Covid e cure: a che punto siamo in Italia?

Anticorpi monoclonali, plasma iperimmune, idrossiclorochina, cellule staminali: tutte cure che si sono affacciate sulla scena ma che in Italia hanno trovato ostacoli, diffidenza e resistenza. Vediamo a che punto siamo.

Covid e cure: a che punto siamo in Italia?

Da uno stabilimento di Latina, come spiega Il Fatto Quotidiano, escono furgoni carichi di anticorpi monoclonali ma destinati a pazienti americani, non agli italiani. Ai quali, per altro, erano stati offerti a titolo gratuito già due mesi fa. È il paradosso di una storia che ha pesanti risvolti sanitari, politici ed etici, spiega il quotidiano diretto da Travaglio. «Abbiamo ‘pallottole’ specifiche contro il virus. Possono salvare migliaia di pazienti, evitare ricoveri e contagi, ma decidiamo di non spararle. Non si spiega» ha dichiarato a Il Fatto Quotidiano Massimo Clementi, virologo del San Raffaele di Milano.

Racconta che i colleghi negli Stati Uniti da alcune settimane somministrano gli anticorpi neutralizzanti come terapia e profilassi per malati Covid. «Dopo 2-3 giorni guariscono senza effetti collaterali apparenti». Il tutto a 1000 euro circa per un trattamento completo, contro gli 850 euro di un ricovero giornaliero.

Gli Stati Uniti ne hanno acquistato 950mila dosi, seguiti da Canada e Germania. Non l’Italia, dove si producono. Fin da ottobre – si scopre ora – era stata data all’Italia la possibilità di usare questi anticorpi attraverso un cosiddetto “trial clinico”, nel quale 10mila dosi del farmaco sarebbero state proposte a titolo a gratuito.

«Il farmaco – bamlanivimab o Cov555 – è stato sviluppato dalla multinazionale americana Eli Lilly. La sua efficacia nel ridurre carica virale, sintomi e rischio di ricovero è dimostrata da uno studio di Fase2 randomizzato (la fase 3 è in corso) condotto negli USA. I risultati sono stati illustrati sul prestigioso New England Journal of Medicine» si legge su Il Fatto Quotidiano.

In Europa si aspetta il via libera dell’Ema che non autorizza medicinali in fase di sviluppo. Una direttiva europea del 2001 consente, però, ai singoli Paesi EU di procedere all’acquisto e la Germania ha completato la procedura per autorizzarlo. A breve toccherà all’Ungheria.

Una ipotesi avanzata da Il Fatto Quotidiano sostiene che «l’offerta è stata lasciata cadere per una scelta già fatta a monte. Sui monoclonali da marzo il Governo ha investito 380 milioni per un progetto tutto italiano che fa capo alla fondazione Toscana Life Sciences (TLS), ente non profit di Siena, in collaborazione con lo Spallanzani e diretto dal luminare Rino Rappuoli. La sperimentazione clinica deve ancora partire e la produzione, salvo intoppi, inizierà solo a primavera 2021. A quanto risulta al Fatto, l’operazione con Eli Lilly, che già due mesi fa avrebbe permesso di salvare migliaia di persone, non sarebbe andata in porto per l’atteggiamento critico verso questi anticorpi del direttore dello Spallanzani che lavorerà al progetto senese».

L’AIFA e Arcuri – sentite dal Fatto – ribadiscono: finché non c’è l’autorizzazione EMA non si va avanti.

Per il professor Clementi, siamo al paradosso. “È importante trovare il miglior farmaco possibile, ma non possiamo scartare a priori una possibilità terapeutica che altrove salva le persone. Una fiala costa poco più di un giorno di ricovero e ogni risorsa che risparmi la puoi usare per altro. Tenere nel fodero un’arma che si dimostra decisiva è incomprensibile. Da qui, la mia sollecitazione all’AIFA”.

L'idrossiclorochina

Intanto, la III Sezione del Consiglio di Stato ha accolto, in sede cautelare, il ricorso di un gruppo di medici di base e ha sospeso la nota del 22 luglio scorso di AIFA che vietava la prescrizione off label (ossia per un uso non previsto dal bugiardino) dell'idrossiclorochina contro il Covid.

QUI il link al testo della decisione.

«L’ordinanza del Consiglio di Stato sull’idrossiclorochina riporta al centro la questione della scientificità su cui si devono basare le decisioni politiche. Prende dunque le distanze dalla “narrazione medica” portata avanti finora dai mass media e riafferma, rispetto alla narrazione giornalistica attuata da marzo ad oggi, il valore della realtà medico-scientifica - scrive sul proprio sito il Movimento Ippocrate che ha sostenuto il ricorso - Il Consiglio di Stato sospende l’efficacia della nota del 22 luglio 2020 che sostanzialmente impediva ai medici di prescrivere idrossiclorochina (AIFA aveva di fatto trasceso le sue facoltà intimando illegittimamente ai medici la non prescrittibilità). Si ricorda che un farmaco in commercio è sempre prescrivibile da un medico sotto propria responsabilità anche per patololgie diverse da quelle per cui tale farmaco viene indicato (utilizzo off-label)».

