Gli attivisti di Greenpeace sono entrati in azione oggi presso la centrale Enel Federico II di Brindisi. "In Italia l’uso del carbone da parte di Enel fa danni per circa 1,8 miliardi di euro l’anno e causa una morte prematura al giorno" spiega in un dossier l'associazione che adesso chiede a Enel di dimezzare la produzione elettrica da carbone da qui al 2020 e di portarla a zero al 2030.
Oggi gli attivisti di Greenpeace sono entrati in azione presso la centrale Federico II di Brindisi, disegnando nei campi circostanti l’impianto un’enorme sagoma di circa 80 metri raffigurante un cadavere riverso al suolo con la scritta Enel Killer.
Con questa iniziativa l’associazione ambientalista intende indirizzare all’assemblea degli azionisti dell’Enel – che si riunisce a Roma oggi pomeriggio – i contenuti di una sua ricerca, anticipati ieri, in cui si evidenziano i danni alla salute e gli impatti economici dell’uso del carbone da parte di Enel.
“Siamo qui per ricordare agli azionisti di Enel che l’uso del carbone da parte del loro gruppo, in Italia, fa danni per circa 1,8 miliardi di euro l’anno e causa una morte prematura al giorno. Enel è soggetta a controllo pubblico da parte del ministero del Tesoro, ma in Italia vuole spendere poco e male, per realizzare solo nuovi impianti a carbone, avvelenare ulteriormente il Paese e deprimerne economia e occupazione. I suoi piani industriali devono cambiare radicalmente, puntando sulle fonti rinnovabili”, ha dichiarato Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia.
I dati pubblicati da Greenpeace (riferiti ai dati di emissione degli impianti Enel del 2009) indicano che 1,8 miliardi di euro è la cifra stimata per il costo indiretto della produzione di energia con il carbone da parte dell’azienda. Mentre sono 366 i casi di morte attesi in più, espressi in termini di mortalità prematura, pari all’80 per cento della mortalità in eccesso provocata da tutti gli impianti a fonti fossili di Enel.
“Che le emissioni delle centrali elettriche a carbone siano veleno è risaputo – ha dichiarato Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace -. Ora abbiamo una stima attendibile di cosa quel veleno causa, riferita all’azienda che maggiormente ne fa uso nel nostro Paese: una morte prematura al giorno, nel 2009. E se consideriamo che in quell’anno la centrale a carbone Enel di Civitavecchia non funzionava ancora a pieno regime, e guardiamo ai piani di espansione dell’azienda, con le centrali a carbone di Porto Tolle e Rossano Calabro, possiamo dire che questa macabra cifra potrebbe arrivare a sfiorare i 500 casi di morti premature l’anno in futuro”.
Nel 2009 il funzionamento dell’impianto Enel a carbone di Civitavecchia non era a pieno regime. Con quell’impianto pienamente funzionante, e a parità di produzione negli altri impianti, i casi di morti in eccesso diverrebbero oltre 400 l’anno e i danni economici salirebbero a 2,1 miliardi. Inoltre, secondo lo studio di Greenpeace, la realizzazione degli impianti a carbone Enel di Porto Tolle e Rossano Calabro costerebbe fino a 95 casi di morti premature all’anno in più e danni stimabili in ulteriori 700 milioni di euro l’anno.
Questi dati sono la prova cardine dell’inchiesta pubblica che Greenpeace ha aperto un mese fa sul gigante dell’energia, imputandogli crimini contro il clima e, ora, contro la salute.
Tutti gli indizi accumulati finora sono visibili a tutti sul sito www.FacciamoLuceSuEnel.org.
Attivisti di Greenpeace saranno anche presenti oggi in presidio di fronte alla sede centrale dell’Enel a Roma. L’organizzazione ricorda che Enel è l’azienda numero uno in Italia per emissioni di CO2, dunque la più nociva per il clima.
L’associazione ambientalista chiede all’azienda di dimezzare la produzione elettrica da carbone da qui al 2020 e di portarla a zero al 2030, investendo contemporaneamente in fonti rinnovabili per compensare la perdita di produzione.
Commenti