di
Francesco Bevilacqua
23-05-2012
Il malcontento emerso negli ultimi mesi è stato confermato anche in occasione dell’ultima tornata elettorale, che ha bocciato con decisione il sistema politico convenzionale e i suoi principali rappresentanti, i partiti. Affluenza, risultati del voto, prospettive future. Un'analisi.
Il fine settimana del 6 e 7 maggio si è votato in 770 comuni italiani per le elezioni amministrative. In 116 di essi è stato necessario ricorrere al secondo turno, conclusosi il 21 maggio. Ora dunque il quadro elettorale è completo. Da esso emergono – similmente a quanto è successo nella scorsa tornata di maggio 2011, ma in proporzioni molto maggiori – due dati fondamentali: l’astensionismo crescente e l’affermazione delle formazioni estranee all’arco partitico tradizionale, uno su tutti il Movimento 5 Stelle.
Partiamo dai dati complessivi relativi all’affluenza alle urne. Il termine di paragone ce lo offrono i valori di affluenza delle precedenti amministrative: al primo turno, il 15 e 16 maggio del 2011, votò il 71,04% degli aventi diritto, che si ridusse a 60,21% due settimane dopo, in occasione dei ballottaggi. Quest’anno il calo è stato netto: da un’affluenza del 66,88% del primo turno (-4,16% rispetto al 2011), si è passati al 51,38% del secondo turno, addirittura l’8,93% in meno rispetto alle precedenti elezioni.
Il passaggio fra la consultazione del 6-7 maggio e il ballottaggio del 20-21 maggio è stato particolarmente problematico in alcune regioni: in Campania, la differenza fra i due turni è stata di più del 20%, a Genova, unico comune ligure al voto, del 15%, con un record negativo di affluenza complessiva pari al 40,04%. Hanno tenuto meglio altri comuni, fra i quali Todi, Budrio, Parma e Comacchio, dove il calo è stato inferiore al 6%; in particolare negli ultimi due casi, va sottolineata questa prestazione, su cui torneremo dopo analizzando i risultati.
Commentando il risultato del primo turno, il Ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri aveva parlato di un dato molto preoccupante, che rendeva necessari un “ragionamento approfondito” da parte dei partiti e la ricostruzione del “legame tra società civile e istituzioni” da parte di queste ultime. Rifacendosi al ruolo di interfaccia istituzionale diretta che gli enti locali dovrebbero ricoprire, il Ministro ha sottolineato che il forte calo di affluenza potrebbe non essere collegato al dato politico.
Questa affermazione sembra però essere smentita dal successo che ha conseguito il Movimento 5 Stelle, oggi principale rappresentante dell’alternativa agli schieramenti partitici tradizionali. Il sodalizio che fa capo a Beppe Grillo ha ottenuto grandi risultati soprattutto in Emilia Romagna: a Piacenza, pur non essendo arrivato al ballottaggio, ha conquistato due seggi. A Budrio il candidato grillino Alberto Giacon è stato sconfitto al ballottaggio dall’avversario del centro-sinistra per meno di tre punti percentuali. Clamorosi gli exploit di Marco Fabbri e Federico Pizzarotti, i nuovi sindaci di Comacchio – dove il consenso è arrivato quasi al 70% – e di Parma. Meno netta ma altrettanto significativa l’affermazione del terzo grillino Alvise Maniero a Mira, in Veneto.
Altro dato politico interessante è la débâcle della Lega Nord, perfettamente rappresentata dal risultato ottenuto al Comune di Monza: se il partito di Bossi, dopo le elezioni del 2007, poteva contare sul sindaco, un assessore e quattro consiglieri, da dopo il ballottaggio dello scorso fine settimana, vinto dal democratico Scanagatti, si deve accontentare di un solo consigliere.
L’unica regione dove sembrano confermarsi le tendenze elettorali da anni consolidate è la Sicilia. Ad Agrigento il candidato centrista Marco Zambuto ha ottenuto un risultato quasi plebiscitario (74,71%), a cui hanno fatto eco le prestazioni positive di altri colleghi di schieramento a Marsala e Scicli. A Palermo ha ottenuto una vittoria schiacciante Leoluca Orlando, sindaco del capoluogo isolano per la quarta volta, che ha sconfitto in un 'derby' il vincitore delle primarie del centro-sinistra Fabrizio Ferrandelli. Trascurabili i risultati dei movimenti alternativi, fra cui quello dei Forconi.
Per un’analisi del voto, potrebbe essere interessante soffermarsi brevemente sulla case history di Parma, importante capoluogo di provincia conquistato dal Movimento 5 Stelle. Come nella migliore tradizione politica italiana, i portavoce nazionali delle coalizioni di maggioranza si punzecchiano a vicenda, tentando di inquinare politicamente la vittoria di Pizzarotti, che invece insiste sui temi classici di quella che sinora è stata definita dal mainstream l’'antipolitica', ovvero trasparenza, partecipazione, coinvolgimento della cittadinanza nel processo decisionale.
Inizia probabilmente dal capoluogo emiliano l’esperienza di responsabilizzazione del Movimento 5 Stelle, che sinora si è dimostrato l’unico in grado di raccogliere e incanalare, almeno dal punto di vista elettorale, il diffuso senso di esasperazione e la crescente voglia di cambiamento degli italiani. In questo senso, fa ben sperare la promessa del neosindaco di Parma di coinvolgere, con il titolo di consulenti, 'tecnici' lontani da influenze e interessi politico-partitici e propugnatori di quelle idee e proposte 'alternative' di cui oggi si sente l’impellente bisogno: Loretta Napoleoni, Maurizio Pallante, Pierluigi Paoletti alcuni dei nomi in ballo.
Naturalmente un aspetto a cui prestare attenzione nell’immediato futuro sarà anche quello relativo alla partecipazione elettorale, da cui non può prescindere un sistema politico che aspiri a sostituire l’illusorio coinvolgimento offerto dalla democrazia della delega con la partecipazione reale attraverso la democrazia diretta.
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