di
Francesco Bevilacqua
04-10-2011
Nicholas Economides, professore di economia e consulente del governo, dice la sua sulla situazione della Grecia. Ciò che emerge è una condizione economica più grave del previsto e un piano di salvataggio che non può funzionare.
Nicholas Economides è un noto economista e studioso di fama internazionale, la cui competenza si concentra in particolare su temi economico-finanziari legati a telecomunicazioni, politica antitrust, organizzazione industriale, mercati finanziari.
Recentemente interpellato dal Fatto Quotidiano per fornire la sua interpretazione della crisi greca, Economides non ha usato mezze misure per descrivere da un lato una situazione di una gravità capitale, che non prevede un’uscita indolore, dall’altra un intervento, quello del tandem FMI-BCE, che anche i non esperti di politica economica non possono non considerare inutile e strumentale.
Le dichiarazioni dell’esperto, professore di Economia presso la Stern School of Business della New York University, hanno un particolare valore proprio in virtù del percorso professionale di Economides, che è stato ed è tutt’ora advisor della US Federal Trade Commission, funzionario dello stato di New York, del centro di analisi Economist Intelligence Unit e soprattutto consulente dei governi di Nuova Zelanda, Irlanda, Portogallo e Grecia.
Secondo l’economista, non solo la posizione di quest’ultimo paese è più grave di quanto si voglia far credere, ma la manovra di salvataggio è chiaramente insufficiente a risolvere i problemi finanziari ellenici. L’unica soluzione rimane quindi quella di una dichiarazione di fallimento e della conseguente impossibilità di ripagare il debito.
La situazione è aggravata dal fatto che questo default programmato avrebbe un’incidenza molto minore di quanto previsto sulla carta, poiché, come spiega lo stesso Economides, “le obbligazioni greche sono al momento sottovalutate, ovvero scambiate sul mercato a interessi eccessivamente alti. Di conseguenza un taglio del 21% su un premio attualmente sopravvalutato equivarrebbe, secondo i calcoli di Barclays, a una riduzione pari a non più del 10% premio reale”. Il taglio degli interessi dovrebbe quindi essere pari ad almeno il 50% per mettere il paese balcanico in condizione di ripagare quantomeno una parte del debito.
Il piano di austerity proposto – imposto? – dalla BCE, basato su un imponente programma di privatizzazioni e su un giro di vite alla spesa pubblica, comprensivo delle molte migliaia di esuberi statali che hanno fatto infuriare i greci, sembra comunque insufficiente a raggiungere l’obbiettivo dei cinquanta miliardi di ricavi che farebbe respirare l’economia della Grecia. Secondo Economides infatti, questo piano non può fisiologicamente generare più di dieci o quindici miliardi di utili.
L’accademico aggiunge un suggerimento proprio sulle privatizzazioni che, se dal punto di vista macroeconomico è corretto, da quello politico-sociale sembra difficile da accettare, prevedendo la vendita di importanti aziende statali come la banca centrale o la compagnia di trasporti, esponendo la fornitura di importanti servizi per la comunità agli attacchi degli speculatori.
Al di là dei tecnicismi economici, c’è un passaggio dell’intervista a Economides che chiarisce in maniera inequivocabile la situazione, confermando ciò che ormai non è più un sospetto quanto piuttosto una certezza. “Se la Grecia fa quello che io vado proponendo – spiega l’economista –, sarà ancora necessario ricevere piccoli finanziamenti per uno o due anni dal momento che non abbiamo ancora un surplus economico. Ma attenzione, sto parlando di fondi di scarsa entità, niente a che vedere con i maxi finanziamenti dei due pacchetti UE/FMI che sono stati e dovrebbero essere usati per pagare gli interessi alle banche sui vecchi prestiti. Ricordiamoci che i piani UE servono soprattutto a salvare gli istituti europei, non la Grecia”.
Ecco quindi il nodo: tutte le azioni che sono state attuate e che sono tutt’ora allo studio non servono tanto ad aiutare la Grecia in quanto membro di una comunità – l’Europa questo dovrebbe essere – che si trova in difficoltà, quanto piuttosto a mettere un debitore nelle condizioni di rifondere i propri creditori, almeno in una misura tale da non creare a questi ultimi problemi eccessivi.
Ecco quindi la soluzione che, a detta di un competente esperto del settore, sarebbe la sola operazione in grado di mitigare quantomeno la gravità della situazione: tagliare gli interessi delle obbligazioni detenute dai creditori a vantaggio dell’economia nazionale e a svantaggio delle banche detentrici del credito.
Realisticamente, Economides osserva che la classe politica greca ed europea tutta non ha la caratura per assumere posizioni forti, magari anche impopolari, ma capaci di attutire la caduta del paese. Forse, aggiungiamo noi, oltre alla capacità manca anche la volontà da parte di un mondo istituzionale che ha più volte dimostrato che preferisce schierarsi con le banche piuttosto che con la popolazione che governa.
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