Se ad esempio mangio da Mc Donald’s, bevo Coca Cola, acquisto prodotti della Nestlè, investo in azioni speculative, metto i miei soldi in banche ben poco etiche, non potrò poi sorprendermi che immense ricchezze siano in pochissime mani che sempre più si arricchiscono e sempre più impoveriscono gli altri; non potrò sorprendermi dell’effetto serra, della desertificazione dei suoli, dell’inquinamento massiccio, dello sfruttamento di schiavi in tutto il mondo, perché io contribuisco indirettamente a tutto questo. Nel mondo vetrina in cui l’unica cosa che conta sono i soldi, chi è già ricco, grazie alla finanza, al controllo dei mass media, attraverso la politica connivente e alla pubblicità, avrà sempre più possibilità di arricchirsi. Nella legge del mercato chi è grande vuole diventare più grande per mangiarsi gli altri. E’ esattamente il nostro sistema di competizione, dove la distruzione della concorrenza è obiettivo prioritario e dove plotoni di coach, counselor, esperti e consiglieri vari, forniti di lauree e lunghi pedigree, attraverso grandi sorrisi e metodologie spesso made in USA, suggeriscono alle ditte e ai manager in ogni modo possibile, comprese le varie trovate mistiche, meditative e new age, su come prevalere sui concorrenti e vendere alla gente qualsiasi prodotto.
E alla fine della catena chi c’è? Ci sono il consumatore e l’investitore che con le loro scelte consentono a chi è già ricchissimo di diventarlo ancora di più. Un sistema che non mette nessun freno alla crescita dei patrimoni, che benedice il denaro, che santifica chi è capace di arricchirsi velocemente e lo tratta come un genio o un divo, è chiaro che si sta facendo del male da solo. Poiché ci si dimentica che chi fa tanti soldi, veloce e in fretta, di solito non si comporta in maniera filantropica o con attenzione all’ambiente e se sporadicamente lo fa è solo per ragioni di immagine, non certo perché ha a cuore gli altri o il mondo, altrimenti molto probabilmente si sarebbe posto ben altri obiettivi che non esclusivamente arricchirsi. Da un punto di vista culturale sarebbe poi assai educativo smettere di pensare che chi è ricco e ha successo attraverso i soldi, sia una persona da imitare, da prendere ad esempio. Spesso chi fa tanti soldi non ha altra motivazione e scopo, come fosse una droga, una malattia e ne ha così tanti che non sa più nemmeno come spenderli.
Quindi, chi fa diventare i ricchi sempre più ricchi, almeno nei paesi occidentali e nei cosiddetti paesi emergenti che ci seguono nella strada del consumismo folle, è proprio gran parte della popolazione che si lamenta che i ricchi sono sempre più ricchi. Per farli diventare meno ricchi e diminuire le disuguaglianze, basterebbe comprare il meno possibile i loro prodotti e investire il meno possibile nelle loro azioni. In fondo non è difficile, ormai in rete si trovano notizie di qualsiasi patrimonio, ditta, banca e multinazionale per rendersi conto a chi si stanno dando i propri soldi. Se ciò non bastasse, ormai da anni è disponibile la guida al consumo critico che facendo un lavoro egregio dà dettagliate informazioni su multinazionali e affini.
In genere si pensa che la soluzione alle diseguaglianze sia redistribuire la ricchezza, il che sarebbe giusto per chi non ha nulla o quasi nulla; ma che senso ha dare più denaro a chi ne ha e li spreca costantemente? Uno dei motivi dei grandi disastri ambientali e sociali è proprio il consumismo. Avere a disposizione maggiori soldi spesso significa maggiori consumi e di conseguenza ingrassare ancora di più l’1%.
Se non si cambia profondamente il sistema di valori, più soldi si distribuiscono, a chi comunque ha già tutto e più si comprano merci superflue arricchendo gli stessi responsabili delle disuguaglianze. Invece che maggiori soldi si dovrebbero avere meno esigenze, soprattutto se indotte da un sistema pubblicitario martellante e costante che ci fa nascere bisogni assolutamente non necessari ma altamente impattanti.
Basta guardare le pubblicità in televisione, internet, giornali e riviste per rendersene conto: su 100 pubblicità ce ne potrà essere forse solo una di un prodotto che serve realmente. Tutto il resto è costituito da prodotti di cui potremmo benissimo fare a meno e, non comprandoli, ci basterebbero meno soldi per vivere e dovremmo lavorare meno. Non si capisce infatti come mai si dica che siamo in crisi e allo stesso tempo siamo sommersi di pubblicità di automobili, profumi e cosmetici, gioielli, orologi di marca, vestiti e moda in genere, accessori per cani e gatti (indispensabili in tempi di carestia) costantemente in crescita, giochi d’azzardo, cellulari sofisticatissimi e via di questo passo. Se avessimo più soldi li getteremmo ulteriormente in tutti questi e altri oggetti simili che servono solo ad arricchire chi è già ricco sfondato. E dando meno soldi a loro si riducono anche gli abusi, gli sfruttamenti degli schiavi che lavorano per i super ricchi e ci permettono di avere moltissimi prodotti a prezzi irrisori che riempiono le nostre case.
Per fermare i giganti dell’1% che grazie anche alla nostra complicità, sfruttano, affamano e non hanno nessun rispetto per l’ambiente, bisogna togliere loro il nostro appoggio, comprare il meno possibile i loro prodotti, non investire nelle loro azioni e non supportare le banche che li tengono in vita.
Sembra un passo piccolo e insignificante ma invece è l’inizio di un cammino di liberazione.
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