Immigrazione: l'Europa rivede la convenzione di Schengen

Panorama incerto per il futuro della libera circolazione in Europa. La pressione dei governi italiano e francese per una revisione delle regole di Schengen sembra aver sdoganato il desiderio degli Stati UE di chiudersi nei confini della 'Fortezza Europa'. La Commissione europea, però, non sembra disposta a lasciar compiere passi indietro al Vecchio Continente.

Immigrazione: l'Europa rivede la convenzione di Schengen
Gli accordi di Schengen stabiliscono l'eliminazione delle frontiere comuni tra gli Stati che ne sono firmatari, con il fine di garantire la libera circolazione delle persone al loro interno e di ottenere un controllo maggiore delle frontiere esterne, ma anche dei fenomeni criminali, attraverso la collaborazione tra le autorità e le forze di polizia dei singoli paesi. Gli Stati aderenti al Trattato possono sospendere temporaneamente l'accordo per ragioni di ordine pubblico, come è stato per l'Italia durante il G8 di Genova. Tali sospensioni non dovrebbero tuttavia essere utilizzate come strumenti per restringere la libertà di accesso e circolazione negli Stati membri, né entrare in conflitto con quanto stabilito dalle norme del diritto internazionale umanitario e dalla convenzione sullo status dei rifugiati. Sono state l'Italia e la Francia, alla prese con una crisi diplomatica, a suggerire l'idea di rivedere l'accordo di Schengen per contenere i flussi migratori. Nell'aprile scorso, a seguito dell'arrivo di qualche migliaio di migranti dal Nord Africa, 4mila all'inizio, poi 25mila, il governo italiano ha dichiarato l'emergenza umanitaria e deciso di concedere dei permessi di circolazione transitori a quelli arrivati entro la data del 5 aprile 2011, che aspiravano a raggiungere la Francia e la Germania. La disputa sulla validità dei visti per la circolazione all'interno dell'area di Schengen e la reazione della Francia - che ha iniziato ad ostacolare il passaggio dei tunisini da Ventimiglia, minacciando di ripristinare un vero e proprio controllo alle frontiere - ha condotto alla crisi. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il presidente francese, Nicolas Sarkozy, hanno allora deciso di rivolgersi alla Commissione europea, chiedendo congiuntamente di modificare il Trattato per permettere maggiori possibilità di controllo da parte degli Stati UE. L'adozione, di poco successiva, di una comunicazione sulla governance dei flussi migratori da parte della Commissione europea è stata letta da alcuni europarlamentari come il cedimento alle pressioni di Italia e Francia, tra l'altro giudicate “sproporzionate” rispetto all'effettiva quantità di migranti accolti e alla più sostanziosa accoglienza che altri paesi hanno manifestato in diverse circostanze senza mettere in discussione il principio della libera circolazione delle persone. Un'accusa respinta dalla Commissione, che ha dichiarato di aver iniziato a lavorare alle proposte di modifica del Trattato e di rafforzamento del Frontex (l’Agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne degli Stati dell’Unione europea) già un anno fa, mentre altri eurodeputati hanno segnalato la necessità di procedere ad un chiarimento delle norme attuali, sia per la difficoltà di interpretazione di alcune regole, che per rispondere al più complesso scenario geopolitico. Prima che le proposte della Commissione potessero essere discusse dai ministri degli interni degli Stati UE, l'11 maggio scorso la Danimarca ha annunciato l'intenzione di reintegrare i controlli ai confini con la Svezia e la Germania, scatenando il dibattito sulla fine imminente di Schengen, salvo poi assicurare di essersi riferita a semplici controlli doganali, ammessi dal Trattato. Il Trattato quindi non dovrebbe saltare e nessun paese sembra, per ora, essere intenzionato ad uscirne, ma neanche sarà confermato nella sua forma attuale; sulla rilevanza delle modifiche e sulla discrezionalità con cui gli Stati membri potranno gestirlo non è ancora possibile pronunciarsi. La Commissione mira a difendere il principio di Schengen, ma è già disposta ad accettare, anche se sotto una stretta regolamentazione, il ripristino dei controlli per rispondere a eccezionali pressioni migratorie, pur di evitare soluzioni unilaterali da parte dei governi nazionali. La deroga a Schengen potrebbe però divenire molto più frequente dell'ultima ratio prospettata dalla commissaria UE per la sicurezza e l'immigrazione, Cecilia Malmström, qualora gli Stati membri decidessero di non affidare il ruolo di guida alla Commissione, ma di coordinarsi tra loro stessi, ad esempio tramite riunioni dei ministri degli interni dei singoli paesi. Questa possibilità è stata suggerita, appunto in occasione di un vertice tra questi ministri europei il 12 maggio scorso, dal ministro degli Interni francese, Claude Guéant, interpretando un fastidio diffuso all'idea di lasciare decisioni così importanti per le politiche nazionali ad un organismo sovranazionale. In particolare Guéant ha suggerito di assegnare il coordinamento al Consiglio Affari interni che, valutate le decisioni da prendere caso per caso, istruirebbe direttamente il Frontex. Se questa opzione dovesse essere accolta al prossimo vertice del 24 giugno, il prevalere degli egoismi nazionali potrebbe condurre a una forte stretta alla libertà di movimento nell'area, lasciando ancora minori speranze per chi guarda all'Europa come all'unica via di salvezza e di possibilità di futuro.

Commenti

Rimarrà la libera circolazione degli oggetti e dei beni, assai più importanti, in questa civiltà, delle persone
Marco B., 18-07-2011 09:18

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