"Legno vivo – Xylella, oltre il batterio" è il titolo del film-documentario autoprodotto da un team di quattro professionisti della comunicazione, Elena Tioli, Francesca Della Giovampaola, Filippo Bellantoni e Simone Cannone. Che hanno indagato cosa c'è dietro l'affaire xylella...
Alla prima nazionale tenutasi alla Camera era presente anche l'oncologa Patrizia Gentilini, membro dell'associazione Isde-Medici per l'Ambiente, che ha elogiato il lavoro di indagine e documentazione.
«Se i monitoraggi ufficiali della regione Puglia segnalano solo un 2% di olivi positivi a Xylella e, tra gli alberi disseccati, non più del 10% di presenza del batterio, di cosa stanno morendo le altre piante? Come possiamo salvare questi monumenti della natura? E cosa rischiamo perdendoli? A queste e ad altre hanno voluto rispondere gli autori, con un documentario che va ben oltre la questione fitopatologa, come più volte è stato denunciato anche dalla sottoscritta e da Isde – Associazione medici per l’ambiente» dice e scrive la dottoressa Gentilini.
«La vicenda della Xylella, su cui a più riprese sono intervenuta, presenta infatti diverse lacune e ambiguità per cui ha attirato fin dall’inizio l’attenzione dell’Isde. Le “cure” proposte – ad esempio l’obbligo previsto dal decreto Martina prima e Centinaio poi, di utilizzo di pesticidi tossici e pericolosi al fine di eliminare l’insetto vettore della Xylella – ci sono immediatamente apparse “una cura peggiore del male”, tanto più in assenza di una qualunque evidenza scientifica circa la loro efficacia» prosegue l'oncologa che ha dedicato al film-documentario un suo intervento nel blog che cura sul Il Fatto Quotidiano.
«Il documentario non è solo bellissimo e coinvolgente, ma è anche una testimonianza preziosa di quanto sta accadendo a livello agricolo, economico, sociale, ambientale e sanitario in quella regione. Le immagini esclusive valgono più di mille parole. Il documentario parte dal Salento per arrivare in Almeria e si snoda attraverso interviste a professori, scienziati, agricoltori, giornalisti, costituzionalisti ed eminenti studiosi come Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale, che si chiede come è possibile che piante, anche millenarie, che hanno attraversato ogni tipo di avversità, si trovino oggi in questa situazione, in cui noi stessi rischiamo di trovarci se non invertiamo immediatamente la rotta - prosegue Gentilini - E ancora: il professore emerito di Microbiologia dell’Università di Pisa, Marco Nuti, che afferma che la Xylella è endemica e che l’unica risposta è la convivenza con il batterio, così come già sta succedendo in Toscana, Francia, Corsica e Spagna, dove, malgrado la presenza del batterio, gli abbattimenti non avvengono».
«Il professore Nuti, a margine della proiezione, ha anche illustrato gli ultimi studi scientifici sulla correlazione tra microbioma terrestre, salute delle piante e salute umana. La terra è viva e dal suo stato di salute dipende la vita che in essa sorge. L’importanza della componente biologica per la fertilità dei terreni è ormai scientificamente assodata. Da essa, secondo Nuti, dipende la capacità delle piante di reperire nutrimenti, acqua e energie necessarie per prosperare e difendersi dalle sempre più gravi criticità climatiche e da vecchi e nuovi agenti patogeni, compresa Xylella fastidiosa».
«Non tutti condividono. Nel documentario viene dato anche spazio a chi afferma che per “la Xylella non c’è cura” e a chi vede negli abbattimenti l’unica soluzione - scrive ancora Gentilini - E poi ai diretti interessati: da un lato gli olivicoltori che difendono i propri olivi che curati e potati con metodi tradizionali continuano a dare un ottimo raccolto, dall’altro a quelli che in piazza sui loro trattori protestano chiedendo sussidi e invocando gli stessi aiuti economici dati in Spagna. Ma cosa è successo nel sud della Spagna, dove già da anni si è imposto il modello dell’agricoltura industriale e si sono espiantati olivi secolari per fare impianti intensivi? Nella provincia di Almeria, dove il modello agricolo che oggi si sta imponendo alla Puglia ha già preso piede dagli anni 90, l’agricoltura tradizionale è stata soppiantata da quella industriale e in soli 25 anni il paesaggio è cambiato drasticamente, così come la vita di chi abita quei luoghi: falde acquifere prosciugate; fiumi che fino al 2000 portavano 90 litri di acqua al secondo, oggi non arrivano a 4; pozzi da cui non si tira su neanche una goccia di acqua; suoli sempre più sterili e devastati da fitofarmaci e fertilizzanti; emigrazione altissima e paesi abbandonati; terre svendute a due lire; acqua desalinizzata dai rubinetti delle abitazioni; campagne vuote, di uomini e di animali; ulivi resi improduttivi dalla potatura meccanizzata dopo neanche 10 anni anni dalla messa a dimora. Il sistema agricolo è stato stravolto e i paesi sono stati abbandonati. Qui oggi l’acqua è il nuovo oro».
«È questo il futuro della Puglia? Perché tanta fretta di espiantare e addirittura incendiare, come testimoniato nel film, piante sane, tracimanti di olive, oppure alberi che, attraverso buone pratiche agricole e nuove sperimentazioni scientifiche, stavano riprendendosi dal disseccamento, quasi fossero scomodi testimoni del fatto che la natura – se si smette di violentarla – è in grado di riprendersi? - prosegue ancora l'oncologa di Isde - Spero che questo documentario venga visto e incontri il successo che merita, perché è anche un invito a guardare oltre il problema locale e a riflettere sull’etica attuale. Nell’antica Grecia era prevista la morte per chi abbatteva un ulivo. Oggi invece i rischi li corre chi cerca di salvarli».
Per informazione sul film-documentario si può scrivere a info@legnovivofilm.it.
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