di
Giuseppe Leoni
06-07-2011
Della grande manifestazione contro la costruzione del Tav avvenuta domenica scorsa in Val di Susa, i mass media hanno riportato quasi esclusivamente degli scontri con la polizia, sebbene questi abbiano riguardato soltanto una ristretta minoranza di persone presenti sul posto. Giuseppe Leoni ci racconta la sua giornata No Tav, insieme a quell'altra Italia che nella valle ha manifestato pacificamente.
Domenica io c’ero in Val di Susa. Con tre amici siamo andati in auto fino ad Avigliana e da lì abbiamo preso il treno per Chiomonte, distante una quarantina di km. All’arrivo in stazione il treno proveniente da Torino era già strapieno ma siamo riusciti ugualmente a salire. Cosa non riuscita alle numerose persone in attesa alle successive stazioni, che vedevamo correre su e giù per la banchina nel vano tentativo di trovare uno spiraglio oltre le porte. Pur essendo stipati come sardine c’era un’atmosfera gioiosa di gente che andava a fare una scampagnata. Ma anche con la consapevolezza che stava compiendo un dovere. Dovere di testimoniare il 'no' a quest’opera mostruosa, inutile e dannosa.
All’arrivo si è subito formato un corteo che ha risalito la vallata percorrendo per 5 km la strada statale (lato destro della Dora) fino a Exilles dove si è congiunto col corteo 'ufficiale' dei Sindaci della valle (23). Si è quindi passati sull’altro lato del fiume e si è scesi (ritornando verso Chiomonte) fino ad arrivare al fondovalle, davanti ai cancelli della centrale elettrica dove, all’interno del cortile, in lontananza, si vedeva uno schieramento di carabinieri. Prima di imboccare la ripida discesa, alcuni gruppetti si sono staccati dal corteo ed hanno imboccato un sentiero che saliva sul fianco della montagna.
Nella zona del ponte che riportava sul lato sinistro del fiume, a fianco della centrale elettrica, si era formato un grosso assembramento di partecipanti. Fermi a guardare sia verso l’interno dell’area della centrale, sia verso il fianco della montagna da dove salivano a volte pennacchi di fumo. “Sono i lacrimogeni. Segno che stanno attaccando dall’alto”, si diceva. Gli organizzatori coi megafoni ci invitavano a non fermarci e a proseguire sulla strada che salendo tornava a Chiomonte.
Molti si son fermati in basso, aumentando l’assembramento, ma la maggior parte ha proseguito. Sulla strada del ritorno molte persone erano assiepate sui bordi che davano sulla valle. Si sentivano i colpi dei lacrimogeni dei Carabinieri ed i botti dei petardi degli assalitori. Molte persone battevano ritmicamente bastoni sui guard-rail. Penso come segnale di solidarietà con gli assalitori.
Ritornati a Chiomonte, ci si è portati presso il campo sportivo dove diversi rappresentanti No TAV hanno tenuto brevi discorsi, illustrando le motivazioni della protesta per quest’opera inutile e dannosa dai costi spropositati: 20.000 miliardi di Euro come costo stimato (quello dell’Alta velocità Milano-Roma è triplicato rispetto alle previsioni), senza contare i costi della “militarizzazione”); cantiere dai tempi lunghissimi (13 anni); espropri di terreni e limitazioni di attività commerciali; incertezza sull’utilità finale (2032), anche alla luce di stime di stabilità, se non decremento delle merci trasportate.
Un consistente gruppo ha poi attuato il blocco della strada statale, mantenendolo per tutto il pomeriggio, salvo saltuarie aperture. Verso le 14.00 è arrivato Beppe Grillo che, dopo aver anche lui tenuto un breve comizio, ha invitalo i presenti ad “andare a vedere cosa succede” giù al ponte mentre gli organizzatori invitavano a rimanere.
Io son ritornato giù al ponte dove l’assembramento era aumentato ed ho visto, da lontano, le scene di guerriglia: da una parte gli assalitori (un gruppetto di una trentina di persone, alcune vestite di nero) si avvicinavano ai cancelli (probabilmente per sfondarli) e lanciavano pietre; dall’altra i Carabinieri correvano verso i cancelli, lanciando lacrimogeni. Da quel che sono riuscito a capire, mi è sembrato che i Carabinieri non avessero intenzione di caricare i manifestanti, ma solo di tenere la loro postazione e di non procurare grossi danni agli assalitori (i fatti peggiori sono avvenuti la mattina o in un altro posto) poiché i lacrimogeni venivano sparati non in linea retta ma 'a parabola' e poi non hanno manifestato l’intenzione di uscire dai cancelli per disperdere le numerosissime persone accalcate sia sul ponte sia tutt’attorno. Qualche lacrimogeno però è stato sparato verso il prato sul lato opposto del fiume dove erano presenti numerose persone: una davanti a me è svenuta ed è stata soccorsa da compagni; io ho 'assaporato' per la prima volta l’acre odore dei fumogeni.
Verso le 17.00 siamo tornati alla stazione per il ritorno dove le banchine erano già stracolme. Alla biglietteria c’era una lunga coda di persone per l’acquisto dei biglietti, ben sapendo che nessun controllore sarebbe salito sulla scatola di sardine (noi avevamo acquistato i biglietti di andata e ritorno).
Conclusioni: i No TAV (stimati in 50 - 60.000) sono persone con la testa sulle spalle, che affrontano anche lunghi viaggi (c’era gente da tutta Italia) a proprie spese per manifestare pacificamente il proprio dissenso. È questo il popolo che la politica deve ascoltare. Non han senso le affermazioni governative del tipo “non saranno 4 violenti che fermeranno le scelte del Governo”. Governo e Partiti tutti devono ascoltare perlomeno i 50-60.000 manifestanti. Sono (siamo) quell’altra Italia sana, l’Italia seria e onesta, l’altra Italia completamente ignorata dai media. Dei fatti di questa domenica han citato solo quanto han fatto le decine di cosiddetti black block (ma ci si è mai chiesto chi paga i viaggi di questi che arrivano dall’estero? Non vengono certo come turisti), 'dimenticandosi' delle altre migliaia di pacifici manifestanti. Siamo l’altra Italia, quella che si è manifestata nel voto ai referendum (28 milioni), un'Italia che c'è e si farà sentire sempre di più. Anche se i partiti han gli occhi chiusi o vogliono tenerli chiusi.
Giuseppe Leoni, Fino Mornasco