Lo scorso venerdì si è riunito il primo tavolo di confronto indetto dal ministero dello Sviluppo economico per discutere insieme a Confindustria, ABI, associazioni dei consumatori e operatori del settore, l’attuazione del decreto legislativo che disciplina l’accesso agli incentivi per le fonti di energia rinnovabili. Per Governo e ANIE/GIFI ci sono le condizioni per il raggiungimento di un’intesa, ma sui progetti già avviati e lo sviluppo del settore nel lungo termine ancora nessuna certezza.
A seguito della riunione del 18 marzo scorso, il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, ha assicurato la volontà del Governo di “procedere molto velocemente a dare certezze definitive al settore del fotovoltaico” e ha sottolineato l’intenzione di allineare il valore degli incentivi alla media europea e al costo effettivo delle tecnologie per il fotovoltaico.
Nessun chiarimento invece rispetto ai nodi critici del decreto, che saranno affrontati nel corso di una serie di tavoli tecnici, a partire da questa settimana, ed in particolare sul nuovo regime incentivante da applicare agli impianti fotovoltaici a decorrere dal 1 giugno 2011.
Il testo non si limita, infatti, a restringere l’applicazione del terzo Conto Energia (il regime di aiuto attualmente in vigore) agli impianti di energia da fotovoltaico allacciati alla rete entro il 31 maggio, escludendo quindi tutti i progetti di investimento già effettuati, ma che non potranno essere completati nei tempi, ma affida ad un decreto interministeriale di prossima approvazione la definizione di nuovi parametri di incentivazione e l’individuazione di una soglia annuale di potenza installata agevolabile.
Come a dire, se il presente è incerto, il futuro è ancora più rischio.
Per questo motivo GIFI-ANIE, il gruppo che raccoglie le imprese fotovoltaiche italiane all'interno della Federazione ANIE di Confindustria, ha richiesto non solo la garanzia dei diritti acquisiti, ma di eliminare la soglia di potenza incentivabile e di costruire un sistema di aiuti che possa motivare nuovi investimenti e non piuttosto frenare lo sviluppo del settore.
Il presidente dell’associazione, Valerio Natalizia, al termine del tavolo con il ministero, si è dichiarato fiducioso rispetto a “una soluzione condivisa (che) porterà poi a un sistema incentivante che leghi il valore delle tariffe al volume delle installazioni, garantendo allo stesso tempo il contenimento dei costi e lo sviluppo del settore”.
Meno conciliante il presidente di Rete Imprese Italia, Ivan Malavasi, che, oltre a chiedere la cancellazione dei limiti annuali di potenza, ha proposto l’approvazione di una “clausola di transizione” che mantenga in vigore le regole attuali fino al 31 maggio 2012 e la definizione di “una strategia complessiva di promozione delle fonti rinnovabili nel nostro Paese”.
La necessità di un quadro di riferimento stabile è sentita non solo dalle imprese, che devono poter programmare i propri investimenti e prevederne i risultati, senza improvvise interruzioni dei fondi pubblici a loro sostegno, ma anche del mondo bancario che è disposto a finanziare i progetti a più alto rischio solo finché può contare su dispositivi pubblici che agevolino il successo dell’investimento e il rientro dei capitali anticipati.
Non a caso, nei giorni scorsi, l’Associazione delle banche estere (Aibe) ha scritto una lettera al sottosegretario Gianni Letta, per denunciare il comportamento inaffidabile dell'Italia e dichiarare la propria indisponibilità a concedere credito agli imprenditori italiani in mancanza di garanzie concrete.
Naturalmente al dibattito partecipano anche le Regioni, soprattutto quelle che in questi anni hanno visto un maggiore sviluppo delle energie pulite, anche in risposta alle richieste europee di incrementare la quota prodotta da fonti rinnovabili entro il 2020.
La giunta del Veneto ha approvato una mozione per chiedere al Governo di modificare il decreto entro i prossimi giorni, per le gravi ricadute occupazionali previste, mentre il governatore della Toscana, Enrico Rossi, ha proposto di prorogare gli incentivi al 31 dicembre 2011 e ha rivendicato “la riattribuzione della potestà sulle concessioni per la geotermia”, sottratte dal decreto alla competenza delle regioni, annunciandosi disposto a ricorrere alla Corte costituzionale.
Un’ulteriore questione riguarda il rapporto tra il freno imposto alle rinnovabili e l’obiettivo di promuovere il piano per l’energia nucleare: la necessità per l’Italia di sganciarsi dalla dipendenza dalle importazioni di energia è ormai senso comune e, venendo meno il supporto statale a nuovi investimenti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, il nucleare apparirebbe come la migliore soluzione.
La volontà dei cittadini può però cambiare la direzione di un percorso apparentemente già tracciato e il Governo lo sa bene; non a caso oggi il Consiglio dei ministri stabilirà una moratoria sulle centrali della durata di un anno, giustificata con la necessità di individuare i siti in cui localizzarle, ma che appare piuttosto un tentativo di mettersi in salvo nelle prossime elezioni amministrative e in un referendum che potrebbe rappresentare la fine di ogni velleità di ritorno all’atomo.
Commenti