La giornata del 4 agosto 2011 è stata segnata dal crollo massiccio degli indici dei mercati finanziari. Nel giro di poche ore sarebbe stato un incidente tecnico a bloccare le informazioni e sospendere il calcolo dei prezzi. All'improvviso "la luce è venuta meno, e non perché fosse già arrivata la notte, ma perché qualcosa ha impedito di vedere".
Ogni cosa ha il prezzo che il compratore è disposto a pagare per averla.
Publilio Siro
La giornata di mercoledì 4 agosto dei Mercati Finanziari si è chiusa all'ombra di un'eclissi improvvisa.
La luce è venuta meno, e non perché fosse già arrivata la notte, ma perché qualcosa improvvisamente ha impedito di vedere. Si dice sia stato il venir meno del flusso delle informazioni, ovvero un incidente tecnico, a causare la sospensione del calcolo dei prezzi dalle ore 16.28 alle 17.21. Londra perdeva il 3%, Francoforte il 3,5%. Parigi il 4% e gli scambi sono stati sospesi, anche sulle piazze finanziarie di Amsterdam, Bruxelles e Lisbona. Il black-out tecnico, ha colpito i listini di Milano, dove non è stato possibile calcolare l'indice Ftse Mibe e i prezzi di listino di almeno 11 titoli: SanPaolo, Unicredit, Mediobanca(+0,09%), Azimut(4,94%), Fondiaria – Sai Saipem, Impregilo, Fiat industrial, Fiat, Exor e Luxottica. E tuttavia, una volta terminato l'effetto eclissi, ci si è accorti che era già notte. Così come l'eclissi ha nascosto il tramonto, ovvero il punto d'incontro fra il giorno e la notte, essa non ha reso possibile la formazione dei prezzi, ovvero quei numeri che danno il punto d'incontro fra chi compra e chi vende.
A fine giornata Piazza Affari rassicura che: "i problemi di diffusione dell'indice Ftse Mib di oggi sono stati causati da ritardi nella distribuzione dei dati attraverso alcuni canali di informativa. I mercati hanno continuato a funzionare regolarmente". E tuttavia, ci si potrebbe chiedere che mercato sia uno in cui i prezzi non vengano a formarsi, e quindi cosa permetta di affermare che i mercati hanno continuato a funzionare regolarmente, e di distinguere quando funzionano e quando smettono di farlo.
La nascita del Prezzo e il Giusto Prezzo
Prezzo deriva dal latino pretium, l'etimologia della parola ci suggerisce che il prezzo si forma in quel luogo chiamato negozio nel momento in cui un acquisto viene ad essere compiuto. L'etimologia greca lega il prezzo all'atto di compravendita in generale. Il minimo che si può dire sul prezzo è che questo nasce in un luogo determinato, il negozio, per merito di un particolare tipo di relazione, la compravendita. Se seguiamo questi pochi indizi ci accorgiamo che una cosa è certa: il prezzo è ciò che permette ad acquirenti e venditori di incontrarsi. L'impossibilità avvenuta di calcolare i prezzi, starebbe così a indicare l'incapacità stessa di acquirenti e venditori di giungere a un incontro. E tuttavia, questa stessa impossibilità potrebbe stare a misurare qualcosa che solitamente sfugge. Allo stesso modo in cui i prezzi, quando si formano, misurano la capacità e la possibilità di un incontro, questi, nel loro venir meno, misurano il grado in cui la distanza è divenuta incolmabile fra compratori e venditori e fra debitori e creditori, ovvero fra chi ha e chi dà. Se il prezzo misura la possibilità di un incontro, il giusto prezzo è quello che permette a tale incontro di concludersi con un atto di compravendita, ogni altro prezzo è semplicemente ingiusto. Se è l'accadere di tale incontro la misura in base a cui possiamo dire se un prezzo è giusto o no, l'impossibilità di calcolare i prezzi segnala la perdita del senso stesso della misura.
La perdita della Misura
E tuttavia, perché la misura - data dalla possibilità di un incontro - viene meno?
Riassumendo, se un prezzo può esistere solo quando un incontro è possibile, esso nulla ha a che fare con le aspettative di crescita o con la speculazione finanziaria, perché esso nasce nel presente dei bisogni che legano vicendevolmente chi dà e chi ha. Il prezzo nasce nello, dallo e perché lo scambio possa concludersi, e non perché i mercati possano continuare a funzionare, per sé e da sé, nella dimenticanza del fine a cui lo scambio tende. L'impossibilità di calcolare i prezzi è segnale del venir meno della volontà di incontrarsi fra chi ha fondi e chi ha progetti. Tale impossibilità che non ha termine di paragone - poiché i prezzi non sono né troppo alti né troppo bassi ma, semplicemente, non ci sono più - segnala che la misura è del tutto venuta a mancare e quindi la possibilità stessa di un incontro è stata dimenticata, perché quando l'incontro diviene inconveniente non ci si vuole più incontrare.
Ci si potrebbe allora chiedere se ciò a cui tutto l'Occidente dovrebbe pensare sia la possibilità di un incontro vero, ossia orientato a un fine, e non basato sulla costante fuga dal non senso attraverso i calcoli finanziari della convenienza. Ma prima di pensare a come rendere possibile tale incontro, urgente è una riflessione su ciò che lo misura, e la misura è data dalla possibilità per parti in opposizione - debitori e creditori, acquirenti e venditori - di scoprire il motivo del loro essere tali. Nessun incontro può avvenire se prima non c'è questa comprensione.