Greenpeace: «Gas e nucleare nella Tassonomia UE, pronti per azione legale»

«A seguito dell’inclusione del gas fossile e dell’energia nucleare nella Tassonomia, cioè nell’elenco degli investimenti ritenuti sostenibili dall’UE, abbiamo deciso di intraprendere un’azione legale contro la Commissione europea»: così Greenpeace dopo il voto all'europarlamento.

Greenpeace: «Gas e nucleare nella Tassonomia UE, pronti per azione legale»

«A seguito dell’inclusione del gas fossile e dell’energia nucleare nella Tassonomia, cioè nell’elenco degli investimenti ritenuti sostenibili dall’UE, abbiamo deciso di intraprendere un’azione legale contro la Commissione europea»: così Greenpeace dopo il voto all'europarlamento

A Strasburgo il Parlamento europeo «non ha infatti raccolto abbastanza voti per bloccare il controverso piano della Commissione. Solo 278 eurodeputati hanno votato contro l’etichetta sostenibile per il gas e il nucleare, non raggiungendo i 353 voti necessari per bloccare la proposta» scrive l'associazione ambientalista. 

«È oltraggioso etichettare il gas fossile e il nucleare come “verdi” e far fluire così più denaro verso le casse che finanziano la guerra di Putin in Ucraina. Per questo continueremo opporci in tribunale. Le vergognose trattative interne alla Commissione europea influenzate dalle lobby dei combustibili fossili e del nucleare non basteranno. Siamo ispirati dalle attiviste e dagli attivisti per il clima che questa settimana si sono riuniti a Strasburgo, e siamo fiduciosi che i tribunali annulleranno questo tentativo di greenwashing sostenuto dalla politica, in quanto si tratta di una chiara violazione delle leggi dell’Unione europea» si legge nella nota di Greenpeace.

«Prima che l’azione legale abbia inizio, presenteremo alla Commissione europea una richiesta formale di revisione interna. In caso di esito negativo, porteremo la causa alla Corte di Giustizia europea - prosegue l'associazione - Il voto che ha dato il via libera all’etichetta green per false soluzioni come il gas fossile e l’energia nucleare – che, ​​oltre a non aver risolto i suoi problemi di sicurezza, gestione a lungo termine delle scorie e proliferazione atomica, richiede molte più risorse finanziarie e tempi lunghissimi rispetto alle rinnovabili – è in netto contrasto con quanto servirebbe davvero in un momento storico come questo, in cui gli effetti dei cambiamenti climatici – ondate di calore in tutta Europa, siccità e tragedie come quella avvenuta sul ghiacciaio della Marmolada – hanno gravi conseguenze sulla vita di tutte e tutti noi. Questo voto rischia di rallentare ulteriormente la lotta alla crisi climatica, esponendo le persone e il pianeta a eventi climatici sempre più estremi».

Anche Legambiente è estremamente critica. «L’Europarlamento – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - ha ceduto alle lobby di gas e nucleare sostenendo la proposta della Commissione di classificarli come fonti energetiche sostenibili, in base al regolamento sulla tassonomia degli investimenti verdi. Un duro colpo al Green Deal Europeo e ad un’ambiziosa politica climatica in linea con l’obiettivo di Parigi di 1.5°C, indispensabile per fronteggiare l’emergenza climatica. Si tratta di una scelta politica senza alcuna base scientifica, come invece richiede il regolamento sulla tassonomia».  

«La proposta, infatti, è stata adottata nonostante il parere fortemente contrario della Piattaforma sulla Finanza Sostenibile (PFS), ossia del gruppo di esperti indipendenti nominati dalla stessa Commissione per il supporto scientifico necessario alla redazione questo Atto Delegato Complementare per l’attuazione del regolamento sulla tassonomia - spiega Legambiente in una nota - La PFS nelle sue raccomandazioni ha evidenziato che il nucleare va escluso in quanto non rispetta i criteri (previsti dall’articolo 17 del regolamento sulla tassonomia) relativi al principio sul non arrecare danni significativi all’ambiente, in particolare per quanto riguarda la gestione e lo smaltimento delle scorie radioattive. L’esclusione del gas fossile, invece, è motivata dal fatto che gli impianti a gas per poter fornire un contributo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici, come richiesto dal regolamento, devono emettere meno di 100 gr CO2e/kWh, mentre gli impianti più efficienti a disposizione emettono non meno di 316 gr CO2e/kWh». 

«In linea con il parere scientifico del PFS, anche l’Institutional Investors Group on Climate Change (IIGCC), oltre 370 tra i maggiori investitori internazionali con un portafoglio di 50mila miliardi di euro, chiede di escludere il gas fossile dal regolamento sulla tassonomia, in quanto “si indirizzerebbero capitali verso attività non compatibili con l’impegno UE verso la neutralità climatica entro il 2050”» prosegue l'associazione. 

«Ma la partita non è ancora terminata. I governi di Austria e Lussemburgo – spiega Mauro Albrizio, responsabile ufficio europeo di Legambiente - hanno già annunciato la loro volontà di ricorrere contro la proposta della Commissione alla Corte di Giustizia con buone possibilità di successo secondo diversi esperti giuridici del Consiglio e del Parlamento. Chiediamo al governo italiano di sostenere il ricorso di Austria e Lussemburgo. Si deve evitare che centinaia di miliardi di euro vadano sprecati con il nucleare ed il gas fossile aggravando così la duplice crisi climatica ed energetica».  

«Per fronteggiare l’emergenza climatica, che ci tocca sempre più da vicino come dimostrano le ondate di calore e la siccità che hanno colpito duramente la nostra penisola, queste ingenti risorse finanziarie vanno invece investite non solo in rinnovabili ed efficienza energetica, ma anche in tutte quelle infrastrutture ambientali necessarie a difendere i nostri territori dai sempre più preoccupanti impatti climatici che rischiano di mettere in ginocchio molte attività economiche e minare la coesione sociale delle comunità in cui operano» scrive Legambiente. 

«Per quanto riguarda il settore elettrico, secondo le recenti stime dell’autorevole think-tank Ember, l’Europa può raggiungere la neutralità climatica entro il 2035 quadruplicando la sua produzione rinnovabile ed espandendo l’infrastruttura elettrica necessaria con un risparmio di oltre 1000 miliardi di euro da qui al 2035 e nello stesso tempo garantire una maggiore sicurezza energetica ed una migliore qualità dell’aria che respiriamo. Sono però necessari investimenti iniziali per circa 300-750 miliardi di euro. Risorse che il mercato finanziario può mettere a disposizione più facilmente se si escludono gas fossile e nucleare dagli investimenti verdi» aggiunge l'associazione. 

 

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