di
Alessandra Profilio
14-02-2012
191 inchieste, 1.199 ordinanze di custodia cautelare, 666 aziende coinvolte e un giro d'affari stimato in 43 miliardi di euro. Questo il quadro sul traffico illecito di rifiuti delineato da Legambiente che nel dossier Rifiuti Spa fa il punto sull'applicazione del "delitto di traffico organizzato di rifiuti" a distanza di dieci anni dalla sua entrata in vigore.
191 inchieste, 1.199 ordinanze di custodia cautelare, 666 aziende coinvolte e un giro d'affari stimato in 43 miliardi di euro. Questo il quadro sul traffico illecito di rifiuti delineato da Legambiente che nel dossier Rifiuti Spa fa il punto sull'applicazione del “delitto di traffico organizzato di rifiuti” a distanza di dieci anni dalla sua entrata in vigore.
Soltanto in un anno, nel 2010, sono state sequestrate oltre 2 milioni di tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi gestiti illegalmente. Le cifre diventano ancor più impressionanti se si estende la rilevazione agli ultimi dieci anni: in 89 indagini su 191, le forze dell'ordine hanno sequestrato oltre 13 milioni e 100 mila tonnellate di rifiuti.
39 Sono i clan mafiosi censiti fino ad oggi nei Rapporti Ecomafia di Legambiente, scoperti in attività nel ciclo illegale dei rifiuti. Ad eccezione della Valle d'Aosta, tutte le regioni italiane sono coinvolte e si proiettano su scala mondiale. Le regioni del Sud detengono il primato della presenza capillare delle mafie tradizionali e molte indagini hanno mostrato l’egemonia diretta dei clan nel traffico dei rifiuti.
In Campania i casalesi si sono aggiudicati il record per carichi trafficati illegalmente. Le famiglie mafiose, sottolinea Legambiente, hanno sacrificato questa regione facendola divenire un “immenso immondezzaio a cielo aperto degli scarti industriali di mezza Italia, con inenarrabili danni ambientali e sanitari”.
Risultano inoltre in aumento le inchieste transnazionali, che vedono coinvolti 15 Paesi di tre continenti: Europa, Africa, Asia. “Le strade dell'ecomafia – ha spiegato Legambiente - passano dai confini geopolitici dell'Unione europea, si spingono fino in Africa e India, terminano la loro corsa in Estremo Oriente”.
Legambiente riferisce che nell'ultimo decennio l'impulso alle indagini è stato dato dall'introduzione del reato di “attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti” e per l'assegnazione, avvenuta nel 2010, di questo reato tra quelli di competenza delle Direzioni distrettuali antimafia.
“Grazie all'introduzione del delitto di attività organizzate di traffico illecito di rifiuti – commenta il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza - l'Italia rappresenta oggi, a livello europeo e internazionale, una punta avanzata nell'azione di contrasto a questo grave fenomeno di illegalità ambientale ed economica. I buoni risultati raggiunti dimostrano l'importanza di poter contare su un adeguato sistema normativo, ma ora serve completare la rivoluzione iniziata dieci anni fa”.
Al fine di rendere più incisiva la lotta al traffico illegale dei rifiuti, Legambiente ritiene necessario rafforzare e allo stesso tempo semplificare il quadro sanzionatorio in materia di tutela penale dell'ambiente.
Secondo Legambiente altre azioni utili in tal senso potrebbero riguardare il conferimento della piena operatività alla nuova classificazione del delitto di attività organizzata di traffico illecito dei rifiuti, la modifica di alcune norme per semplificare le procedure di sequestro dei rifiuti presso aree portuali e aeroportuali, l'estensione del suddetto reato in tutti i paesi dell'Unione europea e l'inserimento del contrasto al traffico illegale di rifiuti tra le attività di organismi investigativi e di controllo europei e internazionali.