“Per molte persone della mia generazione nient’altro è durato quanto i vent’anni di berlusconismo. Nient’altro nella loro vita: il lavoro, un matrimonio, un progetto”. Chissà nel prossimo ventennio...
Per molte persone della mia generazione nient’altro è durato quanto i vent’anni di berlusconismo. Nient’altro nella loro vita: il lavoro, un matrimonio, un progetto. Ed è la durata di un evento a caratterizzare di significato l’esistenza a margine. Persino se quell’evento fosse esso stesso marginale, se di quell’evento non si fosse stati responsabili o convinti fautori.
Potrebbe essere spaventoso domandarsi, alla luce di questo dato, che cosa ne sarà di migliaia di giovani persone i cui vent’anni ‘forti’, quelli della formazione intellettuale e delle esperienze fondanti per la vita sociale e privata, sono stati caratterizzati dall’invadenza di un personaggio pubblico capace di raccogliere odi invincibili e smisurata ammirazione.
Tra questi due estremi emotivi si sono spese e sciupate molte intelligenze, molte energie, molte possibilità. Tutto quel che sarebbe stato ragionevole praticare, in termini di analisi e proposte per lo sviluppo e la crescita del Paese, è stato boicottato e distratto dalla soluzione di problemi inutilmente urgenti e in grado di complicarsi di giorno in giorno.
Il rancore da un lato e la fascinazione dall’altro, a seconda del lato su cui ci si collocava, sono stati un modo deprimente e delirante per continuare a stabilire il proprio valore, sotto forma di disapprovazione, demonizzazione e quindi dissociazione, oppure di emulazione e dedizione fino all’entusiasmo dionisiaco. E via via, senza opporre più resistenza, il tempo di tutti è stato occupato a fare i conti con questo scontrino su cui addendi e totale non combaciavano con la logica previsione, con la memoria dei fatti, con la giusta valutazione del prezzo per una consumazione al banco.
Via via, alcuni reclamandolo, altri protestandolo, hanno sottratto le proprie esistenze a un più degno dovere di servizio, a un diritto d’ottimismo, al raffinamento di immaginazione e competenza, al piacere di dialoghi esigenti e generosi.
Chissà se nel prossimo ventennio potremo smettere di occuparci di questo pallottoliere difettoso, lasciare il giocattolo in un angolo finché non diventi un oggetto d’epoca, non cadere nell’ultima trappola: quella della recriminazione, della rabbia per l’orizzonte di un futuro rubato, dei cittadini, genitori, colleghi, studiosi, compagni, che non siamo diventati. E invece provare a vivere senza ipnotici rompicapi, a ricostruirci fiduciosi, responsabili - quelli della mia generazione - mettendo alla prova una nostra idea di mondo.