«La sospensione dell’efficacia della nota del 22 luglio dell’AIFA stabilisce che non rientrava tra le competenze dell’Agenzia del Farmaco potersi esprimere in tal senso - si legge ancora sul sito  - Dunque riafferma la possibilità del medico di prescrivere l’idrossiclorochina per Covid sotto propria responsabilità. Si segnala che al punto 8 dell’ordinanza il Consiglio di Stato afferma che le decisioni AIFA relative al punto in contenzioso non poggiano su studi solidi e plausibilmente scientifici. L’aspetto, secondo il Movimento IppocrateOrg, più significativo e rilevante, dal punto di vista politico, riguardante questa sentenza è il riconoscimento di dignità al comitato scientifico (al quale AIFA si è opposta strenuamente durante il dibattimento) a i medici e ricercatori che hanno depositato la memoria contro AIFA. Questo fatto è dal nostro punto di vista la vera vittoria in quanto apre la porta a iniziative ulteriori».

Cellule staminali

E potrebbero arrivare anche le cellule staminali: la sperimentazione condotta ha ottenuto “risultati sorprendenti, nessuno studio finora ha ottenuto risultati di efficacia vicini al 100% come il nostro” sostiene Camillo Ricordi – direttore del Diabetes Research Institute di Miami, il più importante centro medico per la cura del diabete degli States – che illustra il suo lavoro su Il Fatto Quotidiano.

“Per la valutazione integrale del lavoro mancavano alcuni dati (meccanicisti), che abbiamo inviato, e da alcuni giorni sono stati confermati e approvati per la pubblicazione (peer review) in una delle riviste più autorevoli al mondo: Stem Cell Translational Medicine. Questi ultimi dati avallano le nostre teorie su come queste cellule staminali possano fermare la progressione della reazione infiammatoria immune aberrante”. Con li suo team, il professor Ricordi, ha trattato una coorte di 24 pazienti Covid 19 in stato severo, in terapia intensiva.

Sempre dal quotidiano di Travaglio si leggono le dichiarazioni di Ricordi secondo cui «la sperimentazione ha dimostrato che i pazienti che hanno ricevuto le cellule staminali sono sopravvissuti tutti: abbiamo registrato un successo sul 100% dei pazienti sotto gli 85 anni. Il trattamento è molto semplice, consiste in due infusioni in vena a distanza di 72 ore una dall’altra. Sono infusioni in vena che portano queste cellule direttamente ai polmoni dove possono esercitare la loro azione antinfiammatoria e immuno-regolatrice contro la tempesta infiammatoria delle citochine».

«Il miglioramento si vede dopo 6 giorni dalla prima infusione. La differenza con il gruppo di controllo è notevole, più del 50% dei pazienti sono deceduti. Nel gruppo trattato con staminali la guarigione è avvenuta entro due settimane, mentre nel gruppo di “controllo” (placebo) la maggioranza dei pazienti sopravvissuti non erano ancora guariti a un mese dall’inizio del trial».

E ancora: «I nostri erano pazienti con Covid 19 severi, in fase avanzata. Il momento ideale per la somministrazione è quello che precede l’acuirsi della malattia, prima che i pazienti si aggravino in terapia intensiva. La nostra era una terapia sperimentale quindi c’è stato chiesto di testarla su pazienti critici, dove era stato provato di tutto ed erano fallite le altre terapie».

«Questo è un trattamento fattibile in tutte le strutture ospedaliere. (...) Il trattamento non è assolutamente costoso, abbiamo distribuito il protocollo anche in altri centri di tutto il mondo. Il protocollo è disponibile Open Access per tutti quelli che lo vogliono riprodurre, e offriamo assistenza per insegnare e spiegare come effettuare queste infusioni. È molto semplice e poco costoso perché da un cordone ombelicale di un bambino nato sano si possono moltiplicare le cellule grazie a sistemi di coltura che permettono di generare dosi sufficienti a trattare più di diecimila pazienti, da un singolo cordone ombelicale».

Spiega ancora Ricordi: «In Italia, Massimo Dominici docente dell’Università di Modena e Reggio Emilia ha sottoposto il protocollo ad Aifa il 28 maggio, è stato approvato il 20 ottobre, ma manca ultima passaggio conclusivo al Comitato Etico dello Spallanzani dopo il quale potranno partire già i protocolli su 400 persone. In questi casi dovrebbero attivarsi con una procedura d’urgenza “emergency approval”».

Il plasma iperimmune

E veniamo al plasma iperimmune, prelevato cioè da persone guarite dal Covid, è stata indicata fin dall'inizio dell'epidemia come una delle terapie possibili contro il virus; in attesa che arrivino prove certe dell'efficacia nei centri trasfusionali italiani si sta procedendo a raccoglierlo, come illustrato anche dall'Agenzia di stampa Ansa.

Secondo il monitoraggio periodico del Centro Nazionale Sangue, nelle banche del sangue dei sistemi regionali italiani sono attualmente disponibili 4.470 subunità di plasma iperimmune. Il plasma, afferma un post sul sito del Cns aggiornato al 14 dicembre, è stato raccolto da 161 servizi trasfusionali distribuiti su tutto il territorio nazionale. Di queste sub-unità, che rappresentano la dose minima da infondere nel ricevente, 825 hanno un titolo di anticorpi neutralizzanti uguale o superiore a 1:160. "Complessivamente - si legge - in Italia sono state prodotte 10.414 sub-unità di plasma iperimmune donato da 8.218 donatori guariti dal Covid-19 e ne sono state trasfuse 5.731". L'uso del plasma iperimmune come terapia contro il Covid è oggetto di diversi studi in tutto il mondo, Italia compresa, dove sono sei le sperimentazioni registrate sull'argomento. Il principale test italiano, quello denominato Tsunami, ha concluso la fase di arruolamento dei pazienti previsti, 474, e ora si attendono i risultati.

 

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