Fiumi in secca, laghi ai minimi storici, scarsissima quantità di neve. La crisi climatica ci sta mettendo di fronte a un nuovo anno di drammatica siccità: Greenpeace rilancia l'allarme avanzando otto proposte per affrontare in modo strutturale la situazione.
«La produzione di riso è a rischio perché le risaie stanno affrontando la crisi peggiore degli ultimi dieci anni. I numeri sono impressionanti: stando ai dati del CNR, già a marzo il 38% delle risaie e delle colture irrigue italiane è affetto da siccità severo-estrema, ovvero soffre per un deficit di pioggia che dura da ben due anni. Ma non solo riso e mais sono a rischio» spiega Greenpeace, facendo riferimento alle orticole estive.
«La mancanza di acqua è preoccupante soprattutto in alcune zone del Nord Ovest, dove oltre alle scarse piogge ha giocato il fattore caldo, con temperature sopra la media 9 mesi su 12 nel 2022, e la scarsità di neve, con un deficit nevoso del 63% rispetto alla media degli ultimi 10 anni - scrive Greenpeace - Tutto il distretto del Po è già da mesi in stato di severità idrica media, proprio dove si trova buona parte della superficie irrigata in agricoltura: secondo ISTAT, infatti, le quattro regioni padane totalizzano il 58% del superficie irrigata nazionale, con un 20% nella sola Lombardia».
«Per sconfiggere la siccità sono necessarie soluzioni sistemiche e non emergenziali, che affrontino insieme le cause dei cambiamenti climatici e i nostri consumi idrici - prosegue Greenpeace - Poiché lo sfruttamento delle fonti fossili è il principale responsabile del cambiamento climatico, è necessario adottare da subito politiche ambizioseper liberarci dalla dipendenza da petrolio, gas e carbone e ridurre le emissioni dei gas serra. Il settore agricolo è il maggiore utilizzatore di acqua dolce: assorbe circa il 50% dell’acqua impiegata in Italia ogni anno. I sistemi intensivi inoltre impoveriscono i terreni agricoli, compromettendo anche la loro resilienza e la capacità di trattenere l’umidità. Per poter pianificare il risparmio idrico in modo efficace è dunque necessario ripensare l’uso dell’acqua in agricoltura, anche modificando la superficie dedicata ad alcune tipologie di colture».
«Il mais, ad esempio, seconda coltivazione italiana per volumi di acqua utilizzati, è quasi interamente assorbito dalla filiera mangimistica, e più del 45% dell’impronta idrica dei prodotti agricoli è imputabile a carne, latte e derivati - si legge ancora nell'intervento dell'associazione - È innegabile che gli attuali livelli di produzione e consumo di alimenti di origine animale mettono le riserve idriche ulteriormente sotto pressione. In una fase in cui le risorse naturali sono sempre più scarse ed è a rischio la stessa disponibilità di cibo, è necessario agire in un’ottica di maggiore “efficienza alimentare” adeguata alle attuali condizioni climatiche. Anche attraverso la riduzione di coltivazioni più idroesigenti, in particolare se non destinate al consumo diretto umano, e di produzioni che comportano un maggior consumo idrico, come quelle di origine animale».
«Le dichiarazioni, istituzionali e non, sul tema della siccità, ruotano quasi tutte intorno alla stessa ipotetica soluzione: costruire nuovi invasi e bacini artificiali, nonostante le possibili minori precipitazioni future e l’aumento dell’evapotraspirazione a causa del riscaldamento globale, che dovrebbero spingere invece alla cautela su questo tipo di infrastrutture - prosegue Greenpeace - Un piano per la costruzione di nuovi invasi non può prescindere dall’analisi dei trend di riempimento di quelli già esistenti, e da proiezioni future che permettano di pianificarne correttamente il numero, la tipologia e la localizzazione. Andranno inoltre valutate con attenzione le implicazioni ambientali e come questi nuovi invasi possano addirittura avere un impatto negativo sulla resilienza idrica dei territori. Canalizzazioni forzate e cementificazione hanno infatti ridotto le aree naturali in grado di “assorbire” l’acqua in eccesso durante gli eventi climatici estremi, impoverendo i corsi d’acqua e le falde, che rimangono sempre gli “invasi” migliori per immagazzinare le risorse idriche, più efficienti di qualsiasi infrastruttura».
