«In 18 prodotti sono state registrate concentrazioni elevate di PFC a catena lunga, ovvero i più pericolosi, nonostante la maggior parte dei marchi dichiari pubblicamente di aver eliminato questi composti dai loro prodotti» spiega Mirjam Kopp, responsabile del Detox Outdoor Global projec. «Il PFOA (Acido Perfluoroottanoico) ad esempio - un PFC a catena lunga responsabile di numerose patologie e malattie gravi come il cancro – è stato individuato in alcuni prodotti di marchi molto popolari come The North Face e Mammut. I risultati confermano lo scarso rispetto di questi marchi per la natura e per la nostra salute: non si fanno scrupolo di usare sostanze chimiche pericolose nelle loro filiere produttive. Insieme a tutti gli amanti della natura e degli sport all’aria aperta li sfidiamo a mostrarci veramente cosa vuol dire essere aziende leader nel rispetto dell’ambiente: per questo motivo chiediamo loro di smettere subito di usare sostanze chimiche così pericolose sottoscrivendo un impegno Detox. Ciò che preoccupa è che queste sostanze si degradano molto lentamente una volta immesse in natura entrando così nella catena alimentare e causando una contaminazione pressoché irreversibile. Abbiamo trovato i PFC in alcune delle aree più remote del pianeta, in animali come delfini e orsi polari e persino nel sangue umano».
I prodotti risultati contenenti Pfc sono quelli di marchi come The North Face, Patagonia, Mammut, Columbia e Haglofs.
Leggete qui il rapporto di Greenpeace
Cosa sono i PFC
I composti perfluorurati (PFC), sono molecole in cui tutti i legami carbonio-idrogeno sono sostituiti da legami carbonio-fluoro. Questi composti sono stati largamente impiegati negli ultimi cinquant’anni in virtù delle loro peculiari caratteristiche chimico fisiche. I PFC si presentano come lunghe catene carboniose (almeno 6 atomi di carbonio tranne i composti più recenti), che terminano con un gruppo polare. Questa struttura chimica conferisce una particolare resistenza termica nonché inerzia chimica, ed una eccezionale idrofobicità e lipofobicità. Caratteristiche queste ultime che hanno reso estremamente differenziato l’impiego dei PFC sia in ambito industriale che in quello domestico (polimeri plastici, carta, fibre tessili e pellame, schiume antincendio, cosmetici, casalinghi, etc.). In totale, si contano 23 classi chimiche di PFC. Queste molecole causano contaminazione ambientale. I PFC risultano resistenti nei confronti delle degradazioni possibili in natura (fotolitica, idrolitica, biotica aerobica o anaerobica) e sono in grado di bioaccumularsi negli organismi viventi, concentrandosi nella catena alimentare. Si sono dimostrati in grado di causare un’ampia gamma di effetti avversi, sia in studi di laboratorio, in vitro e in vivo, che in studi epidemiologici. L’esposizione potrebbe anche incrementare la permeabilità cellulare nei confronti di altri composti tossici, come ad esempio le diossine, potenziandone l’azione. Inoltre, l’interruzione della comunicazione cellulare, di per sé fondamentale per la crescita della cellula, può tradursi nella promozione di crescita cellulare anormale, e dunque nello sviluppo di tumori, specie in caso di esposizione cronica.
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