Il batterio espiatorio

Discariche di rifiuti tossici, falde inquinate, fanghi di depurazione, terre e prodotti agricoli avvelenati, epidemie di polmonite e non solo; terre intrise di pesticidi, natura tutta messa a dura prova dai cambiamenti climatici, olivi disseccati. Ma la colpa di chi è? Dei batteri, di chi se no?

Il batterio espiatorio

Nell'estate del 2018 in Italia abbiamo avuto un'epidemia di polmonite particolarmente violenta, in alcuni casi mortale. Non lo sapevate? Vi era sfuggito? Ve ne eravate dimenticati? E' comprensibile, dato che i cosiddetti media mainstream, cioè quelli che vanno con la corrente, un'unica corrente come i condotti fognari, non hanno battuto la grancassa. E come mai non hanno battuto la grancassa della mortale pandemia, come invece facevano per ogni caso di morbillo vero o presunto, almeno fino a che c'è stata rivolta e polemica per la serqua di vaccini obbligatori con cui imbottire creature appena nate? Per lo stesso motivo: il direttore d'orchestra. Il quale ha alzato e agitato vigorosamente la bacchetta per il morbillo ecc., mentre l'ha abbassata intimando un "pianissimo" per la polmonite.

Proviamo a capire il perché di sinfonie tanto diverse per problemi apparentemente simili.

Nel settembre 2018, con temperature che si aggiravano sui 23-24 gradi, nella zona di pianura padana tra Brescia, Cremona e Mantova c'erano circa 600 persone con la polmonite, più di 200 erano state ricoverate, molte erano in terapia intensiva, 5 erano morte.

L'epidemia è proseguita anche in ottobre ma la sorte degli altri non la conosciamo perché a quel punto l'orchestra si è azzittita del tutto.

Una volta la polmonite era collegata alle temperature invernali, colpiva più nei climi freddi e la ragione è evidente: con il freddo l'apparato respiratorio è sottoposto ad un maggiore sforzo e subisce una maggiore minaccia. L'aria fredda inalata, in poche parole, non fa bene ai nostri polmoni e il loro sistema immunitario deve darsi da fare più del solito. Un'altra conoscenza un tempo di dominio pubblico era che di polmonite si moriva prima della scoperta degli antibiotici. Quante vite aveva salvato la penicillina! Quante volte l'abbiamo sentito dire ed era senz'altro vero. Ma l'epidemia di polmonite padana si è sviluppata in estate e gli antibiotici non hanno sempre funzionato. Come mai? Cosa è successo nella bassa bresciana, e in particolare tra Montichiari, Calvisano e Carpenedolo, per farlo diventare il triangolo della polmonite violenta e resistente ai medicinali usuali? La scienza medica nelle vesti della ASL è andata alla ricerca della risposta. Cosa ha cercato? Ma il batterio! Il batterio assassino.

L'umanità sviluppata e la sviluppata scienza del 2000 vedono nella natura, cioè nella vita, la fonte di tutti i mali, la nostra nemica numero uno. Forse perché noi siamo i suoi nemici e, come tutti i colpevoli, demonizziamo le nostre vittime. Perché, cos'è il batterio, infine? E' l'origine di tutta la vita, e non si tratta di un particolare insignificante. I batteri sono i primi organismi viventi apparsi sul pianeta, più di 3 miliardi di anni fa. Se ne deduce logicamente che tutti noi siamo i loro eredi biologici, anche se molto alla lontana. Di batteri è pieno il nostro organismo, che senza di loro non potrebbe funzionare. Non solo i più conosciuti batteri della flora intestinale, che ci permettono di elaborare e assimilare il cibo, ma... udite, udite! Pare che ci siano batteri persino nei nostri cervelli.

Batteri che forse presiedono a qualche funzionamento del cervello stesso, ancora non compreso dalla moderna scienza. Visto come sta funzionando il cervello di gran parte di noi umani all'apice del progresso, direi che quei batteri sono messi a dura prova.

