Giornata internazionale della montagna: riflessioni su un reale cambiamento

Le montagne sono uno dei primi baluardi degli ecosistemi naturali che subiscono le disastrose conseguenze dell'attività invasiva della specie umana. La ricorrenza mondiale appena celebrata, che si ispira alla loro salvaguardia, è un'occasione per ripensare il nostro modo di vivere sul pianeta e le nostre esistenze

Giornata internazionale della montagna: riflessioni su un reale cambiamento
Alcuni giorni fa, esattamente l'11 dicembre, si è celebrato l'International Mountain Day, istituito dalle Nazioni Unite nel 2003, con il triplice scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza delle montagne per la vita sulla terra; di evidenziare le opportunità e gli ostacoli per una loro valorizzazione sostenibile; e di creare partnership che portino a dei cambiamenti positivi per le montagne e gli altipiani del pianeta. Il tema di quest'anno è stato "Mountains - Key to a Sustainable Future": capire quanto le montagne siano fondamentali per spingere il mondo verso una crescita economica sostenibile. L'importanza di questi colossi è infatti straordinaria: essi sono il serbatoio del mondo, perché forniscono acqua dolce a oltre metà della popolazione mondiale, ospitano una ricca varietà di piante e animali, e rappresentano la dimora di 850 milioni di persone, ovvero il 12% della popolazione del pianeta. I popoli che vi risiedono hanno imparato, generazione dopo generazione, a sopravvivere in un ambiente più avaro della pianura e della collina, affrontando i pericoli naturali e sviluppando un uso sostenibile del territorio. Tuttavia, i cambiamenti climatici e la crescita della popolazione stanno esasperando le difficoltà tipiche dell'ambiente montano, aumentando la vulnerabilità ai disastri. Questi fattori, secondo le Nazioni Unite, stanno spingendo molti contadini a spostarsi in altitudine, verso aree marginali e pendii ripidi, provocando una perdita di foresta. Si sottolinea soprattutto il fatto che in tale contesto, le popolazioni montane, tra le più povere e con maggiori problemi di insicurezza alimentare, sono decisive per il mantenimento degli ecosistemi montani e dovrebbero dunque avere voce in capitolo nella gestione delle risorse forestali locali, dalle quali dipendono, nonché condividere i benefici del loro uso e della loro conservazione. Secondo Eduardo Rojas-Briales, vice direttore generale della Fao per il settore Foreste, «lo sviluppo sostenibile delle foreste di montagna richiede, e merita, un posto preminente nell'agenda politica internazionale. I policymakers nazionali dovrebbero prendere in considerazione l'importanza di proteggere e conservare le foreste montane e integrare questi aspetti nelle politiche di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico». Fin qui niente di nuovo e niente di opinabile. Una celebrazione che pone l'attenzione sul futuro nero del nostro pianeta. E due istituzioni mondiali, l'Onu, e la Fao in particolare, che lanciano l'ennesimo allarme ai governi di tutto il mondo, affinché si preoccupino di salvarlo. Ma crediamo davvero che il mondo verrà salvato dai "policymakers"? Crediamo davvero che si potrà attuare uno sviluppo sostenibile che, peraltro, è una contraddizione in termini? Noi crediamo di no. Ecco perchè, trattando questo tema, non può non venire in mente il libro di Paolo Ermani e Valerio Pignatta, Pensare come le montagne, un manuale teorico-pratico che unisce riflessione e azione, e che si basa sull'idea del cambiamento dal basso, sulla gioia e sulla speranza che infondono pratiche già ben avviate. Il titolo evocativo che ci spinge a pensare e comportarci in modo tale che nel lungo periodo ci possa essere un futuro per tutti, si ispira ed è un omaggio al lavoro di Aldo Leopold, ecologo statunitense della prima metà del Novecento, considerato oggi uno dei padri dell'ambientalismo scientifico, nonché una delle figure ispiratrici del movimento radicale ecologista Earth First! Un capitolo di un suo noto libro era appunto intitolato “Pensare come una montagna” e in esso affrontava per