Hollywood Boulevard. "Che cosa c’è in questa lunga strada a (r)esistere anche se non appare? Forse l’idea che in questo posto, che è soprattutto un nome, i sogni possano avverarsi a occhi aperti?"
A Hollywood Boulevard decine e decine di stelle di marmo rosso, incise nel pavimento, ricordano i nomi di famosi uomini e donne, personaggi del mondo dello spettacolo che, nella musica, nel cinema, nel teatro, nella radio e nella televisione, si sono fatti apprezzare per i loro talenti e per il modo in cui li hanno messi a servizio del pubblico, proprio e dell’arte. Le stelle non si possono ottenere in alcun modo, non si possono cioè chiedere né comprare. Si può essere proposti per occuparne una e in seguito decidere di volerla oppure no.
Se si accetta, bisogna pagare una somma di 35 mila dollari, non per forza di tasca propria: possono pagarla le case di produzione, i discografici, gli sponsor, i fan club. Pare che l’unico a non averla accettata per via della cifra, respingendo l’idea che non fosse comunque un riconoscimento gratuito, è stato Clint Eastwood. Per il resto, in Hollywood Boulevard ci sono teatri e cinema, alcuni famosissimi, come quelli – non è sempre stato lo stesso - in cui ogni anno vengono assegnati gli Oscar, altri messi peggio, in ristrutturazione o in attesa del ritorno di tempi più gloriosi. Tutti i giorni migliaia di turisti affollano questi due marciapiedi ai lati della strada, circondati da negozi di souvenirs e da fast food cinesi, messicani, vegetariani, indonesiani, texani, thailandesi. Odori di cannella e caramelle, di burro e di bacon e di qualsiasi altra cosa purché fritta infrangono l’aria fresca che arriva dall’oceano.
I negozi vendono magliette e targhe con decine di nomi celebri, ma anche occhiali da sole, orecchini e cappelli. E si rischia continuamente di inciampare in una finta stella, una copia cioè, un sosia con cui farsi fotografare: non solo Rambo e Leonardo Di Caprio, personaggi e attori, ma anche Wonder Woman e Dart Fener, Minnie e Topolino. Tutto quel che la fantasia di sceneggiatori e registi ha creato in più di un secolo circola in questa lunga strada, evocato dai manifesti, dalle riproduzioni in carne e ossa, da quelle in cera, dai ricordini che si possono infilare in borsa.
Delle vere stelle però non c’è traccia, e di quelle sul marciapiede la maggior parte delle persone che attualmente ci camminano sopra non saprebbe dire chi siano state, il loro nome non è più famigliare. Dunque perché sono qui? Che cosa c’è in questa lunga strada a (r)esistere anche se non appare? Forse l’idea che in questo posto, che è soprattutto un nome, i sogni possano avverarsi a occhi aperti, che per decine e centinaia tra i milioni di aspiranti star sia diventato realtà quello che tutti gli altri consideravano impossibile. Forse è questo posto, ancora oggi, la sola Utopia in cui si possa passeggiare, a cui si creda nonostante l’evidenza tenti come sempre di nasconderla e negarla circondandola di banalità e confusione.
Dev’essere il desiderio della fama e del successo, la magia del buio in sala, lo scintillare di vestiti, le scene apocalittiche di cowboy e interminabili baci a tenerla viva, a ritenerla vera. Molti cambiamenti che ci riguardano sono cominciati da lì: modi di immaginare, emozioni, speranze, memoria, ambizioni, serate. Il fatto che oggi la copertina sia sbagliata, sporca e consumata, non può rendere meno perfetta la storia che contiene.