di
Andrea Degl'Innocenti
13-03-2012
In concomitanza con il World Water Forum in corso a Marsiglia, organizzato dalle multinazionali, gli attivisti dell'acqua di tutto il mondo si sono dati appuntamento nella città francese per un forum alternativo, in cui discutere degli sviluppi futuri della lotta globale per la preziosa risorsa. Intanto, alcuni attivisti italiani sono stati fermati dalla gendarmeria locale senza alcun motivo.
A Marsiglia si sta decidendo il futuro dell'acqua. Migliaia di attivisti, associazioni, organizzazioni non governative, cittadini provenienti da tutto il mondo si sono dati appuntamento da 10 al 18 Marzo per discutere assieme dell'utilizzo, la distribuzione e la gestione delle risorse idriche del pianeta, uno dei temi più attuali e urgenti a livello globale. Come dite? Ne avete sentito parlere? È il World Water Forum? Tutt'altro. Si tratta del FAME, il Forum Alternativo Mondiale dell'Acqua.
Già perché a Marsiglia, praticamente in contemporanea, si svolgono due forum, simili nel nome ma completamente opposti negli intenti (quelli reali, non dichiarati). Il primo, di cui parlano tutti i giornali, è il World Water Forum, il Forum mondiale dell'acqua, in programma dal 12 al 16 Marzo. Tutti ne parlano come di un appuntamento aperto e democratico, gestito dall'Onu e che coinvolge 150 paesi, che affronta l'emergenza idrica mondiale e si adopera per trovare soluzioni sull'accesso all'acqua. Ma la realtà è un'altra.
Il World Water Forum è un incontro programmato dalle multinazionali dell'acqua, come Veolia (ex Vivendi), Suez e Acea, dalla Banca Mondiale, sotto l'ala protettiva dell'Onu. Se si scava oltre la crosta superficiale, oltre i toni concilianti della stampa, ci accorgiamo che il World Water Forum altro non è che un modo informale per spartirsi la proprietà delle risorse idriche del pianeta, e stabilire le politiche di gestione (privata).
Ecco come Jacques Cambon, un attivista di Attac in carica della commissione acqua, definiva il WWF su un articolo del quotidiano francese La Marseillaise: "Il forum ufficiale è un evento commerciale. Le multinazionali hanno già dimostrato la loro incapacità di risolvere il problema, un grosso problema dal momento che c'è un miliardo di persone senza accesso all'acqua potabile. Ma le multinazionali non sono lì per dare l'acqua, ma per venderla. Questo è logico in quanto, quello che fanno è investire e vendere a un prezzo pari agli ammortamenti e profitti. Ma la questione dell'accesso all'acqua per i più poveri, coloro che non possono pagare, rimane".
Questa tendenza privatistica e commerciale - e molto poco filantropica, a dispetto degli intenti dichiarati – emerge chiaramente persino dalla risoluzione che il Parlamento europeo ha trasmesso ai propri portavoce presenti al Forum. Un documento in cui non v'è accenno ad una possibile gestione pubblica dell'acqua, né ad un minimo vitale che debba essere garantito a chiunque, né tanto meno alla partecipazione della popolazione. Se questi sono gli intenti dei parlamentari europei, figuriamoci quelli delle multinazionali.
Per fortuna, come dicevamo in avvio, a Marsiglia c'è anche un secondo forum. Il Forum Alternativo Mondiale dell'Acqua, nasce proprio in risposta al WWF. Gli attivisti giunti da tutto il mondo sono portavoce di un'idea diversa sulle questioni riguardanti l'accesso all'acqua, la sua gestione e distribuzione - e inscindibilmente di una visione diversa della società, del mondo.
Il FAME raccoglie tutti quei movimenti che in varie parti del pianeta si battono costantemente contro quei poteri forti che considerano l'acqua come una fonte inesauribile di profitto, una risorsa strategica, dunque la usano per tenere sotto scacco intere popolazioni. Obiettivo del Forum alternativo è proprio quello di affidare alle persone – non alle corporazioni – la ricerca di soluzioni e la definizione di politiche reali nel mondo dell'acqua.
L'incontro è un momento di condivisione delle esperienze particolari di ogni realtà, ma anche di formazione. Si analizzano i casi in cui le multinazionali hanno fallito, da Jakarta al Gabon, da Buenos Aires a Cochabamba, cercando di trovare i punti deboli della gestione privata. Dall'altro lato si espongono i casi e i modelli di gestione partecipata che funzionano e possono essere fonte di ispirazione.
Dal Forum alternativo usciranno le strategie comuni di lotta alla dittatura privata dell'acqua, con particolare attenzione al contesto europeo, dato che le politiche ultraliberiste dell'Ue sembrano uno dei nemici principali per chi crede in una gestione pubblica e partecipata. In questa direzione, è in corso di elaborazione la Carta della Rete Europea dei movimenti per l’acqua, concepita – e sviluppata in modo embrionale – a Napoli nel dicembre scorso, ma che necessita di ulteriori dibattiti e approfondimenti.
Insomma Marsiglia diventa per una settimana terreno di scontro fra due concezioni completamente diverse del mondo, della democrazia, della partecipazione. Da un lato chi lotta per i beni comuni, e ritiene che “la privatizzazione dei beni e dei servizi pubblici e la mercificazione dei mezzi di sostentamento dei poveri non sono che un vero e proprio furto ai danni della sicurezza economica e culturale dei popoli” (nelle parole della storica attivista e ambientalista indiana Vandana Shiva); dall'altro chi sogna “la privatizzazione di ogni centimetro quadrato del pianeta […] ogni metro cubo di acqua o d'aria” (dichiarato da Michael Walker, ex-direttore esecutivo del Fraser Institute, uno dei principali think thank del libero mercato).
Uno scontro non solo metaforico, se è vero che ieri i portavoce del Forum italiano dei movimenti per l'acqua, giunti a Marsiglia, sono stati immediatamente bloccati dalla gendarmeria francese, senza motivo apparente. Una decina di persone è stata condotta in commissariato. Attualmente tutti gli attivisti sono stati rilasciati senza che sia stata fornita loro alcuna spiegazione dell'accaduto.
Fra idee opposte, strategie e scontri la guerra globale per l'acqua continua. I due forum di Marsiglia non sono che un segmento di un fronte molto più ampio. I movimenti in lotta per il bene comune si oppongono alle multinazionali che cercano il profitto. L'acqua, “trasparente e in movimento” (come la definisce l'attivista boliviano Oscar Olivera), sappiamo già da che parte sta.
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