Fame nel mondo e massacro degli animali, allevamenti intensivi e crisi. Sono istanze sconnesse o facce della stessa medaglia? Vi proponiamo la lettera aperta di un nostro autore indirizzata all'italiano medio.
Dunque è capitato anche a te di veder tirare fuori, alle porte dello scorso Natale, la storiella dei bambini che muoiono di fame. Ed è capitato anche a te di vederla tirar fuori a proposito del tuo "orribile" (così è stato definito) impegno a favore degli animali. Ma innanzi tutto perché la chiamo storiella? Non è forse vera? Sì, è vera, e dunque non è una storiella bensì una tragedia. Diventa una storiella quando viene usata in quel modo.
Sono passati più di trent’anni da quando dalle varie feste dell’Unità "sono finalmente scomparsi quegli orribili manifesti sulla fame nel mondo" (disse così un tale che frequentavo a quei tempi), non molti di meno da quando Marco Pannella ci assordava ogni giorno con questa fastidiosa storia, ma non per questo la gente ha smesso di morire. Migliaia di bambini al giorno, dicono quei pochi che ancora se ne occupano. E non solo i bambini ovviamente. La tragedia continua ogni giorno. E tu ti occupi “degli animali”. Che cosa orribile!
Non è la prima volta che sento questi discorsi. La Chiesa cattolica è specializzata nel farli, e molti le fanno eco anche all'interno della sinistra più genuina. Fa un certo effetto vedere gesuiti e marxisti andare a braccetto, ma quando si tocca il tasto degli "animali" accade perfino questo. Io di solito taccio; anche quella sera sono stato zitto, e forse ti sei domandata perché. Non che non abbia una risposta, ma il fatto è che mi sono imposto di rispondere solo a coloro che fanno per gli umani almeno tanto quanto tu fai per "gli animali".
Oggi tuttavia ho cambiato idea. Perché col tempo ho dovuto accorgermi che da tali persone questi discorsi non vengono mai. Magari essi sono indifferenti verso "gli animali" ma condannare in maniera così aggressiva e grossolana coloro che se ne prendono cura, no, nessuno di loro lo fa. Questi discorsi vengono fuori solo da coloro che non fanno nulla né per gli uomini né per "gli animali". E dunque mi sono reso conto che questa mia decisione mi imponeva il silenzio perenne, facendo sì con ciò che l’unica voce fosse la loro: quella di coloro che negano valore a una tragedia per la quale non fanno nulla invocando come giustificazione un’altra tragedia per la quale non fanno identicamente nulla.
Dunque il tuo impegno per "gli animali" è "orribile" per via dei bambini che muoiono di fame. La prima cosa da domandarsi è perché muoiono di fame. E da quando. Il senso comune vuole che ciò accada perché vivono in paesi "sottosviluppati", così primitivi da non essere in grado nemmeno di procurarsi la più basilare di tutte le risorse: il cibo.
Come spesso accade quando c’è di mezzo quel corposo e contorto prodotto dell’immaginario che è il senso comune, non è così. Raramente nel corso della storia umana le carestie sono state eventi abituali o peggio cronici. La maggior parte dei popoli privi di economia industriale viveva organizzata in una stabile ed efficace economia di villaggio che ci hanno abituati a chiamare "economia di sussistenza" quando sarebbe stato più corretto usare un concetto che all’occidente rampante della società dei consumi è sconosciuto: l’economia di sufficienza. Poi siamo arrivati noi, i rampanti, quelli progrediti, quelli superiori, quelli civilizzati, siamo arrivati a portare il progresso. Sì, insomma, il colonialismo. Le economie di villaggio sono state distrutte e al loro posto è stato impiantato un efficiente apparato di dominio e rapina. È cominciato l’afflusso di risorse di ogni genere dal cosiddetto terzo mondo verso l’occidente industrializzato, dunque “civile”; “civile” perché industrializzato. Questo apparato esigeva ed esige per l’occidente risorse di ogni genere: minerali, petrolio, prodotti agrari, piante industriali, ma soprattutto foraggio per gli allevamenti: cereali e soia prodotti in gigantesche quantità, su enormi estensioni di terreno sottratte alla gente del luogo e all’alimentazione umana. Migliaia di bambini dunque muoiono ogni giorno di fame mentre enormi quantità di cibo vengono divorate loro malgrado da 1.380.000.000 (un miliardo e trecentottanta milioni) di bovini destinati a loro volta a essere massacrati affinché sia soddisfatto l’insano capriccio di pochi di ingozzarsi quotidianamente di carne. 80 Kg all’anno ne consuma un italiano; sì, anche lui, quell’italiano che considera “orribile” il tuo impegno per “gli animali” ma non a quanto pare il suo ingozzarsi di carne che massacra quei bambini che considera tuo dovere salvare.
