Ad una settimana di distanza dalla catastrofe ambientale che ha colpito l’Ungheria sale l’allerta per una nuova possibile fuoriuscita di fanghi tossici. In una corsa contro il tempo, ora si cerca di ultimare la costruzione di un argine protettivo. Intanto il WWF Ungheria annuncia che la catastrofe si poteva evitare.
Il 4 ottobre circa un milione di metri cubi di fanghi tossici, prodotto di scarto della produzione di alluminio, sono fuoriusciti dal bacino della fabbrica di Ajka e si sono riversati su villaggi e corsi d’acqua nell’Ungheria occidentale. Sette vittime, un disperso, 123 feriti, contaminazione di diversi corsi d'acqua, tra cui il Danubio.
Adesso, mentre ancora si stila il bilancio della catastrofe ecologica avvenuta lunedì scorso, sale l’allerta per il rischio di una nuova imminente inondazione: il villaggio ungherese di Kolontar è stato evacuato in seguito alla scoperta di nuove crepe trovate nella diga danneggiata del bacino, da cui sono fuoriusciti i fanghi. Gli abitanti sono stati trasferiti in alloggi d’emergenza.
"La situazione è molto grave e non voglio creare grandi speranze - ha affermato il premier Viktor Orban in una conferenza stampa improvvisata nella località di Ajaka -. Se la diga del serbatoio cede, sono 500.000 metri cubi che verranno sversati".
In una corsa contro il tempo, si sta cercando di ultimare la costruzione di un argine per proteggere il paese da una nuova probabile fuoriuscita di fango tossico.
"Speriamo di finire la diga entro domani – ha detto oggi alla rete privata TV2 Peter Szijjarto, portavoce del primo ministro –. Sono al lavoro 4.000 persone e 300 macchine e dunque stiamo facendo del nostro meglio per impedire un'altra tragedia". La struttura protettiva – alta sei metri, lunga 600 e con base di 30 metri – è situata vicino ai due comuni colpiti (Kolontar e Devecser) a circa 1,5 km dal deposito.
Secondo il WWF Ungheria, quella avvenuta pochi giorni fa è stata una tragedia annunciata: già nel mese di giugno alcune fotografie aeree - scattate da una squadra della società InterSpect - mostravano il danneggiamento della parete del serbatoio che ha determinato il disastro. Segno che nonostante ci fossero strumenti di prevenzione e monitoraggio ambientale, questi non siano stati tenuti in considerazione. La catastrofe, sostiene insomma l’associazione, poteva essere evitata. Adesso è lecito chiedersi perché non è accaduto.
Ale.Pro.