«Racconto storie di vita simbolo di speranza e riscatto. Con al centro la bicicletta che diventa una sorta di simbolo». Stefano Gabbiani ha realizzato un lavoro completamente autofinanziato e sta terminando di raccogliere gli ultimi fondi che mancano.
«L’idea di questo documentario è nata circa due anni fa, riflettendo sui tempi difficili che stiamo attraversando e su cosa stesse diventando la mia città, Torino, a seguito dell’abbandono della Fiat» spiega Stefano. «Volevo raccontare in una chiave insolita una città post industriale apparentemente in crisi. Poi, una sera, rivedendo casualmente il film “Ladri di biciclette” di De Sica ebbi l’intuizione di mettere al centro della mia storia la bici. Pensai che fare un film sulle bici nella città dell’auto fosse un magnifico paradosso. Un racconto su storie di vita, come quelle dei protagonisti del film di De Sica, direttamente collegate alla bicicletta, a Torino, in un periodo di grande crisi».
«Ho cercato di capire quali storie e quali realtà riguardanti la bicicletta ci fossero in giro e immediatamente ho pensato alle tante ciclofficine che da qualche anno a questa parte hanno aperto o riaperto in città, a dispetto della crisi. Mi sono sembrate subito un simbolo piuttosto evidente e originale di speranza e riscatto. Sono poi andato alla ricerca di persone che potessero incarnare tutto questo e devo dire di essere stato fortunato perché credo di averle trovate. Due piccole ciclofficine, a non troppa distanza l’una dall’altra, in cui lavorano persone che più diverse non potrebbero essere, eppure unite da questo lavoro bellissimo in cui le mani sporche profumano di dignità, come recita il cartello appeso in una di queste officine. A questo spaccato ho unito altri due aspetti, molto diversi. Da una parte la storia di un “raccoglitore”, coloro che girano in lungo e in largo per la città, in bici, alla ricerca di qualche oggetto tra i bidoni da poter recuperare e rivendere. Ho avuto la fortuna di trovare e avvicinare questa persona abbastanza facilmente dato che era un cliente abituale di una delle ciclofficine. Infine, il tema più ampio della mobilità sostenibile, affrontato con Fabio Zanchetta, organizzatore di Bike Pride, manifestazione che annualmente raduna a Torino migliaia di biciclette che chiedono una città diversa, meno a misura d’auto e più a misura d’essere umano».
«L’obiettivo? Prima di tutto fare un buon film, che possa interessare sia chi va in bici sia chi non ci va. Non ho infatti nessuna intenzione di fare un lavoro settoriale, ma bensì di raccontare delle storie di vita che possano in un modo o nell’altro coinvolgere più persone possibili. Spero anche di poter suggerire che l’idea di una città diversa è possibile, anche in Italia e non solo sempre e soltanto nel Nord Europa. Non dimentichiamoci poi che Torino è una delle città più inquinate d’Europa e una maggiore sensibilizzazione dei suoi abitanti sul versante ambientale non sarebbe male e non sarebbe affatto male che a contribuirvi possa essere “Contromano”».
Sinossi
In una Torino travolta da importanti trasformazioni, un tempo città industriale di fama internazionale (la cosiddetta “città dell’automobile”), e oggi alla ricerca di una nuova, e ancora incerta, identità, si intrecciano diverse storie, sfiorandosi, il cui fil rouge è rappresentato dal più semplice mezzo di locomozione esistente: la bicicletta. Partendo da un’analisi sulle politiche di mobilità sostenibile attuate (o non attuate adeguatamente) dalla città, si arriva al fulcro di questa narrazione: le storie di due piccole ciclofficine aperte di recente, e delle persone che qui dentro lavorano. Persone che tramite la bici stanno vivendo la concreta possibilità di reinventarsi, come in parte accade alla loro città, e che, pur provenendo da storie e mondi molto diversi tra loro, sono testimoni di un riscatto personale e professionale ancora oggi possibile. A loro si affianca, quasi nascosta, la presenza di una nuova categoria di emarginati ed invisibili delle nostre città: i “raccoglitori”, coloro che spostandosi ogni giorno sulla propria bici si muovono tra i bidoni alla ricerca di qualche “pezzo pregiato” da riciclare e rivendere.
Un viaggio in bici e sulle bici, nell’arco ideale di una giornata, dall’alba alla notte, tracciando gli orizzonti di Torino, emblema di città post-industriale: speranze e grandi opportunità per reinventarsi, accompagnate alle difficoltà di chi arranca con fatica.
E una domanda da lasciare a tutti noi: in un periodo di profonda crisi come quello che attraversiamo, la riscoperta di un mezzo semplice, cheap ed ecologico come la bici che ruolo può avere, che novità può portare?
Chi è Stefano Gabbiani
“Contromano” è il suo primo lungometraggio. Stefano Gabbiani è nato e cresciuto a Torino. Dopo aver conseguito la maturità classica ha vissuto e lavorato in Irlanda per un anno. In seguito ha studiato lingue e letterature straniere, per poi conseguire la laurea specialistica in relazioni internazionali presso l’Università di Torino. Da sempre appassionato di cinema, da diversi anni realizza lavori indipendenti nel campo delle arti visive, lavori che spaziano da cortometraggi di finzione, a reportage in ambito sociale, fino ai documentari. Negli ultimi due anni ha approfondito lo studio e la pratica del documentario, partecipando a numerosi laboratori sul tema e progettando nel frattempo il suo “Contromano”.
Le officine protagoniste
La ciclofficina Bike Zone di Via Tarino 11 si trova nel quartiere Vanchiglia, a due passi dal centro e accanto alle sedi universitarie della città. Qui insieme ad Alberto, il titolare dell’officina, lavora Gloria, sua moglie. La ciclofficina è aperta da tre anni.
L’Officina Bici di via Oropa 61 si trova nel quartiere Vanchiglietta, a poca distanza da Vanchiglia e non lontano dalla collina di Superga. Qui insieme ad Alberto, il titolare dell’officina, lavorano Gianluca e Luca. La ciclofficina è aperta da quasi due anni.
PER CONTRIBUIRE: https://www.produzionidalbasso.com/project/contromano/