di
Andrea Degl'Innocenti
26-03-2012
Secondo il vicepresidente della Commissione europea Olli Rehn l'Euro appartiene alle banche e non ai cittadini. Significa che gli europei hanno rinunciato in massa alla sovranità monetaria. Se riconquistarla, per ora sembra difficile, ciò che possiamo fare è limitare di molto l'influenza del denaro sulle nostre vite, limitando così il potere di chi lo emette.
L'euro di chi è? Questa domanda tormentava Giacinto Auriti, professore di diritto e saggista, fra i fondatori della facoltà di diritto dell'università di Teramo. “Nel trattato di Maastricht non v'è una riga che spieghi a chi appartiene l'euro” spiegava il professore scomparso nel 2006. “Se ci verrà detto che appartiene i popoli, e che la Bce si arroga solamente il diritto di stamparlo, questo potrebbe essere accettabile, ma se ci viene detto che appartiene alla Bce sarà una truffa colossale”. Oggi ne sappiamo un po' di più, purtroppo.
Il merito è di due discussi europarlamentari italiani, Mario Borghezio e Marco Scurria. Già, lo stesso Borghezio che girava per i treni a disinfettare i sedili sui quali sedevano gli immigrati, che in gioventù apparteneva al movimento di estrema destra Jeune Europe, mentre Scurria fu presidente del Fronte della gioventù (Msi).
È un peccato che tematiche tanto importanti siano da sempre state relegate alle frange più estreme, xenofobe, violente della politica, portate avanti da personaggi così poveri politicamente e intellettualmente parlando, ma tant'è. Le parti politiche più vicine ai temi dell'uguaglianza e della giustizia sociale, dei diritti universali hanno la colpa storica di aver tralasciato una serie di questioni pratiche (su tutte la riflessione sull'emissione della moneta) che impediscono nei fatti l'applicazione di tutte le politiche che auspicano.
Ma torniamo a quanto avvenuto. Mesi fa Borghezio aveva chiesto per iscritto, con la prima interrogazione parlamentare sulla proprietà giuridica dell'euro, a chi apparteneva la moneta. Olli Rehn, vicepresidente della Commissione europea, aveva risposto che “al momento dell’emissione, le banconote in euro appartengono all’Eurosistema e che, una volta emesse, sia le banconote che le monete in euro appartengono al titolare del conto su cui sono addebitate in conseguenza”.
Dunque la proprietà della moneta è in prima istanza dell'Eurosistema, che altro non è che l'insieme della Bce e delle banche centrali nazionali. La moneta diventa dei cittadini solo in seguito ad un prestito da parte della banca. Così Scurria, dando voce alle perplessità palesate anni prima dal prof. Auriti, aveva preso spunto dal collega per chiedere alla commissione di “chiarire quale sia la base giuridica su cui si basa questa affermazione”.
Olli Rehn aveva allora fatto riferimento all'articolo 128 comma 1 del Trattato di funzionamento dell'Unione Europea, che recita : “La Banca centrale europea ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’Unione. La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nell’Unione.” Ma come si vede, nell'articolo in questione non c'è alcun accenno alla proprietà della moneta. La questione relativa alla proprietà dell'euro assume tutte le sembianze di una truffa.
Infatti, in assenza di una specifica legislazione sarebbe più logico ritenere che la proprietà della moneta appartenga ai popoli visto che sono loro ad attribuirgli valore, riconoscendola. Auriti illustrava questo concetto con l'esempio dell'isola deserta: se un banchiere va su un'isola deserta e stampa moneta, quella moneta non avrà valore. Inoltre la Bce non possiede in precedenza i soldi che presta, ma li crea nell'atto stesso di prestarli (ragion per cui ha poco fondamento la risposta di Rehn, che parla di due momenti distinti, emissione e addebitamento).
Ma perché, ci si chiederà è così importante a chi appartiene la moneta? Per varie ragioni. Innanzitutto perché l'atto di prestare è una prerogativa del proprietario. La Bce e le banche centrali ci possono “prestare” i soldi (dunque applicarci un interesse) solo se è appurato che esse ne sono proprietarie, mentre se già ci appartengono e loro si limitano a stamparli si dovrebbero limitare ad elargirli.
Ma questo, si dirà, vale anche per i paesi non appartenenti all'euro ma che comunque hanno banche centrali private che lucrano sull'emissione della moneta. È vero. Ma a peggiorare la nostra condizione vi è il fatto che non abbiamo, come stato membro dell'Ue, alcuna forma di controllo sull'emissione della stessa. Negli anni abbiamo perso, senza rendercene neppure conto, la nostra sovranità monetaria.
Un primo passo fu fatto nel 1981, quando si consumò lo storico divorzio fra Ministero del Tesoro e Banca d'Italia. Da allora la banca centrale italiana non fu più costretta a stampare moneta su richiesta dello stato per soddisfarne il fabbisogno, e l'Italia dovette mettere i propri titoli sul mercato finanziario. Bankitalia restava comunque un prestatore privilegiato. Adesso, con l'avvento dell'euro, non esiste più alcun prestatore di prima istanza privilegiato. È la Bce che, secondo l'interpretazione che la vede proprietaria della moneta, decide quanta prestarne e quando.
Ora, è evidente che abbiamo a che fare con poteri talmente forti che pensare di sconfiggerli, di cambiare il sistema intervenendo su di essi, è almeno azzardato. E spesso essere a conoscenza di truffe ed inganni di tale portata ha l'effetto contrario a quello che ci si auspica: induce allo sconforto, genera una sensazione di impotenza, di paura, imparità, ci fa apparire di colpo inutile ogni possibile azione.
Ma c'è qualcosa che possiamo fare, ed è molto più semplice di quanto pensiamo. Chiediamoci, perché chi emette moneta ha questo potere enorme su di noi? Semplicemente perché abbiamo permesso al denaro, che un tempo, nelle economie meno “sviluppate” aveva un ruolo relativamente marginale, e serviva solo a facilitare gli scambi laddove il baratto era impossibile, di penetrare a fondo nel tessuto sociale, e di regolare una serie crescente di fattori, finanche i rapporti sociali.
Oggi il "libero flusso di denaro", vero e proprio slogan delle economie di mercato soprattutto nell'accezione neoliberista, regola ogni aspetto della nostra vita. Ogni cosa che abbia valore deve essere quantificabile in denaro e di conseguenza il denaro stesso è diventato, da strumento utile a misurare la ricchezza, un valore. Si capisce quindi come in una società del genere chi controlla l'emissione di denaro controlla ogni aspetto della nostra vita.
Ma questo potere può essere fortemente limitato se scegliamo di limitare il raggio d'azione del denaro. Ricreare un sistema alternativo che parta da noi, da chi ci sta intorno, dalla rete di rapporti solidali sul nostro territorio è il modo migliore per combattere una battaglia che altrimenti rischia di essere persa in partenza.
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