Un avvenimento di portata eccezionale e potenzialmente dai molti aspetti positivi fu quello dell’avvento della sindaca Virginia Raggi nella capitale d’Italia, una delle più importanti e popolate città d’Europa e di grande rilevanza anche a livello mondiale.
Qualsiasi intervento incisivo e concreto fatto a livello ambientale a Roma avrebbe avuto una grande eco internazionale oltre che un impatto notevole sul territorio cittadino e nazionale.
Purtroppo la realtà si è dimostrata assai diversa. Di sicuro la città, che viene da ripetuti periodi di saccheggi, mangiatoia per ogni specie politica e imprenditoriale, è una dimensione complessa, difficile, con grandi difficoltà ad ogni centimetro di strada.
Ma una giunta comunale ha la forza e la possibilità di intervenire senz’altro con azioni concrete se volesse farlo veramente. Inoltre con il coinvolgimento delle varie componenti civili, che siano quelle dell’impegno e dell’associazionismo di base, l’imprenditoria sana, istituzioni varie, studenti, giovani in genere, può avere il supporto necessario per contrastare eventuali freni, difficoltà, ritrosie, sia al proprio interno che all’esterno.
Ma per agire in questo modo e in maniera efficace ci vogliono idee, visioni di largo respiro, lungimiranza, capacità, esperienza, competenza e concretezza.
Di sicuro elementi non facili da trovare, poiché bisogna essere in grado di trasformare buone idee in atti concreti, così come di dialogare con diverse tipologie di attori per arrivare agli obiettivi prefissati. E quindi le enormi potenzialità che c’erano in teoria all’inizio della giunta della Raggi, si sono presto affievolite, fino a un praticamente poco o nulla di fatto nel campo più importante su cui intervenire cioè quello ambientale, sprecando così una occasione unica per portare un cambiamento epocale quanto mai necessario nella capitale d’Italia.
Che ciò sia dovuto a volontà politica, incapacità, ottusità, dilettantismo, difficoltà oggettive o ad un po’ di tutto questo è difficile da dire, di sicuro c’è il dato di fatto che se si vuole agire, si può, a maggior ragione se si ha in mano il potere politico. E se si punta con decisione e fermezza su alcuni interventi piuttosto che su altri, è senz’altro possibile farlo, così come di sicuro ci sono i modi per superare ogni problema, impedimento e difficoltà, visto che non stiamo parlando di una città rasa al suolo dai bombardamenti.
Se non si è in grado di agire perseguendo politiche lungimiranti, adducendo difficoltà insormontabili o additando colpe a questi e quelli, non si capisce allora cosa ci si sta a fare.
Che nella capitale bisognasse puntare ad alcuni aspetti centrali piuttosto che a quelli marginali, lo dimostra fra i tanti esempi, l’infinita telenovela della stadio di calcio della squadra della Roma. Problematica a cui è stata dedicata una attenzione pari allo sbarco sulla luna, innumerevoli riunioni, incontri, studi, calcoli, ascoltati esperti di questo e quello, impiegate innumerevoli ore di lavoro, con tanto di litigi, spaccature, accuse, dimissioni, indagati.
Il tema dello stadio poi, oltre che non essere vitale come quello ambientale, è un tema che non riguarda tutti i cittadini di Roma visto che non tutti sono tifosi della Roma e non sono pochi quelli ai quali del calcio non interessa nulla.
E perché incaponirsi in un progetto simile, in una realtà come quella romana dove anche solo per spostare una pietra si scatenano interessi come in una piscina infestata di squali, figuriamoci fare uno stadio ex novo...?
Invece per tutti questi anni lo stadio è stato l’argomento martellante e ricorrente e come se tutto questo tempo perso non fosse ancora abbastanza, adesso si cambierà pure prospettiva, magari ripartendo daccapo, visto che essendo cambiata la proprietà della squadra della Roma, è tramontata l’ipotesi dello stadio dove si pensava lo si dovesse fare, per realizzarlo chissà, forse da un altra parte. E questo ovviamente comporterà altri anni di discussioni, studi, calcoli, perdite di tempo e ovviamente tanti soldi della collettività che si volatilizzeranno dietro a questi argomenti di certo fondamentali per l’esistenza dei cittadini romani e italiani in genere.
Senza poi contare che a Roma lo stadio c’è già, anzi ce ne sono due e quello Flaminio è pure in stato di abbandono.
Quindi ci sono già due stadi ma se ne voleva costruire un terzo; poi ovviamente anche l’altra squadra della capitale, la Lazio, ne avrebbe voluto uno suo e quindi a Roma si sarebbero potuti avere quattro stadi. Con tutti i soldi potenzialmente assegnati alla saga degli stadi, la città di Roma la si faceva diventare completamente alimentata da energie rinnovabili e un giardino fiorito, capitale del mondo di sostenibilità. E cosa ci si farà poi con i due vecchi stadi in più, eventuali, con tutti i relativi costi di gestione e manutenzione?
Diventeranno le solite cattedrali nel deserto pagate dai soldi pubblici, come ennesimo monumento allo spreco che contraddistingue da sempre il dna della politica italiana, che poi, ovviamente, afferma che non ci sono soldi per la sanità, per l’ambiente e così via.
Soldi, risorse, lavoro, tempo sprecati dietro ad un fantomatico stadio in una città con enormi problemi, strangolata dal traffico, con più mezzi a motore che abitanti, inquinamento di ogni tipo alle stelle, piena di rifiuti, caos, rumore, dove il termine qualità della vita è praticamente impronunciabile.
Immaginate tutto questo tempo, lavoro, soldi, risorse, impiegato per farne una città a consumi ridottissimi, piena di energie rinnovabili, di verde, di orti collettivi, con una mobilità pubblica efficiente, capillare, per tutti che permetta finalmente alla città di respirare abbandonando progressivamente il costoso, assurdo e controproducente mezzo privato. Quanto sarebbe stata più grata la popolazione romana, italiana e internazionale in genere, se invece di parlare di stadi si fosse agito per il bene della città.
Ma a livello politico e imprenditoriale siamo ancora all’anno zero, quello che conta e ha un senso passa sempre in secondo piano, quello che non conta e ha ben poco senso, occupa le prime pagine dei giornali e dei social e a quelle è tanto affezionata una politica, troppo spesso lontanissima dai veri problemi e nel dare risposte alle gravi sfide che abbiamo di fronte.