di
Andrea Degl'Innocenti
14-02-2012
Dopo gli scontri di ieri, oggi nessuno parla più delle manifestazioni in Grecia, e i pochi che lo fanno si aggrappano alla "retorica dei black block". Intanto l'Europa richiede nuovi accordi, mentre la razzia delle risorse greche può avere inizio. Tutto all'asta: dall'acqua, al gas, al petrolio. A cui si aggiunge una base di lavoratori a basso prezzo, senza più diritti né pretese. Per multinazionali e investitori stranieri il banchetto è servito.
È il giorno dopo. Si spengono gli echi della guerriglia urbana ad Atene, si torna a parlare d'altro: del declassamento di mezza Europa da parte dell'agenzia di rating Moody's, delle reazioni delle borse. Quei pochi che si avventurano nella disamina dei fatti di ieri, a piazza Syntagma, lo fanno seguendo fedelmente la “retorica dei black block”, che vuole ridurre la rabbia di un paese intero ad un manipolo di violenti sovversivi.
Solo navigando sul web ci si imbatte a volte in qualche scampolo di realtà diversa da quella spacciata dai media mainstream. Come la storia dell'ex partigiano greco Manoliz Glezos, novantenne, finito in ospedale per un trauma subito dai poliziotti. Fu lui, classe 1922, che nel '41 si issò fin sopra l'Acropoli di Atene occupata dai nazisti e sfilò la bandiera con la croce uncinata. Ieri era in piazza a lottare contro il nuovo nazismo finanziario (che sia un black block?), a fianco a Mikis Theodorakis, altro storico combattente greco, in prima linea nella lotta alla dittatura dei generali. È stato colpito duramente dalla polizia, ma dopo qualche ora in ospedale, è stato fortunatamente dimesso.
Ma di queste storie quasi non v'è traccia sui giornali tradizionali o nei tg. Eloquente un articolo del Sole 24 Ore: “Solo un miracolo ha evitato che ci fossero vittime negli edifici colpiti dalla furia omicida di questi gruppuscoli di terroristi che hanno colpito simboli (banche e multinazionali) di quello che loro ritengono un complotto internazionale contro il loro Paese. Azioni violente e nichiliste che incredibilmente hanno ricevuto il sostegno e gli applausi della folla e dei manifestanti che assistevano agli attacchi incendiari”.
Ed ecco, poco più avanti nell'articolo, apparire quello che il Sole – e per la verità molti altri quotidiani – ritiene la causa del malcontento: “Il Paese è stanco e provato da due anni di rivolgimenti sociali e politici”. In uno strano processo, e confusionario, di inversione di causa-effetto, i sommovimenti sociali diventano il motivo principale del fastidio popolare; invece si lascia intendere che i tagli e le manovre che da qualche mese stanno praticamente annientando lo Stato greco – e riducendone i cittadini alla povertà – ne costituiranno la soluzione.
Intanto, nel silenzio generale, il ricatto va avanti. La troika, non sazia, richiede ancora altre condizioni prima di liberare la nuova tranche di aiuti da 130-145 miliardi di euro. L'Europa si vuole ulteriormente tutelare in vista delle elezioni anticipate che si terranno ad aprile, probabilmente l'8. Si richiede innanzitutto che i leader dei tre principali partiti del paese firmino un accordo che li vincoli al rispetto delle misure fin qui adottate anche dopo le elezioni. Fmi, Ue e Bce temono infatti che, una volta concluse le elezioni, e ricevuti gli aiuti, il nuovo governo possa ritrattare le misure di austerità imposte.
Inoltre dalla Germania arriva la richiesta che la Grecia affronti subito delle riforme strutturali che le permettano di ridurre il rapporto debito/pil fino al 120 per cento entro il 2020 (ora è circa al 160). Insomma, mentre la data del 20 marzo si avvicina inesorabilmente (giorno in cui scadranno buoni del tesoro greco per un valore di 14,5 miliardi di euro, che lo stato non è attualmente in grado di ripagare) ogni giorno si moltiplicano le richieste dell'Europa e della finanza internazionale nei confronti di uno stremato popolo greco.
Come in paese da incubo, ci si sveglia ogni giorno pensando che sia finalmente terminata l'orrenda carneficina e si scopre che invece sono state avanzate nuove richieste, che ancora il mostro non è sazio.
Intanto la razzia è già iniziata. Infranta a colpi di mercati la corazza politica e sociale della Grecia, il paese è adesso un piatto succulento, bello e servito per multinazionali e investitori stranieri. Lavoro a basso prezzo, diritti inesistenti, le quote pubbliche delle maggiori aziende statali - da quelle che gestiscono l'acqua a quelle del gas, dal petrolio alle lotterie – messe all'asta al miglior offerente. È il sogno capitalista che si realizza.
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