Oltre 60 organizzazioni della società civile firmano un documento che chiede ai Governi e alle istituzioni finanziarie di porre un freno al finanziamento del land grabbing. I firmatari chiedono di mettere fine alla speculazione su tutta la catena alimentare, a partire dalla terra.
Il fenomeno del land grabbing sta dilagando in tutto il mondo. L'accaparramento globale dei terreni fertili sta privando le comunità locali dei loro beni primari, la terra, l'acqua, il cibo, e la colpa – attenzione - potrebbe essere anche tua!
Milioni di ettari di terre agricole sono stati ceduti a prezzi irrisori negli ultimi anni, calpestando i diritti delle popolazioni. Per colpa di chi? Chi può essere interessato a un enorme lotto in Etiopia o a un gigantesco appezzamento in Paraguay?
Dopo la crisi alimentare del 2007-2008 l'interesse del mercato è cresciuto a dismisura: alcuni Stati si sono aggiunti alla scena e hanno iniziato ad acquisire enormi terreni per esternalizzare la produzione agricola, quando la loro geografia non permetteva di soddisfare tutta la domanda.
Gli stati del Golfo, per esempio, invece di subire le oscillazioni del mercato con le loro imponenti importazioni, hanno deciso che era meglio produrre altrove, impiantando sterminate monoculture in Africa o in Australia. La domanda di agro-carburanti ha dato un'ulteriore spinta in questa direzione, incoraggiando la coltivazione di vegetali trasformabili in energia come la jatropha o il mais.
Negli ultimi anni, però, gli attori più agguerriti nella spartizione dei terreni si sono rivelati i fondi di investimento e, in particolare, i fondi pensione. Molti grandi organismi finanziari, sia pubblici che privati, hanno iniziato a speculare sui terreni agricoli: questo tipo di investimenti attira tra i 5 e i 15 miliardi di dollari ed è destinato a raddoppiare entro il 2015 (GRAIN, 2011).
L'Ong GRAIN ha diffuso una lista dei fondi pensione coinvolti negli investimenti sui terreni fertili. Tra questi, anche alcuni fondi che gestiscono le pensioni di intere categorie. In California, per esempio, gli ex-insegnanti affiliati alla TIAA-CREF, hanno scoperto che i loro risparmi stavano contribuendo a finanziare ingenti acquisizioni di terra in Australia, Brasile e Polonia.
In Danimarca, il fondo pensione pubblico PKA ha investito quasi 50 milioni di dollari in un fondo di investimento (il SilverStreet Capital's Silverland Fund) specializzato nell'acquisizione di terreni agricoli in Africa. Insomma, nessuno è al riparo: se non esiste un quadro legale che controlli la speculazione e obblighi gli organismi di investimento a una totale trasparenza, chiunque di noi può essere complice di questa ondata di speculazioni sulla terra.
Di fronte a questa situazione, Slow Food ha sottoscritto con oltre 60 organizzazioni della società civile un documento che chiede ai Governi e alle istituzioni finanziarie di mettere fine al finanziamento del land grabbing. I firmatari chiedono di mettere fine alla speculazione su tutta la catena alimentare, a partire dalla terra, di fare prova di trasparenza, rendendo pubblico qualsiasi tipo di coinvolgimento – anche indiretto – con la speculazione sui terreni fertili, di sottoporsi a valutazioni indipendenti che possano accertare il potenziale impatto degli investimenti.
Il 26 giugno scorso si è aperto a Londra l'Agricultural Investment Summit: i più grandi investitori sono invitati, leggiamo sul sito, a “valutare quali metodi di accesso si adattino meglio agli obiettivi del loro portafoglio” e a “liberare il potenziale delle opportunità di investimento all'estero”.
Il dramma è che molti di quei contesti definiti come “opportunità di investimento” hanno un effettivo bisogno reale e immediato di finanziamenti: non di interventi speculativi per ingrassare il portafoglio degli investitori, però, ma di reali investimenti per accompagnare lo sviluppo locale.
Fonte: Sloweb