di
Andrea Degl'Innocenti
19-10-2011
Uno sciopero generale di 48 ore paralizza da questa mattina la Grecia: fermi i trasporti locali e nazionali, chiuse scuole, negozi e ministeri, deserte le redazioni dei giornali. Ma l'austerità imposta dal premier Papandreou è frutto di decisioni prese in sedi internazionali e di un potere europeo che ormai è in grado di prendere le decisioni per conto dei singoli stati membri.
La Grecia si ferma. Per 48 ore, a partire da questa mattina, nessuno lavorerà. Chiuderanno le scuole, gli uffici postali, le banche, i supermercati tutte le attività commerciali, persino i ministeri. Fermi anche aerei, treni e navi, il paese resterà isolato. Si tratta dello sciopero più grande dalla caduta del regime dei colonnelli, nel 1974.
Scioperano anche i giornalisti per protestare contro i tagli e i licenziamenti imposti in molte redazioni: le edicole resteranno spoglie, gli studi televisivi deserti, vuote le redazioni di tutte le testate.
La situazione in Grecia è ormai insostenibile. Il governo di Giorgio Papandreou ha imposto misure di austerità eccezionali. Il nuovo piano che dovrebbe essere approvato domani prevede misure davvero drastiche, fra cui la riduzione degli stipendi del 60 per cento a circa 30mila impiegati, per la durata di un anno. E poi licenziamenti, tagli ai fondi pubblici e privatizzazioni e privatizzazioni e privatizzazioni.
Neanche si può affermare che sia colpa del premier greco. Si tratta semplicemente del collaudato modus operandi del sistema economico globale, attraverso le potentissime armi che portano il nome di Fmi, Bce, Commissione europea: approfittare dei paesi in difficoltà per depredarli delle proprie risorse. In alcune parti del mondo è necessaria la guerra, in altre è sufficiente il default.
E che la Grecia sia in default ormai è una certezza. Lo sanno bene i leader europei, che neanche parlano più di salvataggio e lasciano intendere che l'obiettivo delle manovre è piuttosto quello di attutire il colpo e salvaguardare la moneta unica.
"Ma allora, perché la 'troika' (Fmi, Bce e Commissione, ndr) non impone subito alla Grecia un default pilotato?" si chiede in un bell'articolo per il Manifesto del 5 ottobre Guido Viale. "Perché nel frattempo - si risponde -, con la scusa di evitarlo, la depreda; cioè, la fa depredare dalla finanza internazionale che è il suo mandante: stipendi, occupazione, pensioni, sanità, scuole, servizi pubblici, spiagge, isole, porti, tutto viene messo in vendita a prezzi di saldo, per costituire il 'tesoretto' da devolvere ai creditori; e per cedere alla finanza internazionale i beni comuni del paese".
È in quest'ottica che va letta la recente approvazione da parte della Commissione europea del pacchetto di misure chiamato "six-pack", la confezione da sei. Come spiega in un articolo Susan George, presidente onorario di ATTAC France, questo pacchetto approvato il 28 settembre scorso conferisce all'Unione una capacità decisionale senza precedenti riguardo l'approvazione dei bilanci dei singoli stati membri.
Spiega la George: "Cominciando con il 2012, gli europarlamentari e il Consiglio analizzeranno i bilanci nazionali prima ancora che i parlamenti nazionali possano esprimersi in alcun modo o persino che possano avere la possibilità di vederli. Se gli stati non diminuiscono il loro debito abbastanza rapidamente o se rifiutano i "suggerimenti" di bilancio di Bruxelles, entreranno in campo le misure obbligatorie. In caso di ulteriore recalcitranza da parte degli Stati membri, la sanzione può comportare depositare o pagare a fondo perduto lo 0,01, lo 0,02 o persino lo 0,05% del PIL del paese all'Unione Europea, a seconda di come severamente venga giudicata la non conformità dello stato".
Si tratta di un affondo decisivo. L'Europa si è accaparrata il diritto di decidere se, come e quando far fallire uno stato. Così, mentre i cittadini greci scioperano per rivendicare i loro diritti, la loro - la nostra - sovranità fugge via, e si avvicina un po' di più ai palazzi del potere globale.
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