di
Marco Cedolin
07-04-2011
L'Italia ha distribuito uranio impoverito nella ex Jugoslavia, in Afghanistan, in Iraq, senza mai lesinare nelle dosi e senza alcuna parsimonia. Ed oggi lo sta dispensando in Libia, con la stessa 'generosità', "affinché non si possa dire che facciamo dei distinguo di etnia o di razza". Nelle operazioni militari del nostro paese, insomma, ricorda Marco Cedolin, l'uranio impoverito non manca mai, "quasi si trattasse del toccasana democratico per antonomasia".
Nel novero degli 'aiuti umanitari' dispensati a pioggia in quei paesi dove una parte del popolo vuole conquistare la 'democrazia e la libertà' certificate dall'occidente, ma occorre un aiutino e magari qualche bastonata per convincere l'altra parte di popolo che non è dello stesso avviso, riguardo alla bontà di una scelta tanto improvvida, l'uranio impoverito non manca mai, quasi si trattasse del toccasana democratico per antonomasia.
Abbiamo (si abbiamo, perché l'Italia in queste operazioni è sempre presente) distribuito uranio impoverito nella ex Jugoslavia, in Afghanistan, in Iraq, senza mai lesinare nelle dosi e senza alcuna parsimonia. Ed oggi stiamo dispensandolo in Libia, con la stessa generosità, affinché non si possa dire che facciamo dei distinguo di etnia o di razza.
L'uranio impoverito non è propriamente un toccasana per la salute dei malcapitati che ne vengono a contatto.
Nonostante, come alcuni lettori amici del nucleare hanno fatto notare, si tratti di un materiale usato anche in attrezzature non belliche come i satelliti, gli elicotteri, gli aerei civili e le barche a vela da competizione (le scorie radioattive si devono pur riciclare e se si riciclano gratis meglio ancora) è proprio in campo bellico che esso trova la collocazione più consona e viene maggiormente utilizzato.
Quando i missili, i razzi, le granate ed i proiettili all'uranio impoverito giacciono inerti, i loro effetti sulla salute umana di chi li avvicina non sono estremamente elevati, trattandosi semplicemente di un modesto aumento della dose di radioattività assorbita dal corpo umano, così come potrebbe avvenire con un'intercapedine di amianto presente all'interno della paratia di un vagone ferroviario in ottimo stato di conservazione. Un certo grado di rischio esiste comunque, dal momento che anche una sola fibra amiantifera o dosi minimali di radiottività possono indurre lo svilupparsi di patologie tumorali in soggetti particolarmente predisposti, ma rimane bassa la probabilità di mettere a repentaglio gravemente la salute dei più.
Quando i missili, le granate ed i proiettili all'uranio impoverito esplodono colpendo un bersaglio (così come quando l'intercapedine di amianto entra in contatto con l'ambiente ed inizia a sbriciolarsi) la situazione cambia radicalmente, poiché grazie all'alta temperatura il materiale radioattivo si libera nell'aria, con la conseguenza di venire inalato da chi malauguratamente si trovi nelle vicinanze e di ricadere sui terreni, contaminandoli in profondità insieme alle falde acquifere.
Bombardamenti massicci e continuativi, con l'uso di testate e proiettili all'uranio impoverito, come quelli praticati dalle missioni di "guerra umanitaria" negli ultimi 15/20 anni, non determinano solo un alto grado di rischio per i soldati che partecipano alle missioni, molti dei quali si sono già ammalati e si ammaleranno di leucemie e patologie tumorali di ogni sorta, oltre ad andare incontro al rischio concreto di sterilità, ma contaminano anche in profondità e per un lungo lasso temporale i territori oggetto dei bombardamenti.
Territori dove la popolazione locale sarà costretta a vivere nei decenni a venire. Coltivando la terra, allevando il bestiame, bevendo l'acqua delle sorgenti e contraendo quelle stesse patologie cui vanno incontro i soldati ed i civili direttamente coinvolti nelle esplosioni, ma su scala enormemente più vasta e drammatica, dal momento che la popolazione sarà costretta a convivere con la contaminazione anno dopo anno.
La democrazia all'uranio impoverito è portatrice di morte e miseria e non ingenera alcuna libertà che non sia quella di tornare anzitempo dinanzi al giudizio del 'creatore'. Nonostante ciò il macabro teatrino continua come se niente fosse, con la complicità e l'assenso dei benpensanti di ogni schieramento e colore, sempre pronti ad inneggiare al diritto dei popoli ad ottenere democrazia e libertà, ed altrettanto pronti a girarsi da'altra parte, ogni qualvolta tali 'diritti' si palesano nella loro vera natura.
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