Perché c’è una differenza di costo fra gli alimenti coltivati e trattati chimicamente (che costano meno) e quelli biologici (che hanno prezzi più alti)? Perchè si richiede al biologico una certificazione che ne aumenta i costi e al chimico no. Cioè si deve certificare e pagare di più qualcosa di sano rispetto a qualcosa che fa un danno alla salute e all’ambiente.
L’agricoltura chimica, che è pure sovvenzionata, inquina la persona che coltiva, inquina la terra, le acque, l’ambiente, gli animali, distrugge la biodiversità, contamina il cibo stesso, quindi di conseguenza il cliente che lo compra. E i danni che derivano da questo comportamento li si fa pagare alla collettività cioè a noi tutti. Gli inquinatori fanno enormi profitti e poi il cibo viene venduto a prezzi inferiori rispetto a quello biologico. Ma come? Invece di ringraziare e agevolare chi coltiva in maniera sana, lo si penalizza? E più lo si penalizza, più il prodotto costerà e la gente continuerà a mangiare cibo pieno di chimica.
Siamo all’assurdo: bisogna pagare per fare le cose come si deve e certificarlo pure e invece inquinare, spargere veleni ovunque facendo mangiare cibo trattato chimicamente si può fare in maniera indisturbata e a basso costo. Dovrebbe essere esattamente il contrario: nel cibo non biologico cioè chimico, ci dovrebbe essere un'etichetta in cui mettere per iscritto tutti i concimi chimici, antiparassitari, funghicidi, erbicidi utilizzati. Inoltre sulla stessa etichetta ci dovrebbe essere dettagliamente spiegato l’inquinamento prodotto con l’impatto sull’ambiente, le possibili patologie insorgenti nelle persone e alla fine formulare il prezzo in base all’inquinamento prodotto e ai danni arrecati.
Siamo sicuri che se si facesse in questo modo assai pochi comprerebbero quel cosiddetto cibo e i suoi costi sarebbero assai alti, ben più del cibo normale cioè biologico. E agendo così si cambierebbe velocemente la situazione facendo ritornare a essere biologico tutto il cibo normale. Infatti anche la dicitura è sbagliata: se il biologico è il cibo più naturale, si dovrebbe fare solo la distinzione fra cibo (cioè quello biologico) e cibo chimico che dovrebbe avere un'etichettatura apposita, non il contrario; e gli utilizzatori di veleni si dirigerebbero verso il cibo biologico ovvero normale.
Una politica che avesse a cuore i cittadini dovrebbe fare subito provvedimenti come questi, semplici, razionali e sacrosanti. Ma la politica lo farà mai? Dubitiamo fortemente perché significherebbe cambiare le regole del gioco e mettere prima la salute di ambiente e persone, poi il lucro. Ma dato che comanda il lucro e proprio per questo siamo in una situazione drammatica, non si farà. Quindi rimane la presa di coscienza delle persone che possono smettere di approvvigionarsi dagli spacciatori di chimica. Tra le varie azioni è quella con più possibilità di riuscita nell’avere risultati concreti.
Inoltre si può iniziare a coltivare da soli il più possibile così da avere maggiore autonomia e meno costi. Non servono enormi appezzamenti per avere produzioni interessanti e anche se si è in città, ci si può mettere assieme ad altre persone e affittare appena fuori dall’abitato, terreni coltivabili e dividersi i lavori da fare. Con poche centinaia di metri quadrati dai costi assai abbordabili considerato che c’è molta terra incolta e/o abbandonata, si possono ottenere buone rese come dimostrano ormai vari esempi e per rendersene conto basta provarci. Importante è documentarsi bene e fare un po’ di formazione. E per chi volesse comunque fare biologico, senza certificazioni e relativi costi ma basato sulla fiducia, la conoscenza reciproca e l’importanza data alle relazioni dirette, c’è il circuito Genuino Clandestino che può essere un'interessante base di partenza. È importante non farsi scoraggiare da chi dice che sulla terra bisogna sputare sangue. Ormai le metodologie alternative per coltivare biologico in piccoli appezzamenti sono così tante che c’è l’imbarazzo della scelta e chi le pratica non ha la schiena spezzata o muore di fame, anzi normalmente è più in salute di chi non fa nessuna attività fisica e mangia il cibo chimico che gli fornisce l’industria alimentare. Non si tratta affatto di tornare indietro ma di andare avanti in uno dei cammini più belli da percorrere in collaborazione con la natura.