La guerra che si sta combattendo in Libia è accompagnata da un conflitto parallelo: una guerra mediatica che rende assai difficile ricostruire la realtà dei fatti. Vediamo perché.
Domenico Quirico, il reporter della Stampa sequestrato il 24 agosto con tre colleghi e liberato l’indomani da due giovani soldati di Gheddafi, rivela di esser stato accompagnato attraverso “l’enorme area di Tripoli ancora controllata dalle forze del regime”. E un combattente gheddafista, che si firma Libyan Liberal, racconta su Twitter che il 'lavoro' consiste nel difendere la popolazione da omicidi, stupri e saccheggi, mentre dal cielo le bombe della Nato fanno strage.
Le immagini della folla esultante sulla Piazza Verde? Forse è solo l’ultima beffa: si ipotizza addirittura un set televisivo negli studi di Al-Jazeera, nel Qatar. “Considero prive di ogni sostanza le notizie ufficiali che arrivano dalla Libia da tre giorni a questa parte”, scrive Debora Billi: possibile che la cronaca da Tripoli sia interamente falsa?
Sulle pagine web di Megachip , dove si cerca di scavare tra le macerie della scarsa verità rintracciabile attorno al conflitto libico, la Billi non si fa illusioni: meglio non prendere per oro colato neppure le 'voci nella notte' e i tweet lanciti da ignoti, che a loro volta non hanno presunzione di certezza. “Io sono così sciocca da credere ancora nei giornalisti”, racconta la Billi. “E così ho aspettato, e ravanato faticosamente in rete”.
Primo reperimento, la Bbc. Titolo: “Conflitto in Libia: fatti o finzioni?”. Prendiamo il delfino di Gheddafi, il figlio Saif Al-Islam che arringa i fedelissimi fuori dal compound del padre: “Queste immagini mettono a rischio la credibilità dei ribelli e danneggiano quella dell’International Criminal Court e provano, qualora qualcuno avesse ancora dubbi, che questa è una guerra mediatica”.
È una guerra di percezione e di informazione, continua la Bbc. “È significativo che gli aiutanti di Saif al-Islam sono andati direttamente al Rixos Hotel per svegliare i giornalisti e dimostrare che era ancora libero”. E un reporter dall’Associated Press rivela: “Saif Al-Islam (all’Hotel Rixos) mi ha detto: “Vi state perdendo una grande storia. Venite con me, vi mostrerò i punti più caldi di Tripoli”.
Un gruppo di giornalisti è saltato in una seconda macchina, e lo abbiamo seguito insieme ai suoi soldati, nel buio attraverso la città. Sembrava fiducioso e sicuro, e aveva un messaggio da mandare: Gheddafi è ancora al suo posto, ancora combatte e ancora ha i suoi sostenitori. Poi siamo tornati all’hotel. Non sappiamo come finirà, e vediamo poco di quello che accade. Posso raccontarvi una storia su giornalisti intrappolati, ma la vera storia di cosa sta accadendo il Libia è là fuori. Sfortunatamente, non possiamo raccontarvela”. E allora, chi ce la sta raccontando?
“Ma seriamente, gente, cosa è successo al giornalismo?”, si domanda l’Huffington Post: “Sembra che i media occidentali siano diventati il braccio della propaganda dei ribelli. O forse è solo pigrizia terminale. Diverse settimane fa i ribelli hanno ammazzato il loro comandante militare, pare per via del fatto che fosse della tribù sbagliata. Non abbiamo mai avuto una spiegazione, e le domande dei media sono state fermate”. Ma non è tutto. Mesi fa, continua l’Huffington Post, alcuni reporter a Bengasi hanno notato che i Jihadisti dell’Est – gli stessi che “erano stati ad ammazzare americani in Afghanistan” – ora stavano tornando in Libia per fornire ai dilettanti ribelli un po’ di preparazione professionale. “Avete sentito qualche giornalista parlarne? Come entreranno costoro nel governo nazionale? E cosa dire di quelle operazioni coperte, mercenarie, che preparano e forse guidano le milizie?”.
Gli esperti di intelligence di Washington si sono chiesti come prevenire che il nuovo governo 'venda' armi ad Al Qaida in futuro, ma non si chiedono perché dovremmo preoccuparci di Al Qaida che compra armi da un governo, quando la stessa Al Qaida potrà essere parte di quel governo che possiede le armi. “Noi serviamo il pubblico riportando solo quello che sappiamo e abbiamo confermato come vero. Si chiama integrità giornalistica. La quale è a quanto pare andata persa – e non solo alla Fox, ma in tutta la stampa mainstream mondiale. Vergogna”.
Non c’è molto altro, nei media mainstream. “Vorrei aggiungere solo due parole sulla stampa nostrana: La Repubblica sta facendo un lavoro indecente, che va oltre persino il concetto di propaganda”, scrive Debora Billi. “Con i cecchini del rais sparano ai bambini” è scesa a livelli che neanche in nord Corea o ai tempi del maccartismo. Qualcuno critica anche Il Fatto, dove mi capita talvolta di scrivere. C’è una differenza importante: sul Fatto sono possibili i commenti (cosa che Repubblica impedisce), e se li leggete scoprite con sbalordimento quanto la gente sia infuriata verso quella che percepisce come vergognosa guerra di propaganda. Il Fatto se ne è accorto, e ha moderato un po’ i titoloni scandalistici. Gocce nel mare”.
Articolo tratto da LIBRE