«Si è concluso con molti tentennamenti e grande delusione il tanto atteso Consiglio Ambiente dell’Unione Europea, tenutosi in Lussemburgo. Tante le tematiche fondamentali per il futuro ambientale del continente, come la decisione sulla data di stop alla vendita di auto a motore endotermico e l’adozione di una posizione comune sulla normativa per affrontare il contributo dell’Ue alla deforestazione globale e alla distruzione della natura»: così l'associazione Greenpeace.
Stop alla vendita di auto diesel e benzina al 2035: troppo tardi
«I governi hanno trovato l’accordo sul 2035 per mettere fine alla vendita di auto a motore endotermico, una data che secondo i nostri scenari dovrebbe essere anticipata al 2028 per permettere all’Europa di rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. I governi hanno inoltre aperto la porta a un’ulteriore promozione di carburanti sintetici costosi e inefficienti e hanno previsto eccezioni sulla data di phase-out per i produttori di auto di lusso - scrive l'associazione ambientalista - Mettere fine alla vendita di nuove auto alimentate a combustibili fossili è la cosa giusta da fare, ma il 2035 è troppo tardi per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi e ci tiene ancora fortemente legati a una dipendenza dal petrolio che finanzia le guerre e fa ricadere i costi economici sui consumatori».
La normativa contro la deforestazione ha ancora troppe lacune
«Il testo adottato sul contrasto alla deforestazione presenta gravi lacune, dal momento che non protegge ecosistemi diversi dalle foreste come ad esempio le savane e le zone umide, non impone alcun obbligo di due diligence al settore finanziario, e non riporta una lista esaustiva di prodotti e materie prime la cui produzione può avere gravi impatti su foreste e biodiversità - prosegue Greenpeace - Restano così fuori ad esempio gomma, mais e carne di maiale e pollo. Le ministre e i ministri Ue hanno anche sostenuto una nuova definizione di “degrado forestale” che si applicherebbe esclusivamente alla conversione delle foreste primarie, che costituiscono una percentuale estremamente bassa delle foreste europee, in piantagioni di alberi per la produzione di cellulosa, legno e biomasse. Di conseguenza, la stragrande maggioranza delle foreste nell’Ue non verrebbe protetta e molte pratiche forestali dannose rimarrebbero consentite. Combinata con la blanda definizione di “deforestazione” presente nella proposta – che indica esclusivamente la conversione delle foreste in terreni agricoli (e non l’abbattimento degli alberi) -, questa limitata definizione di “degrado forestale” rischia di consentire l’importazione ed esportazione di prodotti quali legno e cellulosa ottenuti distruggendo foreste, anche primarie, prima che vengano convertite in terreni agricoli o piantagioni di alberi».
«Come gli altri Paesi Ue, anche l’Italia ha sostenuto la proposta di testo della normativa contro la deforestazione, ma il ministro Cingolani non è intervenuto per affermare la volontà di colmare le lacune presenti nel testo della normativa durante i prossimi incontri - aggiunge ancora Greenpeace - Chiediamo una normativa ambiziosa: nessun prodotto legato alla distruzione della natura o alle violazioni dei diritti umani dovrebbe essere venduto sul mercato comunitario o finanziato da istituzioni finanziarie dell’Ue! Non è il momento delle mezze misure nella protezione della natura, ci vuole un cambio di passo radicale!».