Comunque sia, senza i batteri siamo tutti morti, ma non solo per quelli che ospitiamo direttamente. La vita del suolo e la sua fertilità, cioè tutto ciò che cresce sulla terra e che produce ossigeno, tutto ciò che coltiviamo e mangiamo non può prescindere dai batteri: sono loro che, insieme a insetti e funghi, trasformano in humus foglie morte, legni morti e... cacca. Sono loro che creano i presupposti per tutta la vita vegetale, che significa aria e cibo per tutti noi animali. Dunque? Ah, già, ci sono i batteri patogeni, cioè portatori di malattie. Batteri che possono essere veicoli di malattie, possono infettarci. Possono. Non sempre lo fanno, anzi non lo fanno quasi mai, altrimenti, dato che loro sono innumerevoli e noi molto meno, saremmo tutti morti o, per essere più precisi, se non fossimo resistenti anche ai batteri patogeni, non saremmo proprio mai esistiti. Dunque, quando ci infettano? Quando il nostro sistema immunitario non funziona bene, è debole o squilibrato o sovraffaticato.

Ecco dunque la domanda che una scienza degna di questo nome avrebbe dovuto farsi: "Perché il sistema immunitario di una parte così ingente di abitanti della pianura padana tra Montichiari, Calvisano e Carpenedolo è talmente indebolito che, con temperature estive, 600 persone si ammalano di polmonite e, nonostante tutte le cure della moderna scienza medica e gli antibiotici a sua disposizione, alcune muoiono e buona parte fatica a guarire?"

Voi vi sareste posti il problema ma la ASL no. La ASL ha trovato qualche batterio di Legionella (dato che li ha cercati con tenacia, doveva trovarli per forza) e ha dato a loro la colpa di tutto. Il coro dei mediazombi ha cantato, appunto, in coro.

Da notare che meno del 10% dei pazienti con polmonite ospitava il batterio-(non)assassino.

E allora? Allora, niente.

Il fatto che l'epidemia si sia sviluppata nella zona più inquinata d'Italia (d'Europa? del mondo?) non conta per i suddetti individui delle varie categorie.

Il fatto che in un comune di 23.000 abitanti, Montichiari, ci siano 21 discariche di rifiuti, in buona parte rifiuti tossici e speciali, non ha importanza nella ricerca delle cause di un'epidemia.

Il fatto che 364.000 tonnellate di fanghi di depurazione ogni anno vengano trattati da impianti tra Lonato, Calcinato e Calvisano, e poi sversati in parte nei campi della zona, avvelenando terra e acqua (e anche l'aria non se la passa bene), non conta.

Il fatto che la stessa ASL nel maggio 2017 sia stata costretta dal furore popolare a fare un'indagine epidemiologica sul territorio di Montichiari, i cui risultati erano che nel suddetto territorio si registra il 55% di morti in più per tumori delle vie respiratorie e il 23% in più di morti per patologie respiratorie (e la polmonite non è forse una patologia respiratoria?) sembra essere stato dimenticato dalla stessa ASL.

E' troppo scomodo incolpare i rifiuti tossici e speciali e il loro smaltimento inadeguato, che permette a dei mostri umani di guadagnare cifre stratosferiche di denaro; è ancora più scomodo incolpare il sistema che produce quelle montagne di rifiuti non biodegradabili, un sistema di cui tutti facciamo parte e che non vogliamo fare lo sforzo di cambiare, anche se ci sta uccidendo.

Meglio incolpare i batteri, allora. Per quelli bastano gli antibiotici. O no? Pare di no ma l'evidenza non conta. Conta quello che dice la scienza, nelle vesti della ASL. E che i mediaservi ripetono, amplificandolo fino al rintontimento. E' colpa del batterio, cioè della maledetta vita. Non dei benedetti affari e affaristi, consumi e consumisti; dei dementi arraffatori speculatori mafiosiomeno e carrieristi di dutte le specie.

