L’Italia ha subìto una gravissima ondata di maltempo che ha devastato paesaggi, vallate; e ancora una volta i fiumi tornano ribalta nella cronaca nazionale. Piera Lisa Di Felice, vicepresidente della Federazione Nazionale Pro Natura, coordinatore dell’Organizzazione Regionale Pro Natura Abruzzo e vicepresidente del Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio, idrobiologa esperta di fiumi, sottolinea che quanto sta accadendo è in realtà frutto di una non corretta gestione del fiume e del suo habitat.
“I fiumi sono ambienti complessi”, spiega Di Felice. “Ecosistemi che bisogna conoscere e tutelare con professionalità e competenza. Spesso l’aspetto ecologico del fiume non viene preso in considerazione in nome della sicurezza. La gestione degli ambiti fluviali è sempre stata improntata su una visione ingegneristica e non naturalistica, trasformando i fiumi in una sorta di canali per far defluire il più velocemente possibile le acque. Stiamo pagando la regimentazione dei corsi d’acqua fatta negli anni Ottanta del secolo scorso che ha cancellato gran parte del sistema biologico e degli equilibri dell’ecosistema fiume. La scomparsa della vegetazione riparia, la tendenza alla rimozione delle asperità del fondo hanno come unica conseguenza l’aumento della velocità e della devastazione del fiume".
"Cito due episodi accaduti di recente in Abruzzo - prosegue Di Felice - La piena del fiume Tasso nei giorni scorsi a Scanno: in questo caso stiamo parlando di un fiume tombato cementificato e snaturato che si è ribellato alla sua prigione. C’è poi il caso del fiume Sangro a Villetta Barrea, anche lui esondato a seguito delle precipitazioni eccezionali, cementifcato negli anni Ottanta con costose opere ingegneristiche che hanno distrutto le sue sponde con ripercussioni negative sulla sua ecologia. E sono tantissimi i fiumi in Italia in queste condizioni che poi esplodono al primo al maltempo estremo”.
Secondo Di Felice la pulizia dei fiumi, per come viene oggi effettuata, non fa che peggiorare ulteriormente la situazione: “Eliminare la fitocenosi in un fiume provoca gravi danni all’ambiente acquatico con perdita di habitat e impoverimento della biodiversità animale e vegetale. Inoltre gli interventi di escavazione in alveo con opere di regimentazione non risolvono affatto il problema delle esondazioni ma le peggiorano. I boschi ripariali sono argini naturali contro le esondazioni, una fascia tampone che permette al fiume di calmare la sua forza ed evitare l’esondazione. Un fiume che evolve verso uno stato naturale è molto più resiliente di un corso d’acqua cementificato o demolito dalle ruspe.”
Il futuro è quello della ingegneria naturalistica e della rinaturalizzazione, evitando l’intervento di ruspe che possano alterare i fiumi e provocare danni ambientali irreparabili. “La decementificazione dei fiumi è la prima fase di questo processo di restauro del paesaggio fluviale - continua Di Felice - Eliminare totalmente gli interventi di canalizzazione, regimazione e cementificazione che devastano l’ecosistema fluviale. Proprio nel 2017 a Scontrone, in provincia dell’Aquila, si è proceduto alla decementificazione di un grande tratto del fiume Sangro. Quest’operazione è stata fatta grazie alla lungimiranza e professionalità del Sindaco di Scontrone Ileana Schipani. Il cemento, che aveva soffocato il fiume Sangro, è stato pian piano eliminato per far respirare l’habitat fluviale. Ma questo è solo il primo stadio di un lungo processo a cui è necessario seguano interventi molto specialistici che devono rispettare il valore paesaggistico del fiume e la ricostruzione graduale delle comunità vegetali e animali”.
E’ necessario un cambiamento radicale rispetto alle opere tradizionali di difesa alluvioni. E fondamentale rimane la rinaturalizzazione dei corsi d’acqua come riconosciuto dalla Direttiva Alluvioni (2007/60/CE). “Tale direttiva - conclude Di Felice - chiede di mettere in atto tutte le sinergie possibili tra obiettivi di qualità ecologica dei fiumi e riduzione del rischio idraulico applicando un approccio mirato a dare “più spazio ai fiumi”. La Direttiva afferma che i Piani di Gestione del Rischio di alluvioni “al fine di conferire maggiore spazio ai fiumi” dovrebbero comprendere, ovunque possibile “il mantenimento e/o il ripristino delle pianure alluvionali”, ovvero interventi di riqualificazione morfologica.
Si ringrazia HGNews