di
Virginia Greco
14-12-2010
L’allarme causato dalla penuria di gasolio in Cina non è cessato ed è destinato a durare ancora almeno un paio di mesi. I prezzi salgono vertiginosamente, le stazioni di rifornimento chiudono e gli autoveicoli si accalcano presso i distributori ancora aperti. Per far fronte alla richiesta, il Governo ha predisposto un aumento delle importazioni di greggio.
È ancora emergenza in Cina per quanto riguarda l’approvvigionamento di carburante diesel: la situazione va avanti ormai da due mesi e secondo le previsioni degli analisti si protrarrà per altrettanti. A determinare la situazione sembrerebbe essere stata la corsa da parte di molte aziende all’acquisto di generatori di energia elettrica alimentati a gasolio.
Cosa ha determinato questa scelta da parte delle imprese? La riduzione di fornitura elettrica nazionale. I Governi di molti distretti cinesi, infatti, hanno predisposto una minor distribuzione di energia elettrica al fine di ridurne il consumo e limitare le emissioni di anidride carbonica, secondo quanto stabilito da accordi internazionali.
Si è creato così l’assurdo della coperta tirata da un lato che lascia scoperto l’estremo opposto. Che giovamento portano queste misure se poi non fanno altro che spostare il problema altrove? La questione grave qui è un’altra: è evidente che la Cina, in continua crescita industriale ed economica, consuma moltissime risorse e allo stato attuale non è assolutamente in grado di venire incontro a richieste di riduzione di consumi ed emissioni.
Vedendosi chiudere dal governo il rubinetto, le aziende private hanno così ben pensato di provvedere a modo loro, acquistando per l’appunto generatori a diesel, con conseguente spropositata e inattesa richiesta di gasolio.
Nel giro di due mesi, a causa dell’enorme richiesta, in Cina il prezzo all’ingrosso del carburante raffinato è cresciuto del 12% rispetto al costo del greggio (a Dubai): in alcune regioni, soprattutto nelle prime aree entrate in crisi, situate nell’est e nel nord, il prezzo è giunto a 8000 se non 10000 yuan per tonnellata (rispettivamente 900 e 1130 euro).
Le politiche economiche locali prevedono però che il prezzo all’utente finale non sia direttamente determinato da quello con cui la raffineria mette sul mercato il carburante, bensì esso è determinato da altri meccanismi di regolazione. Se questo, da un lato, protegge il cittadino da una crescita insostenibile delle spese, d’altro canto fa sì che esse ricadano interamente sulle spalle dei possessori di distributori, che si trovano in questi giorni nell’assurdo di vendere il gasolio a molto meno di quanto lo paghino.
La situazione è dunque duplicemente critica. Da un lato la produzione di carburante non è sufficiente per venire incontro alla richiesta, tant’è che 2000 distributori in tutto il Paese (i più piccoli, ovviamente) hanno chiuso perché non più riforniti. Dall’altro, a causa della sproporzione di costo tra l’acquisto e la vendita, molti distributori vendono solo una parte del gasolio di cui si riforniscono, per non andare incontro a perdite eccessive.
“Alcune stazioni di distribuzione hanno perso già addirittura più di 600 yuan a tonnellata - ha dichiarato Zhonj Jian, analista capo alla oil gas.com.cn - pertanto molte hanno scelto di non vendere diesel o di venderne molto poco. Quasi tutti i distributori privati hanno interrotto completamente la fornitura perché non possono sopportare le perdite.”
Intanto le auto e soprattutto gli automezzi si incolonnano ai pochi distributori in funzione e attendono anche ore per poter rifornirsi. Le conseguenze sono prevedibili: disagi nella circolazione, imbottigliamenti e ritardi nella consegna di merci che viaggiano su gomma.
Per far fronte nell’immediato alla penuria, il Governo centrale ha invitato le raffinerie cinesi ad irrobustire la loro produzione, ossia a lavorare a regime più alto per immettere sul mercato più carburante. Pertanto le due più grandi compagnie di raffinazione nazionali, la China Petroleum e la Chemical Corp, hanno previsto un’importazione maggiorata di materia prima, ossia di greggio: almeno 200mila tonnellate nel mese di dicembre, dopo le 80mila già richieste in novembre.
Si prevede che la situazione di emergenza non rientrerà prima del prossimo febbraio, momento in cui il Governo tornerà ad aumentare la fornitura di energia elettrica (che in Cina, si ricordi, è prodotta per lo più da combustione di carbone). Nel frattempo, secondo i dati forniti dall’International Energy Agency (IEA), il consumo giornaliero tra lo scorso ottobre e il prossimo febbraio sarà stato di 70mila barili in più rispetto alle previsioni. Le aziende, infatti, al momento hanno bisogno di oltre 1000 tonnellate al mese di gasolio per compensare i tagli alla fornitura elettrica statale.
Al fine di contenere in qualche modo i consumi, alcune province hanno messo in vigore delle normative interne per aziende, alberghi ed esercizi pubblici: ad esempio, il condizionamento dell’aria è molto più vincolato a orari e circostanze specifiche e gli ascensori non sono utilizzabili (salvo casi strettamente necessari) fino al quarto piano.
Come si regoleranno con le illuminazioni natalizie, visto che ormai il Natale è stato esportato anche a Pechino?