Enel ha avviato un'azione legale contro Greenpeace, autrice della campagna Facciamo Luce su Enel contro l’inquinamento a carbone. Ieri si è tenuta a Roma la prima udienza per discutere dei provvedimenti restrittivi e censori richiesti dalla società elettrica nei confronti dell'associazione ambientalista.
Si è tenuta ieri, martedì 26 giugno, la prima udienza per discutere dei provvedimenti restrittivi e censori richiesti da Enel nei confronti di Greenpeace Italia. L'azienda, riservandosi richieste risarcitorie per il danno d'immagine che Greenpeace le causerebbe con la sua campagna Facciamo Luce su Enel, chiede in prima istanza che venga oscurato il sito www.FacciamoLuceSuEnel.org e che vengano inibiti alla diffusione e all'uso tutti i contenuti e i materiali informativi della campagna dell'associazione ambientalista.
In una citazione depositata la scorsa settimana al Tribunale di Roma Enel chiede al giudice di prendere provvedimenti urgenti per sospendere “l’attivismo di Greenpeace che è andato degenerando oltre la legittima manifestazione del pensiero e concretandosi in una aggressione di insusitata, ingiustificata e intollerabile violenza diffamatoria”.
Greenpeace negli ultimi tre mesi ha promosso una campagna per fare luce sull'impatto ambientale, climatico e sanitario del più grande gruppo energetico del Paese. Oltre ad aver accumulato nuovi dati sul primato assoluto di Enel come emettitore di anidride carbonica, l’associazione ambientalista ha commissionato a un Istituto di ricerca indipendente uno studio in cui dimostra che la produzione termoelettrica a carbone dell’azienda causa in Italia una morte prematura al giorno e danni al Paese stimabili in quasi 2 miliardi di euro l’anno. In Europa quella stessa produzione causerebbe quasi 1.100 casi di morti premature l’anno e danni per 4,3 miliardi di euro.
“L’'energia che ti ascolta' vuole oscurare un sito che critica la sua politica industriale – dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace –. Solleviamo questioni della massima importanza, che riguardano la salute delle persone e il futuro dell’ambiente, del clima, del lavoro. Enel risponde che i danni da noi denunciati non hanno base scientifica, eppure sono calcolati con i metodi già impiegati dall’Agenzia Europea per l’Ambiente. Persino Christine Lagarde, capo del FMI, ha recentemente denunciato i 70 mila morti causati in India dall’uso del carbone per produrre elettricità”.
“La nostra campagna è certamente forte e d’impatto. Ma si basa su due affermazioni non smentibili: la prima è che il carbone uccide – sia il clima che le persone – la seconda è che Enel è di gran lunga il primo produttore di elettricità da carbone in Italia”.
Confermando la sua determinazione nel portare avanti questa campagna, Greenpeace contesta il peso delle emissioni di gas serra e la politica pro-carbone di Enel dal 2006. In questi sei anni l’azienda non ha mai aperto un confronto sulle sue politiche industriali, al contrario come risposta ha inviato una lettera di risarcimento per 1,6 milioni di euro per le azioni di protesta fatte nei suoi impianti a carbone dal 2006 in poi.
“Esprimiamo tutta la nostra piena solidarietà a Greenpeace e troviamo inaccettabili le richieste di risarcimento che l’Enel chiede all’associazione ambientalista, la chiusura del sito web www.FacciamoLuceSuEnel.org insieme al divieto di diffusione dei contenuti informativi della campagna contro il carbone. Una richiesta che limita la libertà d’informazione imponendo una censura preventiva che va a coprire quel diritto che ognuno di noi ha di battersi contro il carbone, una fonte che è la causa numero uno dei cambiamenti climatici”. È quanto ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente in riferimento all’azione legale che la società elettrica ha avviato contro Greenpeace, autrice di una campagna contro l’inquinamento a carbone, in occasione della prima udienza civile a Roma.
“Quello che serve è un dibattito serio sulle prospettive di sviluppo energetico – ha aggiunto Cogliati Dezza -. Per questo lanciamo un doppio appello: chiediamo all’Enel di ritirare le sue richieste legali e di accettare un confronto sociale su queste tematiche, perché un’alternativa al carbone esiste già ed è data dalle fonti rinnovabili e l’efficienza energetica. Inoltre, chiediamo al ministro dell’ambiente Corrado Clini di promuovere una conferenza per stabilire un piano energetico nazionale e definire la progressiva uscita dal carbone”.
Fonti: Greenpeace, Legambiente
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