di
Virginia Greco
15-11-2010
Regno Unito: il Governo annuncia che nascerà la Green Investment Bank, l'istituto di credito che a partire da un capitale pubblico di 1 milione di sterline fornirà obbligazioni, prestiti e altri servizi bancari, ma solo nell’ambito di progetti a basso impatto ambientale e a ridotte emissioni di anidride carbonica.
La scorsa settimana, dopo giorni di consultazioni e trattative, il Ministro del Tesoro britannico George Osborne ha finalmente dato la notizia che ambientalisti, imprese attive nei settori delle energie alternative e molti elettori attendevano: "la Banca per gli Investimenti Verdi si farà e i particolari sulla sua struttura saranno rivelati entro Natale".
Durante la campagna elettorale per le scorse elezioni (maggio 2010), che hanno portato David Cameron alla carica di Primo Ministro, il Partito Conservatore aveva dichiarato di voler fare del nuovo governo il più green della storia del Regno Unito, mettendo in cima all’agenda politica la conversione del paese ad un’economia a basso impatto ambientale e ridotte emissioni di anidride carbonica.
A sostenerlo era in particolare il nuovo Ministro del Tesoro, deciso a investire nella difesa dell’ambiente e in progetti volti allo sviluppo e alla diffusione delle energie rinnovabili. Osborne aveva annunciato per l’appunto la costituzione della 'Green Investment Bank', un vero e proprio istituto bancario, fondato in un primo tempo su finanze pubbliche, che fosse in grado di offrire prestiti, obbligazioni ed altri servizi finanziari, investendo esclusivamente in progetti ecologisti e volti alla spinta della rivoluzione verde del Paese.
La crisi finanziaria che il Regno Unito, come gran parte dell’Europa, si è trovata a fronteggiare ha però indotto Osborne ad adottare una politica di tagli in tutti i settori, che ovviamente hanno reso difficile la distribuzione delle risorse e messo in dubbio il profilo ecologista che il Governo intendeva darsi.
A richiamarlo agli impegni presi con gli elettori ci ha pensato Greenpeace. Qualche settimana fa quattro attivisti si arrampicarono sul palazzo del Ministero del Tesoro e appesero alla finestra dell’ufficio di Osborne uno striscione che recitava: "Ricorda George. Banca Verde=nuovi posti di lavoro". Sì perché il ministro, oltre a volersi occupare del destino ecologico britannico, aveva dichiarato di vedere nella Green Investment Bank un mezzo virtuoso per spingere nuovi settori dell’economia e determinare una crescita degli impieghi.
Le preoccupazioni erano sorte in quanto era nell’aria l’idea di istituire semplicemente un fondo monetario per l’ambiente, ma è evidente che esso avrebbe avuto un impatto di gran lunga minore di quello auspicato per la Banca Verde.
Il Governo ha stanziato come capitale di base per la creazione dell’istituto bancario 1 milione di sterline, cifra ritenuta da molti analisti ed esperti di finanza piuttosto insufficiente per far sì che la banca sia autonoma e possa in effetti svolgere il lavoro per il quale è stata concepita. La società Ernst&Young (che si occupa di consulenza aziendale e finanziaria) aveva calcolato in particolare che il capitale di partenza necessario fosse compreso tra i 4 e i 6 milioni di sterline. Evidentemente le difficoltà economiche del governo non hanno reso possibile un investimento così ingente, pertanto sarà assolutamente necessario sollecitare rapidamente gli investitori privati.
Del resto anche tale milione di sterline previsto non è ancora disponibile 'liquido', se così si può dire, ma il Ministro intende recuperarlo dalla vendita di alcuni titoli di proprietà del Governo. Dichiarazioni non ancora confermate indicano come possibile la vendita delle partecipazioni in un’impresa che si occupa di arricchimento di uranio e/o della rete ferroviaria che attraversa il tunnel della Manica per collegare Londra a Parigi e Bruxelles.
