di
Marco Cedolin
04-07-2012
“La consistente riduzione del potere di acquisto degli italiani intervenuta negli ultimi anni, unitamente al crollo delle prospettive occupazionali, all'aumento dei prezzi e della tassazione, sta riportando l'auto allo status di bene di lusso, dal quale era uscito negli anni '70”. Rinunceremo all'automobile?
Il crollo delle vendite riscontrato nel mese di giugno all'interno del mercato automobilistico italiano è di quelli "da mettere i brividi" anche al più inguaribile degli ottimisti. Le cifre parlano di una diminuzione delle immatricolazioni nell'ordine del 24,42% rispetto allo stesso mese del 2011, che arriverebbe a toccare il 27% se il mercato non fosse stato 'drogato' attaraverso un massiccio ricorso alle offerte a km zero.
Il crollo del mese di giugno va ad innescarsi sulla drammatica diminuzione del 19,73% riscontrata nei primi sei mesi dell'anno e riporta di fatto il volume delle vendite al 1979, quando la motorizzazione del paese era ancora in corso e doveva conoscere un altro ventennio di crescita e fulgore...
Alla luce di questi dati lo stato dovrebbe incassare nell'anno in corso circa 2,5 miliardi in meno rispetto a quelli previsti, a causa della contrazione delle vendite, determinando la necessità di aumentare percentualmente la tassazione, nonostante questa operazione provocherà per forza di cose un ulteriore e più marcato calo delle immatricolazioni. Somigliando sempre più ad un cane che gira su se stesso, nel vano tentativo di mordersi la coda.
Ostentare stupore di fronte al crollo delle vendite auto, sarebbe però un esercizio estremamente scorretto, perché esistevano tutti i presupposti necessari a determinarlo, così come esistono tutti i presupposti utili per vaticinare che il trend al ribasso si acuirà ulteriormente nel corso dei prossimi mesi e degli anni a venire.
Da un lato la motorizzazione del paese è ormai completata da almeno un decennio e le vendite di auto nuove riguardano in larga misura quasi esclusivamente il rinnovo del parco circolante.
Dall'altro la spesa necessaria per sostenere il possesso di un'auto ha ormai raggiunto livelli estremamente gravosi che in moltissimi casi diventano insostenibili qualora si tratti di acquistare e 'mantenere' un'auto nuova.
Le automobili ed i carburanti necessari per farle muovere, insieme alle sigarette, sono da sempre il target preferito ogni qualvolta lo stato abbia la necessità di reperire nuove risorse. Passando di aumento in aumento e di tassa in tassa, il costo globale di un'autovettura ha continuato a gravare in proporzione sempre maggiore sui bilanci familiari e da ormai qualche tempo è stata raggiunta la soglia critica.
La consistente riduzione del potere di acquisto degli italiani intervenuta negli ultimi anni, unitamente al crollo delle prospettive occupazionali, all'aumento dei prezzi e della tassazione, sta riportando l'auto allo status di bene di lusso, dal quale era uscito negli anni 70.
Ed essendo la nostra una società strutturata a misura di auto (prima ancora che di uomo), dove le quattroruote sono ormai diventate praticamente indispensabili per lavorare (non è forse l'auto il primo requisito richiesto in curriculum?), andare a fare la spesa, intrattenere rapporti sociali, l'unica possibilità per milioni di persone è quella di arrangiarsi con ciò che hanno o procedere all'acquisto di un'auto usata.
La spesa correlata alle auto - acquisto (spesso a rate), benzina, assicurazione, bollo, manutenzione, multe - molto spesso risulta la prima voce del bilancio familiare, perfino superiore alla rata del mutuo o alla spesa alimentare.
Ci troviamo perciò nella situazione paradossale in cui il costo di acquisto e di gestione di un bene diventa insostenibile, ma quello stesso bene è ormai radicato così in profondità nel nostro modus vivendi da rendere praticamente impossibile la prospettiva di rinunciarci.
La prima reazione a questo paradosso consisterà per forza di cose nell'evitare la prospettiva dell'acquisto di un'auto nuova, che oltre ad indebitarci con rate insostenibili comporterebbe maggiori costi di assicurazione.
La seconda reazione sarà quella di limare il più possibile i costi di gestione, magari facendo ore di coda dinanzi a un distributore che pratica qualche centesimo di sconto, non rinnovando la polizza assicurativa (oggi in Italia 3,5 milioni auto circolano senza assicurazione), non facendo la mautenzione e non pagando le multe.
La terza reazione non potrà essere che quella della rinuncia, ma in assenza di una rivisitazione radicale del modello sociale in cui viviamo, costruito in funzione dell'automobile, potrebbe trattarsi di una 'scelta' drammatica.
Articolo tratto da Il Corrosivo
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