Fine e (forse) principio

Dalla caduta di Silvio Berlusconi alle alluvioni in Liguria, sino al malessere e la crisi economica nelle parole di straordinaria attualità scritte nel 1932 da Philippe Babier Saint Hilaire: “dovunque ci si giri non si vede che disordine, confusione, malessere, intrigo, conflitto”. È la fine e (forse) principio.

Fine e (forse) principio
Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, il detto popolare in sintesi fotografa la fine di B. che, guarda caso, avviene a breve distanza di quella più cruenta di quello che si riteneva un amico di B.: Gheddafi. I mille escamotages, le astuzie, il Parla-mento trasformato in un luogo dove si compravano e si vendevano i deputati, tutto questo è finito grazie alla crisi economica globale. I trucchetti dell’uomo della Provvidenza (sempre e prima di tutto la sua) sono finiti. Siamo ultimi in Europa e non abbiamo ancora un ricambio, alias un’opposizione vera. Ma c’è appunto qualcosa di non troppo vago, quella specie di soprassalto che mise improvvisamente in un canto B&B&B, e cioè tutta la nostra classe politica, per regalarci improvvisamente e inaspettatamente la vittoria ai referendum. Prenderà corpo questa specie di maggioranza silenziosa? Presterà la sua voce inequivocabile nel momento della crisi? È ancora presto per dirlo. La crisi è quella del capitalismo planetario di cui noi siamo dei curiosi, variopinti nonché tristissimi esempi. Già, la pioggia. Quello che è accaduto in Liguria e alle Cinque Terre ci ha rimandato alle tristi immagini delle frane e allagamenti nelle favelas brasiliane. Siamo diventati un popolo che non vede, non sente e non parla e di qui l’estendersi a Nord di mafia e ‘ndrangheta. La Liguria di Scajola e della mega centrale cancerogena a carbone di Vado Ligure (di De Benedetti, quello della tessera n.1 del Pd) è diventata terra di ‘ndrangheta. E ti pareva? La cementificazione selvaggia della costa e quindi di ogni metro quadro attorno ai fiumi e ai torrenti ha fatto il resto. I responsabili? Al solito la speculazione (di destra e di sinistra), i soliti noti, l’incuria, l’omertà, l’avidità… Philippe Babier Saint Hilaire era quel che si dice una mente brillante. Di famiglia benestante si era laureato ingegnere alla prestigiosa Ecole politecnique di Parigi, ma i suoi interessi spaziavano, la Cabala prima, la Società Teosofica poi. Dopo la prima guerra mondiale chiese il permesso alla famiglia di fare il grand tour nell’estremo Oriente: Vietnam, Mongolia, Giappone e poi l’India dove finalmente si fermò nell’ashram di Sri Aurobindo a Pondicherry. Non tornò più in Europa, né fece l’ingegnere. Adottò il nome sanscrito di Pavitra, col quale Mère, che sovrintendeva alla vita dell’ashram, l’aveva ribattezzato e si prendeva cura (era ingegnere no?) delle due vecchie auto che servivano per la vita dell’ashram. Nel 2001 sono uscite a cura del nipote le lettere che nell’arco quasi di 40 anni indirizzò principalmente al padre. Un profondo e curioso rapporto, il padre gli rimproverava sempre il suo allontanamento e la sua scelta di vita e Philippe-Pavitra con molta serenità gli rispondeva e obiettava. Solo una volta il padre, proprietario di una fromagerie sulla riva della Saone, in piena crisi epocale, il crollo di Wall Street, si rivolse al figlio in India, non per i consueti rimproveri per le sue scelte di vita, ma... per chiedere lumi. Estraggo qualcosa della risposta, che più attuale non si può (6 febbraio 1932!) di Philippe: “Dovunque ci si giri non si vede che disordine, confusione, malessere, intrigo, conflitto, guerre in luogo della pace e dell’abbondanza che avrebbero dovuto seguire alla padronanza delle forze naturali realizzata dalla scienza... Che ne verrà fuori (dal crollo di Wall Street n.d.t)? Mi pare che le radici del male siano troppo profonde perché una semplice crisi economica sia sufficiente a farci guarire dagli errori del passato. Bisognerebbe che il mentale umano accettasse la lezione, che riconoscesse l’esistenza d’altri valori, più elevati e più veri, di quelli che ha messo al primo posto delle sue preoccupazioni. Il potere che l’uomo ha preso sulla natura fa sì che ogni suo errore abbia conseguenze infinitamente più gravi che nel passato…”. E tuttavia i segni, per chi li vuol cogliere, dell’assolutamente inedito, dell’assolutamente giovane, dell’assolutamente, silenziosamente in formazione. La povera mucca consuma 6 per dare 1 in carne. Potrà mai continuare così? E i poveri polli di concentramento? E i cancri e le polveri sottili? Potranno mai continuare ad alimentare le multinazionali del farmaco? Siamo prossimi e definitivamente al capolinea.

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