Da piccoli ci chiedevano cosa volevamo fare da grandi e chi faceva la domanda accettava le risposte più fantasiose ad esempio: voglio fare l’astronauta, il calciatore, la ballerina, il cantante, l’esploratore, ecc.
Poi, crescendo, lo spazio per la fantasia si riduceva sempre di più e interveniva la dura realtà, dove spesso i genitori o gli adulti in genere, consigliavano un lavoro sicuro, non importa cosa ma che desse delle entrate, cospicue possibilmente. Crescendo si perdeva (ci facevano perdere) tutta la fantasia e il romanticismo della gioventù e si diventava adulti, cioè pronti ad eseguire quello che gli altri e la società in genere richiedeva e richiede.
Sono pochi coloro che hanno seguito le loro passioni e che le hanno realizzate e spesso anche loro comunque con il faro del guadagno sempre ben presente da seguire. Il guadagno non inteso come ciò che è necessario per fare una vita dignitosa ma come un traguardo che si sposta sempre più in alto e alla fine determina il senso del lavoro stesso soppiantando spesso anche la passione.
Ma a parte i pochi che sono riusciti a seguire e realizzare la propria passione, la maggior parte delle persone non l’ha seguita ma, pressato da genitori e società in genere, ha scelto la cosa più conveniente (per gli altri).
E così ci sono eserciti di persone frustrate che magari volevano fare altro o che avrebbero comunque voluto avere tempo e spazio per pensare di fare altro ma che poi alla fine hanno scelto la via che più accontenta la società e impostato una mezza vita, fatta di fatica, rinunce, di duro lavoro, il tutto mascherato dal “dovere”.
E così anno dopo anno lentamente ci si spegne e ci si costruiscono scuse pronte a tutti gli usi, non ci sono alternative: lo faccio per la famiglia, devo pur campare, ho il mutuo da pagare, ecc.
Come se la vita fosse una specie di condanna dove l’unica cosa da fare è seguire la corrente, pensando che essere come si sarebbe voluto o come si vorrebbe, è sicuramente impossibile.
Però poi a volte si incontrano persone che hanno scelto quello che sognavano e lo hanno fatto anche con famiglia, i figli, i mutui e pure se facevano lavori “normali” prima. E allora di fronte a queste persone di solito scatta il meccanismo di difesa mentale: lo hanno fatto perché avevano i soldi, sono di famiglia ricca, hanno avuto fortuna, se lo possono permettere.... Poi quando si scopre che niente di tutto questo era vero, non erano ricchi, non hanno avuto fortuna ma si sono semplicemente messi di impegno per raggiungere i propri sogni, scatta il successivo meccanismo di difesa: sono degli illusi, andranno sotto un ponte, sono degli utopisti, fare così non è allargabile a tutti, fino ad arrivare a delle vere e proprie accuse: pazzi, incoscienti, irresponsabili, se tutti facessero così il mondo andrebbe a rotoli e bla, bla, bla….
Perchè si reagisce in questo modo? Perchè come per chiunque scelga di costruirsi un suo percorso, una sua coscienza e capacità di scelta autonoma contro convinzioni diffuse, credenze e imposizioni, non vogliamo che ci mostri che si può fare. Invece di essere curiosi, di cercare di capire come hanno fatto, magari per prendere spunto per farlo anche noi, opponiamo resistenza perché se qualcuno ce l’ha fatta ci potrebbe dimostrare che ce la potremmo fare anche noi. Ma se così fosse e noi invece non vogliamo veramente cambiare, siamo pigri, con poco coraggio, non ci rimane che accusare, denigrare, attaccare, così siamo mentalmente al sicuro. Meglio rimanere nella “galleggiante normalità”, non saremo soddisfatti, sarà una mezza vita ma chi ce lo fa fare di rischiare, di provare il “nuovo”?
E poi perché levarci il piacere di dare sempre la colpa agli altri di ogni nostro problema, di continuare a lamentarci, di dire, vorrei ma non posso, di dire che siamo stati sfortunati. Meglio percorrere le strade già battute, prive di colore e vita ma sicure e grigie come quelle di una cella.
E così fra le altre cose ci si riduce a fare lavori fotocopia, noiosi, inutili o peggio ancora dannosi per se stessi, gli altri e l’ambiente. Lavori fatti senza voglia, senza passione, solo per dei soldi. Scelte e lavori del genere sono la tomba dell’esistenza e non ci sono scuse che tengano perché in tutto il mondo le persone inseguono e realizzano i propri sogni, a qualsiasi latitudine con qualsiasi censo, in qualsiasi situazione. Quindi si può fare, ci si può costruire un lavoro che ci faccia vivere dignotosamente ma che ci realizzi, sia sempre di stimolo, ci arricchisca come persone. Un lavoro che sia utile per se stessi, gli altri, non danneggi l’ambiente, che ci renda orgogliosi nei confronti dei nostri figli e nipoti, di lasciargli un mondo in cui vivere e non una discarica.
Centinaia di corsi di formazione e interventi pubblici realizzati (come associazione Paea; come Ufficio di Scollocamento; come portale Il Cambiamento), con migliaia di persone intervenute stanno a dimostrare che l’alternativa esiste ed è percorribile. Che a qualsiasi età si può decidere finalmente di mettere in pratica quello che si voleva fare “da grandi”.
Ci sono così tante possibilità intorno a noi e così tante risorse dentro di noi chiuse a chiave per i motivi più disparati che aspettano solo di essere esplorate e vissute pienamente se non altro per non arrivare all’ultimo giorno dell’esistenza e accorgersi di averla sprecata tutta nell’avere fatto quello che volevano altri senza mai chiederci cosa volevamo veramente fare noi.
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