di
Francesco Bevilacqua
02-01-2012
Il rapporto sulla mobilità sostenibile del 2011 stilato Euromobility evidenzia, soprattutto in rapporto ad altri paesi europei, le gravi problematiche che affliggono il sistema e più in generale la cultura dei trasporti in Italia.
Euromobility è un’associazione nata con lo scopo di promuovere “la cultura diffusa della mobilità sostenibile, intesa anche come razionalizzazione del trasporto privato individuale; l’applicazione delle norme relative al mobility management; il ruolo e la funzione dei mobility manager”. Ogni anno questo ente stila, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, un rapporto che prende in esame le maggiori cinquanta città italiane, analizzandone la situazione dal punto di vista della mobilità sostenibile.
Il rapporto 2011 analizza tutta una serie di indicatori tesi a determinare il posizionamento dell’Italia nell’ambito del miglioramento della qualità dei trasporti urbani e interurbani, soprattutto in termini di servizi per la mobilità sostenibile, di impatto ambientale, di congestionamento delle città e delle infrastrutture stradali e, più in generale, di 'cultura dello spostamento' dei cittadini italiani. Il quadro che emerge purtroppo non è dei migliori. Per quanto riguarda uno degli indicatori principali, l’indice di motorizzazione – ovvero la percentuale di autoveicoli per abitante –, su scala nazionale il valore è in leggero calo, dal 61,13% del 2009 al 60,67% del 2010, anche se in 17 città italiane (L’Aquila, Catania e Potenza guidano la classifica) è in aumento.
Molto minore lo stesso dato relativo ai motocicli: 13,25%. Catania è al secondo posto, dopo Napoli, anche per quanto riguarda un’altra importante voce, quella degli standard emissivi dei veicoli circolanti: circa il 55% di essi appartiene alla classe euro 2 o inferiori, mentre nel capoluogo campano i mezzi inquinanti sono addirittura il 60%. La più 'ecocompatibile' da questo punto di vista è Aosta, che vanta un parco mezzi composto all’80% da veicoli euro 4 o euro 5 – attenzione però, perché lo stesso comune ha anche il più alto tasso di motorizzazione del Paese, ben il 201,64%, che pure è in diminuzione.
Per quanto riguarda i carburanti meno inquinanti, seppur in netto aumento (15% in più rispetto all’anno precedente), il loro utilizzo è ancora molto basso: solo il 7,04% dei veicoli circolanti è infatti alimentato a metano o a GPL. La crisi purtroppo influisce negativamente anche su questo aspetto, in particolare per quanto riguarda i contributi statali: dopo il picco del 2009, gli incentivi sono calati quasi dell’80% negli ultimi due anni.
Confortanti sono i dati sugli sforamenti delle PM10, le polveri sottili, rispetto ai limiti imposti dalla legge (40 microgrammi per metro cubo). Sono solo dieci i comuni, fra quelli presi in considerazione, in cui gli sforamenti sono stati superiori a questo livello (Napoli, Ancona e Torino le peggiori), mentre i restanti quaranta rientrano nei parametri, con L’Aquila che addirittura fa segnare un valore pari alla metà di quello consentito dalla normativa. Il diossido di azoto invece, la cui emissione è imputabile ai motori diesel e il cui effetto sulle vie polmonari è grave e molto marcato, ha una concentrazione superiore ai limiti di legge in ben quarantuno città, soprattutto quelle più grandi (Firenze, Palermo, Roma, Torino, Milano).
A proposito della cultura della mobilità, è davvero interessante il dato relativo agli spostamenti che gli italiani sono costretti a effettuare quotidianamente. Quasi un terzo degli intervistati dichiara che nella sua giornata si trova addirittura a dover cambiare comune spostandosi; viene così evidenziata la cattiva abitudine dei nostri concittadini a muoversi troppo, oltre che in maniera irrazionale; quasi il 70% dichiara infatti che per i suoi spostamenti utilizza il mezzo privato. Un’analisi comparata permette inoltre di notare che per quanto riguarda i tragitti extraurbani, la tendenza a muoversi in auto piuttosto che con i trasporti pubblici è in aumento.
Oggetto di una sonora bocciatura è il sistema italiano di car e bike sharing, soprattutto se confrontato con quelli del resto d’Europa. Basti pensare che fra Roma, Milano e Torino sono poco più di trecento le auto disponibili per questo servizio, con un rapporto utente/mezzo che nella capitale raggiunge addirittura lo 0,38, con il risultato che solo lo 0,06% degli abitanti ricorre alla condivisione dell’automobile. I dati riguardanti il bike sharing sono poco migliori; non c’è da stupirsi quindi che quasi l’80% della popolazione non sappia neanche in cosa consiste questo servizio.
Il dato è davvero deprimente se confrontato con quello di altre città europee: a Bruxelles sono disponibili 2500 bici in bike sharing con 80 stazioni, a Parigi 20000 con 1800 stazioni, a Londra 6000 con 400 stazioni. In Italia, per avvicinarsi alla disponibilità della capitale belga, che conta poco più di un milione di abitanti, bisogna sommare la disponibilità di Milano, Torino, Roma, Brescia e Bergamo. Per quanto riguarda il car sharing, a Monaco il servizio può contare su 345 mezzi, mentre a Torino, che ha più o meno lo stesso numero di abitanti ed è la città con la flotta di auto in condivisione più nutrita d’Italia, ce ne sono a disposizione solo 113.
Il dato finale, su base territoriale, premia Torino come la città dotata della mobilità più sostenibile d’Italia, seguita da Venezia, mentre fanalini di coda sono Campobasso – la peggiore –, Foggia e L’Aquila. Non si tratta però di una semplice gara fra comuni per eleggere il più virtuoso in questo ambito. Il rapporto Euromobility evidenzia le gravissime carenze da cui è ancora oggi caratterizzata l’Italia in termini di sostenibilità della mobilità, carenze non solo politico-amministrative ma anche culturali, che hanno pesanti ricadute sulla qualità dell’aria, sulla fruibilità e sulla vivibilità delle nostre città.
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