Riflessioni e citazioni scaturite dalla lettura del libro di Juan Carlos De Martin, Contro lo smartphone. Per una tecnologia più democratica, add editore, Torino 2023, pp. 200, € 18,00
Greenpeace-misura
Tra il 2010 e il 2017 i primi 7,1 miliardi di smartphone sono stati prodotti consumando l’energia necessaria all’intera India per un anno. Il 3,5% del consumo mondiale annuo di energia. Un singolo smartphone (dati di Greenpeace) richiederebe perciò 136 kwh, senza contare tutto il resto: esistenza e funzionamento di infrastrutture, reti di reti, computers in server farms ecc., difficilmente stimabili perché utilizzati anche per l’«Internet delle cose».
Una stanza tutta (e solo) per sé
Scriveva Blaise Pascal che «Tutta l’infelicità dell’uomo deriva dalla sua incapacità di starsene nella sua stanza da solo». Difatti abbiamo fatto in modo di non essere soli nemmeno quando lo siamo fisicamente, davvero. Abbiamo – avete – sempre «qualcuno» con noi: lo smartphone che ci trasmette una sensazione (falsa) di compagnia, una sensazione (falsa) di controllo, una sensazione (falsa) di importanza («Qualcuno mi cerca»), una sensazione (falsa) di sicurezza. Invece:
«Usare uno smartphone […] implica un elevato grado di incertezza in merito a ciò che il dispositivo sta facendo. Tralasciando scenari […] legati ad attività illecite, e anche discorsi […] di diritti fondamentali e di democrazia, lo smartphone è caratterizzato da un’incertezza inaccettabile anche solo da chi teme, per esempio, gli effetti dello spionaggio industriale. […] l’unica vera difesa è lasciare lo smartphone fuori dalla stanza», p. 142.
Al tempo del Covid(iciannove)
«Il caso delle app di tracciamento-contatti ha reso evidente di quale potere disponga chi gestisce un sistema operativo. Nel caso degli smartphone, è un potere pressoché assoluto. Se un giorno, per fare un esempio – fantasioso ma non troppo – un politico, da qualche parte del mondo, per un motivo di pubblica utilità dovesse inviare un messaggio video a schermi unificati a tutti gli utenti di smartphone di un determinato territorio, dovrebbe innanzitutto chiedere il permesso ad Apple e Google», p. 147.
Ricordate – spero – V per vendetta?In quel film, per fortuna è il ribelle che si appropria del sistema governativo di schiavizzazione per trasmettere il messaggio di liberazione, senza chiedere il peremsso a nessuno perché c’era «solo» la tv.
E quell’altra pellicola – profetica, come profetico è spesso il cinema – Kingsman. The Secret Service? Gli abitanti di tutto il pianeta avevano una specie di antenna ricevente – cosa che sono gli smartphone: antenne riceventi/trasmittenti collegate alle persone che hanno uno smartphone in tasca, o in borsa, o sul tavolo, o sul comodino, o insomma vicino al corpo – cui un «signore del Male» (lo straordinario Samuel L. Jackson) inviava impulsi alla violenza che scatenavano risse e omicidi in contemporanea su tutta la Terra…
Vorrei non aver visto nessuno dei due film, per non dover dire – adesso – che non sono di fantascienza come mi erano sembrati…
… e ma come sei esagerata!
La frase qui sopra mi è stata rivolta – mi viene rivolta tuttora – in decine di casi: quando dicevo di non voler essere trovata in qualunque momento, quando dichiaravo di sentirmi bene al pensiero che nessuno sapesse dove fossi (magari in vacanza), quando profetizzavo che a furia di non ricordare i numeri di telefono avremmo perso la memoria o che a furia di usare il navigatore avremmo perduto la capacità di orientarci nello spazio, quando dicevo di accorgermi che il cellulare cambiava la mente delle persone e che io potevo accorgermene perché non lo usavo e non lo uso…
Ora nessuno potrà più accusarmi di esagerazione:
«Dopo circa un decennio di vasta diffusione dello smartphone, comincia a essere chiaro a tutti che gli innegabili vantaggi del dispositivo hanno un prezzo anche in termini di impatto sulla mente delle persone. I problemi principali sono due: dipendenza e ridotta capacità di concentrazione», p. 123 e titoli in Nota 16 di p. 194.
Ludopatia verso fonopatia
«Riguardo alla dipendenza, un’analogia convincente è quella con le slot machine […] le persone restano incollate a una macchina, nel caso delle slot machine sperando in una vincita monetaria, nel caso dello smartphone sperando che il prossimo video o […] schermata su Facebook o […] altre app produca una piccola dose di piacere.
Questo per la dipendenza. E c’è bisogno di scrivere qualcosa sulla concentrazione? c’è bisogno di scrivere che «avere a disposizione un oggetto così potenzialmente attraente è fonte naturale di distrazione», p. 124? Forse c’è bisogno di segnalare che basta un solo smartphone per modificare il comportamento di tutte le persone in una stanza… o che il ministro statunitense della Sanità ha invocato interventi urgenti per limitare i danni derivanti dall’uso degli smartphone, in particolare delle reti sociali, e soprattutto su bambini e ragazzi. Quali danni? Propensione al suicidio, depressione, infelicità, disistima, ridotta socialità, fino a cyberbullismo e distrazione (questi ultimi due problemi hanno portato l’UNESCO a chiedere di bandire gli smartphone da tutte le scuole del pianeta. Ancora esagerato? Il Rapporto dell’UNESCO è alla Nota 19 di p. 194.
D’accordo con l’UNESCO?
Ci sono già gruppi di genitori e istituzioni che tramite ricerche, articoli, rassegne, video sull’argomento «uso degli smartphone in preadolescenza» sottoscrivono dei «patti» locali.
Ci sono articoli come questo: Chiara Ponti, Messaggi istantanei e vocali nelle chat, servirebbe un galateo, «La voce e il tempo», 5 novembre 2023, p. 27. E altri: Roberta Camisasca, FOMO. La paura di essere esclusi, «OK», luglio 2023, pp. 42-45; Alessandro Antonietti, Riprendiamoci il nostro tempo, «BenEssere», dicembre 2017, pp. 100-101; Paolo Ermani, Milioni di persone non comprano più lo scemofono, (e «scemofono» non è un insulto, è solo per opporsi a «intelligentofono», traduzione di smart-phone).
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