Che dire! Siamo stati svenduti alla troika non per 30 ma per 80 denari: un italiano su due ha scelto di correre da solo (non votando), un italiano su cinque (40% del 55% di votanti) ha deciso per tutti: condannandoci. Auguri!
Qual è l’insegnamento che possiamo trarre da tutto ciò? In sintesi, che per la maggioranza defli italiani è meglio stare immobili e sperare in un cambiamento eterodiretto, piuttosto che – magari pure un po’ incazzati – mettersi personalmente in moto.
Possiamo discuterne per ore, ma la sostanza è amaramente questa. Una sostanza che, se da un lato si affida all’intraprendenza di pochi e illuminati pionieri, complessivamente genera purtroppo eserciti di sudditi.
L’esperimento del Movimento Cinque Stelle (destinato ad essere ripensato, ricodificato, ricomunicato) è stato utile, ma evidentemente ancora troppo ingenuo. In un mondo frenetico, liquido e – per questo – spesso isterico, la semplificazione vince sempre. Per questo, in Italia, in Europa e nel mondo, da decenni contano più le singole persone delle organizzazioni che hanno dietro: fidarsi di una faccia è più semplice che fidarsi di un’idea. La faccia va solo ammirata, l’idea va innanzitutto capita. Il Centrosinistra italiano ci è arrivato per ultimo, ma ci è arrivato anche lui. E, con la complicità dei media tradizionali, ha stravinto.
Una sola persona, meglio se piacente e affabulatrice, che ci esenti magari dal farci troppe seghe mentali, vale più di mille ragionamenti complessi. Anche se condivisibili. Beppe Grillo, invece, aveva due grossissime barriere all’entrata (in termini di persuasione): irruenza della forma e complessità della sostanza. L’irruenza spaventa. La complessità disincanta. A ciò si aggiunga che Grillo, disattendendo una delle linee-guida del “primo” M5S (personalmente, la mia preferita), in questa campagna elettorale si è affidato alla televisione. Esito? Fuori dal tubo catodico: 25%. Dentro al tubo catodico: tre milioni di elettori in meno, 21% dei consensi e… sonora battuta d’arresto. Solo un caso? Meditare…
Su questo tema, lo stesso Sun-Tzu (“L’arte della guerra”) non lascia dubbi: “Un terreno sul quale la forza dell’attacco è pari per noi e per il nemico è aperto. Su questo terreno sfidare al combattimento è rischioso e combattere non è vantaggioso”.
Le analisi, adesso, possono essere mille. La principale, a mio avviso, riguarda il furto di strategia comunicativa scientificamente perpetrato da Renzi ai danni del suo avversario. Per due mesi, Renzi ha ininterrottamente sottratto a Grillo i suoi cavalli di battaglia, cavalcandoli in prima persona e potendoli poi proporre all’attenzione pubblica grazie a un circuito mainstream a lui totalmente asservito: mai, neanche con Berlusconi, si era visto un appiattimento mediatico di tali proporzioni! Un ulteriore esempio di come scaltrezza e furbizia, in fondo, paghino più di originalità e onestà.
Perché il settimo comandamento, se non vado errato, dice proprio “Non rubare”… o mi sbaglio? Non dice: “Non farsi beccare, quando si ruba”!
Gli esempi di questa cleptomania comunicativa non si contano: dal fattore anagrafico dei candidati (dimenticandosi che giovane non sempre è sinonimo di competente), al tema dei costi della politica (sbrigativamente risolto con la vendita su eBay di qualche auto blu, quando dall’altra parte c’era chi si tagliava lo stipendio e rinunciava a 42 milioni di rimborsi elettorali); dalla stimolazione di un presunto impegno civico (“Non voglio i vostri voti, se non vi impegnate voi in prima persona”, copiata pari pari da Grillo), a suggestioni di natura sociologica (“il PD è un partito-comunità“, da sempre vocabolo chiave del messaggio pentastellato); dall’apologia del lavoro (tweet inviati alle 7 di mattina, quando i deputati del Movimento spesso facevano le notti nelle aule di Commissione), all’idea di un impegno in politica a termine (il deliberato furto del limite dei due mandati è qualcosa di osceno!).
Come qualcuno ha genialmente sintetizzato: “Il predatore ha perfezionato la preda”.
Se a questo aggiungiamo tecniche comunicative di chiara ispirazione berlusconiana (promessa di riforme essenzialmente di facciata e, all’esame del fact-checking, per ora completamente disattese), il quadro è completo. Renzi ha comunicato meglio, non ha spaventato gli indecisi e li ha anzi conquistati, riproponendo in modo più amichevole e seducente le idee innovative dell’avversario.
Cosa accadrà adesso? E’ ovviamente presto per dirlo. Ma si avverte nell’aria, da parte di molti italiani, una certa forma di nostalgia per la vecchia Democrazia Cristiana. O, comunque, per un sistema monopolare a cui essi possano ciecamente affidare (comodamente seduti da casa) le proprie sorti, sentendosi esonerati dall’impegno di preoccuparsi troppo (e occuparsi) in prima persona del proprio futuro. La polarizzazione su Renzi del voto di soggetti politici ormai estinti (come Monti e Casini), espressioni di fasce sociali mediamente agiate e poco propense all’approfondimento politico, dimostra che c’è in giro una grande nostalgia di quiete, serenità e tranquillità O, come recita l’ultimo claim di Renzi, di… speranza. Tutti concetti che, in uno scenario con disoccupazione giovanile al 43%, sono però purtroppo anacronistici…
Credo che ora potranno verificarsi essenzialmente due cose. Partendo dal presupposto che Grillo – preso atto della sua incompletezza comunicativa e della conseguente incapacità di sfondare – potrebbe adesso prendere in considerazione l’ipotesi di farsi da parte (o comunque di ridimensionare il suo istrionismo), i casi sono due:
• O i suoi eredi riusciranno nel miracoloso compito di organizzare un’opposizione credibile a quella che si profila come la Democrazia Renziana dei prossimi decenni;
• Oppure, la funzione di ammortizzatore sociale del M5S (ignobilmente ignorata da tutti i suoi avversari) svanirà rapidamente, magari con la complicità della propaganda mainstream (che ha appena dimostrato di saperci fare assai bene): lasciata cioè la speranza a chi, dopotutto, ha le pance ancora ben piene, la rabbia potrebbe davvero esondare. Ma, questa volta, senza più argini…
Buona fortuna.
Per approfondimenti: Low Living High Thinking
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