Per attrarre gli investimenti privati nei vari settori dell’economia verde, invece, il Governo deve poter garantire stabilità a lungo termine su progetti volti allo sviluppo delle energie alternative e di tecnologie per la riduzione delle emissioni di gas serra. I privati, infatti, preferiscono concentrarsi su settori affermati che garantiscono affidabilità e sicuro profitto. Progetti che invece sono soggetti a grosse incertezze di mercato e politiche sono in genere poco appetibili, in quanto troppo rischiosi.
La Green Investment Bank dovrà rivestire esattamente quel ruolo di garante, di tramite tra gli investitori privati e un settore dell’economia in crescita, il cui sviluppo è voluto, sollecitato e seguito dal Governo stesso.
La recessione ha lasciato numerosi progetti per la diffusione delle rinnovabili in grave difficoltà, alla ricerca di capitali. C’è quindi il rischio concreto che si arresti il cammino intrapreso verso gli obiettivi, fissati in sede di accordi internazionali, di riduzione delle emissioni e aumento dell’efficienza energetica in Gran Bretagna.
Tra i primi progetti che riceveranno finanziamenti dalla nuova Banca Verde ci saranno quelli per la costruzione di parchi eolici offshore, al largo delle coste del mare del Nord: entro il 2020 si prevede di installare 7000 turbine eoliche.
Il Ministro Osborne ha dichiarato che "la banca sarà creata al più presto, gli studi sul modello di business sono ormai in fase avanzata" e il Dipartimento britannico degli Affari e dell’Innovazione ha previsto la presentazione di proposte per l’istituto bancario entro l’aprile 2011. In realtà è assai più realistico pensare che la banca possa diventare operativa non prima del 2013.
Green Bank a parte, il Governo ha dichiarato anche di voler investire 400mila sterline per incentivare il settore della produzione di energia termica da rinnovabili (come il solare-termico) e destinare 60mila sterline al rifacimento dei porti del nord-est, i quali devono avere le strutture necessarie alla realizzazione delle turbine eoliche che verranno installate negli impianti al largo.
Sono confermati anche i sussidi a quanti intraprendono piccoli progetti di produzione di energia da rinnovabili: è il caso del solare domestico e del micro-eolico. In più sarà aumentata del 10% la somma destinata annualmente allo smantellamento delle strutture per il nucleare.
Un altro investimento che sta molto a cuore del Governo britannico è poi quello per lo sviluppo di tecnologie all’avanguardia per la cattura e l’immagazzinamento dell’anidride carbonica.
Si tratta di una proposta che si è fatta strada in alcuni settori della ricerca per la riduzione dell’impatto ambientale delle imprese. Dato che l’utilizzo di combustibili fossili determina la liberazione nell’atmosfera di grossi quantitativi di gas serra, che erano intrappolati nel terreno, è sorta l’idea di re-iniettare tali gas nel sottosuolo. Ovviamente la cosa non è semplice e occorre mettere a punto una tecnologia adeguata.
Le titubanze riguardo all’efficienza e sicurezza di tale soluzione sono però tante. In particolare si teme che i bacini artificiali sotterranei non siano stagni e quindi possano lasciare comunque fuoriuscire i gas: in pratica ciò si tradurrebbe in una grossa spesa inutile ed in un ritorno al punto di partenza. Ancora peggiore è poi la prospettiva se si immagina che tali depositi potrebbero liberare il gas tutto d’un colpo a seguito di severi fenomeni atmosferici o movimenti geologici. Questo, oltre ad annullare l’intervento (come nel caso precedente), potrebbe avere anche effetti distruttivi per l’area del deposito: morte della flora e della fauna, alterazione (almeno a medio termine) dell’ecosistema locale.
Il dibattito inerente alla validità di questa soluzione è ancora acceso in tutto il mondo. Resta comunque degna di nota la volontà del Governo britannico di spendere capitale pubblico e sollecitare gli investimenti privati in settori dell’economia volti alla salvaguardia dell’ambiente, per altro promettenti 'creatori' di nuovi posti di lavoro.