di
Laura Pavesi
18-11-2011
Esistono molte ragioni per essere ottimisti riguardo al futuro delle popolazioni tribali di tutto il mondo, che da molti anni si battono per la loro sopravvivenza, per le loro terre ancestrali e per il riconoscimento dei loro diritti. Secondo il rapporto di Survival International, infatti, la situazione sta migliorando a livello globale.
Da qualche anno a questa parte, i popoli tribali del mondo, che per secoli si sono visti sottrarre le terre e hanno subito violenze e oppressioni di ogni tipo, stanno riportando una vittoria dopo l’altra nei confronti dei rispettivi governi e di società multinazionali che vorrebbero sfruttare le risorse naturali presenti nei loro territori. La situazione sta migliorando a livello globale e l’epoca in cui intere tribù potevano essere annientate senza che nessuno se ne accorgesse o muovesse un dito, sta finendo - come ha reso noto Survival International, organizzazione non governativa che dal 1969 si batte per il riconoscimento dei diritti delle popolazioni native, non accetta denaro da alcun governo nazionale e sopravvive grazie alle donazioni.
Oggi esiste ben più di una ragione per essere ottimisti sul futuro delle popolazioni tribali. Innanzitutto, le notizie delle sopraffazioni perpetrate nei confronti dei popoli nativi fanno il giro del mondo e riempiono i titoli di testa di giornali e telegiornali. E’ il caso degli Yanomami in Brasile: la campagna d’informazione internazionale ha garantito loro il diritto di vivere nelle loro terra ancestrale, che è anche una delle maggiori aree protette di foresta tropicale del pianeta. I tribunali emettono molte più sentenze che sono sia favorevoli ai nativi, sia vincolanti per i governi. I Boscimani del Kalahari sono riusciti a ritornare nelle loro terre e a riattivare il pozzo (che era stato costruito da loro e che forniva acqua potabile a tutta la comunità) che era stato illecitamente sigillato dal governo del Botswana.
Il movimento per i diritti dei popoli nativi oggi è più vasto che mai: le colline sacre dei Dongria Kondh in India, ad esempio, sono state salvate dallo sfruttamento di una grossa compagnia mineraria grazie ad un appello internazionale. Fino a poco tempo fa, le tribù incontattate che morivano a causa di violenze e malattie portate dall’esterno, per l’opinione pubblica semplicemente “sparivano”. Oggi, la maggior parte delle terre ancestrali rientra in aree protette - almeno sulla carta - e l’invasione delle loro terre è vista come una delle peggiori violazioni dei diritti umani.
Il velato razzismo che etichetta i popoli tribali come “primitivi” e “arretrati” viene apertamente criticato e contestato. Le popolazioni tribali vengono sempre più considerate come gli “original scientists” - i primi scienziati del pianeta. Esse hanno sviluppato molti degli alimenti base del pianeta, come le patate, che oggi sfamano il 15% della popolazione mondiale. Senza parlare di un alimento come il cioccolato, che si stima venga utilizzato da 83,2 milioni di persone sul pianeta.
Senza la loro conoscenza botanica, molte medicine non sarebbero mai state elaborate dall’industria farmaceutica - prima tra tutte l’aspirina, il cui principio attivo si trova nella corteccia del salice bianco, che i nativi americani facevano bollire per guarire dal mal di testa
Inoltre, è ormai assodato che i popoli tribali sono i migliori guardiani del mondo naturale e dell’ambiente. Nelle regioni nelle quali i nativi sono autorizzati a vivere nelle loro terre, la copertura forestale e la biodiversità sono di gran lunga maggiori che in qualsiasi altra area protetta, poiché essi sperimentano ogni giorno qualcosa che molti di noi hanno dimenticato: che l’uomo non è separato dalla natura e che senza di essa non può sopravvivere.
Per oltre 500 anni, qualcuno ha continuato a ripetere che la sparizione dei popoli tribali era solo “una questione di tempo”, mentre oggi, nonostante le tribù di tutto il mondo abbiamo oltremodo sofferto, la loro sparizione non è affatto scontata. I popoli tribali non sono spaventati dal progresso, ma dalla nozione di progresso che hanno le società diverse dalla loro. Nel solo 2011, oltre 100 tribù in tutto il mondo hanno rifiutato i contatti con l’esterno, perché coscienti delle prevaricazioni e delle malattie che possono devastare le loro comunità. La legislazione internazionale sta, finalmente, mettendo a punto e fornendo ai popoli tribali tutti gli strumenti per difendere i propri diritti. Dove i loro fondamentali diritti umani vengono rispettati, le società tribali sono più che mai vive, creative e progredite.
Secondo Survival International, oggi è indispensabile focalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica non solo sui rischi che corrono le comunità tribali, ma anche sui crescenti successi da loro riportati. “Dal 1969”, ha dichiarato Survival Italia, “l’atteggiamento del mondo “sviluppato” nei confronti delle popolazioni tribali è mutato oltre ogni migliore aspettativa: prima di allora, la scomparsa o l’assimilazione dei tribali veniva data per scontata; oggi, almeno in alcune regioni, si comincia a riconoscere l’importanza della loro esperienza e dei loro valori, oltre che i loro diritti inalienabili alla vita e alla terra. Siamo convinti che l’opinione pubblica possieda la forza per cambiare realmente le loro sorti. Grazie alla sua presa di posizione, per i governi e le aziende sarà sempre più difficile perseguitare le popolazioni tribali, e - un giorno - diventerà impossibile”.
Commenti