Ecco le otto proposte di Greenpeace:
«Per cercare di contrastare questo fenomeno sempre più evidente, proponiamo di:
-Velocizzare il processo di decarbonizzazione dell’Italia, riducendo e poi azzerando le emissioni climalteranti, attraverso un aggiornamento del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) con obiettivi realmente in linea con l’Accordo di Parigi sul clima e la posizione dell’Unione Europea.
-Smettere di investire sulle fonti fossili e le relative infrastrutture, abbandonando al più presto lo sfruttamento di petrolio, gas e carbone e puntando su energia rinnovabile ed efficienza energetica.
-Ridurre a monte i consumi idrici in agricoltura, rendendo prioritario l’uso di terreni e acqua per la produzione di alimenti destinati al consumo umano diretto anziché alla filiera mangimistica o alla produzione di biocarburanti.
-Ridurre a monte la domanda mangimistica, riducendo gradualmente il numero degli animali allevati e adottando misure per incoraggiare l’adozione di diete a base principalmente vegetale.
-Adottare misure per incoraggiare l’utilizzo di tecniche agroecologicheche migliorano la salute dei suoli, inclusa la capacità di trattenere l’umidità.
-Ridurre drasticamente il consumo di suolo e la cementificazione, incrementando le superfici di boschi e aree naturali.
-Pianificare l’eventuale costruzione di nuovi invasi e laghetti in base ai dati di riempimento storici degli invasi esistenti e agli scenari meteo-climatici futuri, senza procedere a “semplificazioni” che rischiano di far nascere opere dannose oltre che inefficaci.
-Adottare un grande piano di ristrutturazione della rete idrica e di messa in sicurezza idrogeologica, aumentando le risorse dedicate nel PNRR anche con il contributo degli enti gestori del servizio idrico integrato».
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LETTURE UTILI
L'ORTO AUTOIRRIGANTE. COLTIVARE CON POCO LAVORO E POCA ACQUA, IN CAMPAGNA E IN CITTA'
La soluzione per coltivare praticamente ovunque utilizzando pochissima acqua e senza fare fatica? Gli orti autoirriganti! Un metodo rivoluzionario che, con una modalità di realizzazione semplice e low-tech, permette di ottenere rese abbondanti di numerosissime colture, in città e campagna, sui balconi, negli orti urbani e non, nelle aiuole e persino nelle zone aride, anche laddove lo spazio a disposizione è molto limitato. E con un impegno lavorativo davvero ridotto al minimo.
In questo libro Alessandro Ronca e Paolo Ermani guidano il lettore nella comprensione dell’importanza di questa soluzione, ora più che mai attuale con i problemi di siccità che viviamo; e spiegano, punto per punto, come progettare e autocostruire bancali, cassoni e vasi autoirriganti, all’interno di una nuova concezione di agricoltura leggera per le persone e l’ambiente.
L'ITALIA VERSO LE EMISSIONI ZERO
L'Italia è un paese dalle enormi potenzialità e ricchezze. Possiamo tutelare l'ambiente, garantirci abbondanza, prosperità, qualità della vita ed essere un esempio a livello mondiale. Abbiamo le competenze, le capacità, la tecnologia: non ci manca nulla per far diventare il nostro paese un giardino fiorito. Bisogna solo agire e farlo subito. Lo spiega Paolo Ermani nel suo libro "L'Italia verso le emissioni zer0".
In questo libro l'autore fornisce gli elementi per realizzare un'Italia:
Alimentata da energie rinnovabili ed energeticamente autosufficiente
Autosufficiente a livello alimentare
In cui le persone possano compiere il cambiamento e realizzare il proprio progetto di vita e lavoro
Che ridivenga comunità, riscopra l'autoproduzione e il saper fare
Con enormi prospettive occupazionali nei settori ambientali
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IL WORKSHOP
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