Un batterio risolve sempre tutto! E già ce l'aveva dimostrato la famigerata Xylella, il batterio in questo periodo più famoso al mondo. Al quale hanno dato la colpa del Disseccamento Rapido degli Olivi, e in questo caso nonostante la scienza,  nelle vesti del professor Piero Perrino, ricercatore del CNR, ex direttore dell'istituto  del Germoplasma del CNR di Bari, docente all'Università di Birmingham e a quella di Bari (sappiamo che per i cultori della Scienza sono importanti i curricula, ma solo quando la scienza dice quello che fa comodo al business) dicesse, con argomentazioni particolareggiate e difficilmente confutabili, che gli olivi del Salento stanno morendo di avvelenamento da glifosato, quell'erbicida che è stato capace a suo tempo di far morire anche gli alberi della giungla vietnamita e milioni di bambini vietnamiti come effetto collaterale.

E nonostante la scienza, nelle vesti di una ricerca commissionata dall'Unione Europea, abbia trovato il batterio (non) pernicioso solo in una metà delle piante ammalate.

La logica ci direbbe che, dove grandi quantità di glifosato vengono irrorate anno dopo anno, come succede in buona parte del Salento, per avere terreni trasformati in terra battuta, completamente nudi come sono quelli di molti uliveti pugliesi, tali quantità di glifosato basterebbero da sole a uccidere anche quelle creature straordinariamente resistenti e longeve che sono gli ulivi. Tuttavia, come l'araba fenice, essi risorgono dalle proprie ceneri (se gliene si dà la possibilità), ributtano nuovi rami e foglie ostinatamente.

Non importa. Nonostante la logica, il buonsenso e una parte della scienza, oltre all'esperienza degli agricoltori e abitanti del Salento, dicano che non è il batterio a determinare il disseccamento degli ulivi, come se niente fosse si continua a colpevolizzare l'innocente. Che è presente in ogni prato e in ogni campo, ma sembra più difficile sia presente dove il glifosato viene sparso a vagonate.

Perché? Perché il povero batterio permette e promette lauti guadagni a un'ampia fetta dei già citati mostri umani, quegli adoratori del Dio Denaro a cui sacrificano ogni giorno vite innocenti. Altro che i sacrifici umani sugli altari degli Aztechi!

Gli ulivi secolari sradicati (a spese di chi? A spese nostre) diventano combustibile per le centrali a biomasse: ed ecco i primi guadagni, sradicare e bruciare. E poi, udite, udite! Sono già pronti gli ulivi industriali brevettati della multinazionale Agromillora Group, "leader mondiale nel settore vivaistico" e grande sovvenzionatrice dell'Università di Bari nella ricerca di cultivar brevettate di cui si spartiranno felicemente i "diritti d'autore".

Ulivi da coltivare a spalliera, che producono subito e muoiono dopo 15 anni; ogni 15 anni si devono ricomprare, pagando le royalties-mazzette ai pirati dell'agroindustria e ai loro manutengoli "scientifici". Però, c'è un però: non hanno bisogno di manodopera, essendo rachitici e coltivati a spalliera. Una macchina con un essere umano può far tutto, potare, concimare, raccogliere. E allora questi "ulivi d'autore", a cui si può dare tutto il veleno (sovvenzionato) che si vuole, tanto sono già moribondi appena nati, piacciono a una parte dei latifondisti, detti "agrari", del sud. Che possono prendere i rimborsi (pagati da tutti noi) per gli ulivi spiantati, le sovvenzioni per quelli inadatti alla vita, e lasciare a casa qualche decina di operai. Benedetta xylella! Quanti divoratori del pianeta e delle nostre tasse mette d'accordo!

Peccato, un vero peccato che piccoli e medi agricoltori e i soliti ambientalisti fanatici degli alberi mettano sempre i bastoni tra le ruote. Neanche i batteri riescono a fermarli.

 

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