da Khalid Al-Falih, presidente della Saudi Aramco (compagnia petrolifera araba). Egli ha sottolineato come l’industria dell’energia debba in effetti diversificarsi e affiancare alle sorgenti tradizionali, vale a dire i combustibili fossili, alcune fonti alternative ma, fra tali alternative, oltre a eolico e solare, viene subito citato il nucleare. In più "questo processo di transizione sarà lento - ha affermato Al-Falih - quindi è necessario fare appello a fonti supplementari, che permettano di rispondere alla crescente richiesta. Carbone, petrolio e gas naturale dovrebbero rappresentare circa i quattro quinti dell’energia consumata nei prossimi decenni."
Se per la prima volta nella storia del Congresso Mondiale sull’Energia si dà importanza alle energie rinnovabili, in sostanza però, si ribadisce che il distacco dalle fonti tradizionali è ancora ben lontano dall’essere realtà.
Il carbone è tornato quest’anno particolarmente in auge, pur essendo la fonte dal maggior impatto ambientale in termini di emissioni. Esso, a quanto pare, svolgerà ancora un ruolo importantissimo nello sviluppo delle economie in crescita, in particolare quella indiana. Vinay K. Singh, direttore di una grande compagnia carbonifera (la Northern Coalfields Ltd.), ha affermato che il 54% della richiesta in India è al momento soddisfatta tramite l’impiego di tale sorgente. "Altre risorse hanno prezzi molto volatili - ha sottolineato Singh - mentre il carbone in India ha un prezzo del 50% minore di quello dato altrove nel mondo".
Tale paese richiederà 1000 milioni di tonnellate di carbone entro il 2030 per elevare i propri standard di vita, una quantità enorme. Il governo e le industrie dichiarano però di star cercando delle tecnologie di estrazione che ne riducano l’impatto ambientale. Non una grande consolazione.
Dello stesso avviso di Singh è Gregory Boyce, amministratore delegato della compagnia maggior produttrice di carbone degli Stati Uniti (la Peabody Energy). Questi considera tale fonte come cruciale per incontrare la richiesta mondiale e in particolare per favorire lo sviluppo e la riduzione della povertà in paesi nei quali più di metà della popolazione non ha accesso adeguato all’energia. Egli ha anche dichiarato che sono in corso di studio tecnologie moderne, che dovrebbero portare ad una nuova generazione 'verde' di centrali a carbone, cioè a emissioni di anidride carbonica vicine allo zero.
Tornando alle 'fonti supplementari' a cui appoggiarsi nel periodo di transizione, di cui ha parlato Al-Falih, le proposte sono abbastanza preoccupanti: si è parlato infatti delle sabbie bituminose (soprattutto quelle canadesi) e degli idrocarburi presenti nell’Artico. L’estrazione in entrambi i casi comporterà un impatto ambientale tutt’altro che trascurabile e comunque si tratta ancora di combustibili fossili.
Secondo le previsioni di Richard L. George, presidente ed amministratore delegato della Suncor Energy Inc. la produzione di energia da sabbie bituminose in Canada raddoppierà entro il 2020: si passerà cioè dal consumo di 1,2 milioni di barili al giorno, registrato nel 2007, a 3 milioni di barili.
C’è una grossa differenza tra l’estrazione del petrolio classica e quella delle sabbie canadesi, secondo quanto affermato da George: "Sappiamo esattamente dove siano le risorse, non dobbiamo scavare per cercarle, quindi non è necessario considerare i costi di eventuali perforazioni a vuoto. Questo ci offre l’opportunità di concentrarci sulla tecnologia".
Un altro vantaggio dell’uso di tale sorgente sarebbe poi il fatto che i serbatoi risiedono in un paese in cui vigono principi democratici ed un’economia aperta, a differenza di altre regioni che dispongono di risorse petrolifere ma soffrono di instabilità politica ed economica.
Evidentemente è sottinteso anche un desiderio di diminuire la dipendenza dell’Occidente dai paesi arabi che, come noto, controllano i massimi giacimenti di petrolio al mondo.
A parte vaghe promesse di sviluppi tecnologici all’insegna di una riduzione dell’impatto ambientale, resta che fino a qui le prospettive ecologiche sono davvero limitate. E, come se carbone e sabbie bituminose ('necessari' nel periodo di transizione) non fossero sufficienti, ai primi posti tra le sorgenti della fase futura è posizionato il nucleare.
Anne Lauvergeon, amministratrice delegata di Areva (compagnia per lo sviluppo del nucleare, basata in Francia), ha sottolineato come a suo avviso – data l’esplosione demografica e il conseguente aumento di richiesta al quale stiamo andando incontro – sia necessario contemplare nella rosa di fonti dalle quali ci si dovrà approvvigionare soprattutto l’energia nucleare. Essa viene considerata un’ottima alleata per le fonti rinnovabili (in particolare vento e sole) che sono viste per loro natura incostanti, dipendenti dagli agenti atmosferici.
In realtà – questo lo aggiungiamo noi – l’adozione di sistemi cosiddetti 'intelligenti' di gestione delle risorse sulla rete ovvierebbero al problema dell’intermittenza, senza rendere necessario l’affiancamento da parte di una fonte ritenuta stabile.
Nell’ambito del Congresso Mondiale per l’Energia gli stessi rappresentanti delle imprese che si affidano a fonti rinnovabili sono stati piuttosto moderati nei loro interventi, un po’ sottotono. Più incisivi e ottimisti soltanto Hélène Pelosse, direttrice generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Rinnovabile, e Lester R. Brown, presidente dell’Earth Policy Institute (Usa).
Pelosse ha fatto notare che "gli investimenti nelle energie rinnovabili si sono quadruplicati in questi ultimi anni, anche se tali energie non rappresentano più del 18% dell’insieme della produzione mondiale" e ha esortato le nazioni ad "investire denaro e intelligenze nelle tecnologie legate alla produzione e all’accumulo di energia pulita, in modo da poter affrontare la sfida dell’integrazione nelle reti di distribuzione".
Brown ha a sua volta dichiarato che "il potenziale delle energie rinnovabili è enorme". Per esempio, "il Texas, che è stato il leader della produzione di petrolio nello scorso secolo, è ora il più grande produttore di energia da vento; la Cina ha un potenziale eolico sufficiente per aumentare il proprio attuale consumo di energia di 18 volte, mentre l’Algeria ha abbastanza energia solare per alimentare l’economia mondiale". Brown ha inoltre aggiunto che è necessario che "il mercato dica la verità": bruciare carbone costa molto in termini climatici, si dovrebbero quindi aumentare le tasse sulle emissioni.
Intanto dal 29 novembre al 10 dicembre prossimi, a Cancun (Messico), si terrà la Conferenza dell’Onu sul clima (ad un anno dal tanto discusso vertice di Copenhagen). Quale sarà la strategia elaborata per andare incontro all’esigenza di diminuire le emissioni di anidride carbonica? Si può auspicare un’effettiva azione contro i cambiamenti climatici in corso se il processo di passaggio ad un futuro a energie rinnovabili si presenta così lento (e parziale)?
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