Una società per la quale l’unico metro di paragone e motivo di esistenza siano i soldi dimostra tutto il suo fallimento soprattutto negli aspetti essenziali che ci tengono in vita.
Nell’agricoltura e alimentazione la mercificazione estrema ha avuto tragiche conseguenza. Come è possibile infatti mercificare quello che tutti dovrebbero avere in maniera gratuita perché base della sopravvivenza? Si considera il cibo come merce in cambio di denaro rendendolo un oggetto qualsiasi, del quale viene persa ogni importanza e sacralità.
Che non abbia più sacralità lo dimostra anche lo spreco enorme che contraddistingue le nostre società opulente ma povere di valori e anima. Così povere che si permettono di buttare tonnellate e tonnellate di cibo ogni giorno (lamentandosi poi che non ci sono abbastanza soldi), in spregio a qualsiasi minima regola di coesistenza umana; e i paesi più ricchi sono malati di obesità mentre nei paesi cosiddetti poveri ottocento milioni di persone soffrono la fame. Ma tutto ciò ai paladini della salute (del proprio conto in banca), non interessa nulla, né interessano l’obesità, il diabete, le malattie cardiovascolari e mille altre patologie che provocano lutti, al cui confronto il covid impallidisce. A ciò si aggiungono i danni e le malattie provocate da tutti i veleni usati in agricoltura e che poi finiscono nell’acqua e negli alimenti. Idem come sopra, sono danni, malattie e lutti che non contano, non essendo propedeutici per gli interessi economici di nessuno.
E non finisce qui, perché i danni all’ambiente e agli altri esseri viventi causati dall’agricoltura attuale sono catastrofici; ma anche in questo caso non interessano granché non avendo i danneggiati sponsor di lusso per la loro difesa. L’agricoltura e l’alimentazione vanno quindi ripensate completamente ribaltando il paradigma per il quale sono considerate esclusivamente merce da vendere.
Quando si vuole vendere qualcosa e si deve competere ferocemente, non si hanno limiti e scrupoli e tutto viene sacrificato per il profitto. Per ovviare a questo problema, per ritornare ad avere il controllo di quello che si mangia e smettere di inquinare l’impossibile, la nuova agricoltura dovrà essere contraddistinta da tre aspetti: l’autoconsumo, lo scambio o baratto e la vendita delle eccedenze. In un ottica di risparmio, contatto con la natura, aumento della qualità della vita e diminuzione dei costi, la produzione agricola per autoconsumo dovrà essere una prassi normale e diffusa fra tutte le persone. Non esiste nessuno che non sia in grado di autoprodursi una gran parte del proprio cibo, a maggior ragione utilizzando le varie tecniche e derivazioni dell’agricoltura biologica connesse ad esempio con sistemi di food forest, ovvero foreste commestibili che, entrate a regime, hanno bisogno di poco lavoro e danno buoni risultati. Oppure progetti, come quello francese di Bec Hellouin o della famiglia Dervaes negli Stati Uniti e migliaia di altri simili, che ci dimostrano che anche con piccoli appezzamenti si possono avere raccolti ottimi e abbondanti.
Poi abbiamo il sistema degli orti autoirriganti di Alessandro Ronca, direttore del Parco dell'Energia Rinnovabile, e gli orti elementari di Gian Carlo Cappello che indicano quanto sia semplice ed efficace coltivare con poco lavoro, poca acqua e tanto raccolto. E per avere terreno a disposizione non bisogna certo essere ricchi e non bisogna nemmeno necessariamente disporre di ettari. Terre in affitto si trovano per cifre basse e partecipare a orti collettivi è ormai accessibile quasi in ogni città viste le esperienze che si diffondono dappertutto.
Terre in abbandono poi sono ovunque e chiedere ai Comuni o ai proprietari un comodato d’uso può essere una buona alternativa all’abbandono, e poi ci sono gli usi civici; quindi per chi vuole coltivare ci sono tante possibilità. L’obiettivo principale deve essere l’autoconsumo e per quello che si produce in più si possono effettuare scambi con chi produce altre varietà; in ultima ipotesi si può prevedere la vendita delle eccedenze. In questo modo si riducono drasticamente le spese, si produce cibo di qualità, si ricostruiscono relazioni sociali comunitarie, si fa sana attività fisica, si lavora all’aria aperta, si apprezza e rispetta la natura che ci dà la vita, si elimina l’utilizzo di veleni vari, di conseguenza si migliora la salute nostra e del pianeta e si relega ad un posto non prioritario l’aspetto mercantile la cui predominanza assoluta ci sta portando alla catastrofe globale. E’ il caso di andare speditamente in questa direzione e guardare all’agricoltura con occhi diversi da quelli ormai ciechi a cui siamo abituati.
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IL LIBRO
L'ITALIA VERSO LE EMISSIONI ZERO
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