Si è aperta ieri mattina a Doha, in Qatar, la 18ma Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Al summit partecipano i rappresentanti di circa 190 paesi per promuovere i difficili negoziati sulla limitazione delle emissioni di gas a effetto serra. “Il tempo sta scadendo”.
Si è aperta ieri mattina a Doha, in Qatar, la 18ma Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Al summit partecipano i rappresentanti di circa 190 paesi per promuovere i difficili negoziati sulla limitazione delle emissioni di gas a effetto serra.
“Il tempo sta scadendo”, ha affermato in una conferenza stampa la responsabile per il clima delle Nazioni Unite, Christiana Figueres. “La porta si sta chiudendo rapidamente perché finora le azioni intraprese non sono state quella necessarie”.
Oltre 17mila delegati sono arrivati a Doha dove fino al 7 dicembre leader politici, membri della società civile, ONG ed esperti intraprenderanno un dialogo e dei negoziati che molti sperano portino alla conclusione di un nuovo accordo storico.
Secondo gli esperti le promesse fin qui prese per ridurre i gas serra sono state drammaticamente disattese e sono al di sotto dell'obiettivo di ridurre il riscaldamento globale di due gradi.
Il protocollo di Kyoto, la cui prima scadenza è fissata per il 31 dicembre, impegna attualmente circa 40 nazioni piu' ricche e quelle dell'Unione Europea ad una riduzione dell'emisssione del 5% dai livelli degli anni novanta. Secondo molti analisti gli effetti del protocollo di Kyoto sono gravemente condizionati dal fatto che il trattato non include Stati Uniti e Cina, i principali inquinatori del mondo.
Un accordo sul futuro del protocollo aprirebbe la strada verso un nuovo trattato globale che potrebbe essere siglato nel 2015 ed entrare in vigore nel 2020. Secondo il presidente del comitato organizzativo della Conferenza Fahad bin Mohammed Al-Attiya, l'incontro di Doha sarebbe già un successo se si raggiungesse un accordo sulla possibilità di estendere la validità del Protocollo di Kyoto. Tuttavia, le possibilita' di un'intesa potrebbero arenarsi sulla durata della prossima scadenza di Kyoto. Unione Europea, Australia e alcuni paesi favorevoli al protocollo si sono impegnate per un accordo su un secondo periodo, ma Nuova Zelanda, Canada, Giappone e Russia non lo faranno.
L'attesa, in particolare, è per la sessione conclusiva che inizierà il 4 dicembre con oltre cento ministri, ai quali gli ambientalisti chiedono un segnale forte e che si passi dalle parole ai fatti. Secondo il WWF, il fattore decisivo per un successo è la “fiducia tra i Paesi”.
Il rappresentante degli Usa a Doha, Jonathan Persing, ha confermato l'impegno preso dal presidente Barack Obama nel 2009 (e non ancora approvato dal Senato) di ridurre le emissioni del 17% sotto la soglia del 2005 entro il 2020. “Ma se non raggiungiamo un accordo su un secondo impegno sul protocollo di Kyoto, potrebbe essere disastroso per il dopo 2020”.
I Paesi che partecipano alla Conferenza si sono impegnati affinché la temperatura media globale non aumenti di più di 2 gradi entro fine secolo, ma molti delegati sono convinti che mantenere questo limite è sempre più difficile e costoso.
Il Programma per lo sviluppo dell'Onu (UNEP) ha fatto sapere la scorsa settimana che l'obiettivo di tenere sotto controllo il riscaldamento del clima è attualmente lontano e il mondo va verso un riscaldamento di 3-5 gradi nel corso di questo secolo. La Banca Mondiale sostiene che un pianeta di 4 gradi più caldo vedrebbe inondate le aree costiere, la scomparsa delle piccole isole e la produzione di cibo sensibilmente ridotta.
“C'è sempre meno tempo per contenere il riscaldamento globale a soli 2 gradi - ha dichiarato il responsabile Clima dell'Onu, Christiana Figueres - e la finestra d'opportunità si sta chiudendo rapidamente mentre le azioni necessarie per agire non sono semplicemente al livello in cui dovrebbero essere”.
“Dare un segnale forte con nuovo accordo ambizioso e giusto”. Questo è ciò che è necessario secondo Legambiente. L'associazione sostiene che a Doha “si avvia la transizione verso un nuovo accordo globale con un “arco d’impegni” vincolanti per tutti i paesi nel pieno rispetto dell’equità, secondo il principio di responsabilità comuni ma differenziate tra paesi ricchi e poveri”.
L’accordo, afferma Legambiente, dovrà essere sottoscritto entro il 2015 e divenire operativo entro il 2020.
“In questo contesto è fondamentale approvare a Doha il rinnovo degli impegni previsti dal Protocollo di Kyoto, in scadenza alla fine di quest’anno – ha affermato Mauro Albrizio, responsabile Politiche Europee di Legambiente -. Sino ad ora, tra i paesi industrializzati, hanno garantito la sottoscrizione l’Unione europea, la Svizzera e la Norvegia. Mentre USA, Canada, Giappone e Russia si sono già detti contrari. Australia e Nuova Zelanda invece devono ancora assumere una decisione finale. Nonostante ciò il “Kyoto 2” è uno strumento indispensabile a garantire la transizione verso il nuovo accordo globale; è l’architrave del nuovo accordo e garantisce la continuità degli impegni di riduzione legalmente vincolanti per il periodo di transizione 2013-2020”.
“Serve, infine – conclude Albrizio -, un segnale forte che dimostri concretamente la volontà politica di lavorare per davvero verso un nuovo accordo ambizioso e giusto. L’eliminazione entro il 2020 dei sussidi ai combustibili fossili è senza dubbio una decisione che va in questa direzione. Si tratta di circa 800 miliardi di dollari l’anno che potrebbero essere invece destinati a sostenere azioni di mitigazione e adattamento, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. In questi paesi l’Agenzia internazionale per l’energia stima in ben 630 miliardi di dollari l’ammontare dei sussidi ai combustibili fossili, la cui eliminazione consentirebbe una riduzione delle emissioni del 5.8% entro il 2020. Oltre 110 paesi – non solo in via di sviluppo ma anche Stati Uniti e Unione europea – si sono già espressi a favore. Decisione ormai non più rinviabile”.
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