la prima volta il tema degli effetti a cascata sull'ecosistema quando un carnivoro interviene sulla catena alimentare e della necessità di porsi nello stato d'animo di avere visioni di lungo termine come appunto la maestosità della montagna e la sua storia lasciano saggiamente intravedere. La funzione della wilderness e del lavoro certosino del montanaro, impostato alla salvaguardia della Natura e alla sua sopravvivenza in ambiente sfavorevole, con la sua cascata di valori aggiunti come risparmio, sobrietà, semplicità, condivisione, aiuto reciproco ecc. dovrebbero costituire una base di partenza per l'edificazione di un nuovo rapporto con l'ambiente. Ambiente che sta invece per essere definitivamente distrutto dai comportamenti umani aggressivi, sebbene dei percorsi per uscire da questa situazione si siano ormai delineati. «Di fronte a una situazione "rassicurante" di questo tipo», scrivono gli autori nel loro libro, cioè quella descritta dalle Nazioni Unite e, allargando il discorso, dai tanti report ambientalisti pubblicati in passato, «da qualche anno assistiamo finalmente a una maggiore presa di coscienza da parte di un numero di persone sempre più grande». Dunque, esiste un cambiamento. Esso è in atto. Ma a un ritmo molto lento, «anzi, troppo lento per produrre nel breve periodo quel rovesciamento di paradigmi comportamentali, economici, sociali ed ecologici di cui necessita il pianeta per guarire dalla febbre determinata dai gas serra». Quello che prevale oggi è l'aspetto analitico. Tutti sono a conoscenza della gravità della situazione. Tutti offrono soluzioni. Ma poi ci si perde per strada. Rimangono le intenzioni. E non le azioni. Ci sono circa 130.000 organizzazioni nel mondo che lavorano per la giustizia ambientale e sociale. E «se così tante persone cambiassero veramente l'organizzazione della propria esistenza - affermano Ermani e Pignatta - così come dovrebbe essere interpretando i loro intenti manifesti, la situazione sarebbe sicuramente molto meno catastrofica di quella attuale. [...] Le cose sono invece molto più complesse e richiedono una maggiore coerenza e partecipazione intima. [...] Un impegno in prima persona per cambiamenti quotidiani concreti all'interno di una comunità ed un'economia partecipativa sono imprescindibili. È davvero ora di invertire la rotta, visto che la posta in palio è senz'altro importante: assicurare la sopravvivenza della nostra specie di fronte al crollo planetario e recuperare una maggiore gioia di vivere». Gli esempi pratici riportati nel testo di questo reale ed effettivo cambiamento possibile e già in atto non mancano: dalle "Energy service company", ditte specializzate nella riqualificazione energetica, il cui guadagno è dato dal risparmio energetico ottenuto, al "Barefoot College", una scuola straordinaria che insegna a donne e uomini di campagna - molti dei quali analfabeti - a diventare tecnici di energie rinnovabili, artigiani, educatori e terapeuti nei loro stessi villaggi. Questi sono esempi che sottolineano come un'evoluzione personale e sociale, vissute, siano immediatamente praticabili. E per chi ha dubbi o ha bisogno di chiarisi le idee di fronte alla spinta e motivazione interiore a cambiare vita verso una maggiore realizzazione di sé nel rispetto del pianeta oggi abbiamo anche la realtà dell'Ufficio di Scollocamento, uno sportello coadiuvato da esperti per aiutare le persone a svincolarsi da lavoro eccessivo, stile di vita nocivo, stress, ansia, consumismo, assenza di senso. Un cammino di emancipazione e cambiamento rispetto alla cultura imperante, la quale non produce autentico benessere ma schiavitù e omologazione. Tutte queste esperienze e modalità di rielaborazione dell'esistenza individuale e collettiva, uniti ai panorami allarmanti descritti dalle Nazioni Unite e dalla Fao (International Mountain Day), evidenziano con forza che è davvero quanto mai fondamentale oggi pensare in prospettiva e guardare lontano come le montagne.
La Felicità SostenibileVoto medio su 1 recensioni: Da non perdere

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