Ma non è questo l’unico modo in cui egli li massacra. Come sai è un dirigente di un’industria che produce capi di abbigliamento. E da dove viene la materia prima del nostro abbigliamento - sempre all’ultima moda per carità - se non nuovamente da lì, dal "terzo" mondo?
Quando, durante un recente incontro sulla Decrescita a Milano, parlai della carestia che si verificò in Etiopia nel 1984, uno dei pochi vegetariani presenti ci disse poi che lui quell’anno in Etiopia c’era, era uno dei volontari andati a prestare soccorso alla gente. Egli vide i morti, e vide i campi rigogliosi. Non solo di cereali ma anche di cotone, quel cotone che serve alle aziende come la sua per confezionare le magliette che noi usiamo una stagione e poi, con sua soddisfazione, buttiamo "perché non sono più di moda" per comprarne altre confezionate nello stesso modo. Ecco perché migliaia di bambini ogni giorno muoiono di fame. E ancora una volta ecco chi ne ha la responsabilità: lui. Con tutti noi che siamo suoi clienti, naturalmente.
Ma la versione ufficiale dei fatti è un’altra: quei bambini muoiono per colpa tua, perché ti occupi "degli animali" e non di loro.
Adesso tuttavia ti domando: tu conoscevi già quest’ultimo aspetto di costui, il suo essere un uomo in carriera, dedito alla religione degli affari, del denaro come fine ultimo, quello di perfetto esponente della società della crescita insomma; quella sera lo hai conosciuto anche come sprezzante censore della solidarietà verso "gli animali". Ma non ti è mai venuto in mente che queste due cose fossero in realtà due manifestazioni indissolubili di un’unica cosa?
Immagina un mondo in cui il fine ultimo non sia produrre per produrre sempre di più, guadagnare per guadagnare sempre di più, consumare per poter consumare sempre di più, bensì la tutela della Terra come casa comune di tutti gli esseri viventi che la popolano, interconnessi e necessari gli uni agli altri; il rispetto per ogni forma di vita, dunque. La quasi totalità delle attività di quelli come lui diventerebbe semplicemente impossibile, sarebbe vista per ciò che è: un crimine contro la vita.
Per produrre sempre di più bisogna devastare la Terra sempre di più, e per sentirsi in diritto di farlo bisogna considerare i suoi abitanti non umani (nonché una non trascurabile parte di quelli umani) come cose a nostra totale disposizione. È per fornire questa giustificazione posticcia che è nato ciò che oggi, in un incongruo filosofese, chiamiamo antropocentrismo. È per potersi sentire in diritto di continuare a fare ciò che fanno, che il loro mondo inculca il disprezzo per "gli animali".
Vediamo ora l’altro lato della medaglia. Mi hai visto e mi vedrai ancora al tuo fianco nei tuoi "orribili" traffici in favore degli "animali" e mi hai anche visto darmi da fare per coltivare un orto, per dotare la mia casa di un impianto solare, per utilizzare l’acqua piovana, per sottrarre un pezzetto di questo pianeta a un balordo che (nella tua più totale indifferenza) lo sta devastando e altro ancora. Non hai pensato che fra queste cose ci sia una connessione? Che esse siano anzi diverse manifestazioni pratiche di un’unica cosa? Perché il tuo impegno per "gli animali" sarà solo la classica fatica di Sisifo se intorno a te il mondo umano continua a essere come quell’uomo e le innumerevoli orde dei suoi simili lo vogliono, se si perpetua intorno a te quella cultura necrofila dell’egoismo stupido, del dominio e dell’indifferenza che provoca ogni giorno milioni di vittime fra tutte le specie viventi, uomo compreso.
Sta in questo la connessione, l’inesistenza di qualsiasi distanza fra il tuo "orribile" impegno per "gli animali" e il mio altrettanto "orribile" impegno per uscire dal dominio del denaro. Sono soltanto due volti diversi e inseparabili della stessa cosa.
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