La decisione di Robert Habeck è arrivata dopo che anche i suoi dati e conversazioni personali erano stati trafugati e resi pubblici, ma soprattutto il filosofo ecologista tedesco ha motivato la sua decisione affermando che i social sono troppo aggressivi, ci sono «odio, cattiveria e diffamazione».
Il rappresentante dei verdi tedeschi deve essere una persona coraggiosa. Infatti quale politico odierno di spicco sarebbe così pazzo da abbandonare i social? Nessuno ovviamente, ma ci sono persone che fanno della loro ipotetica pazzia un segnale di grande sanità mentale e indicano una strada da percorrere che non è quella battuta da tutti.
Siamo infatti nell’era dove si fanno le cose che fanno e dicono tutti solo perché è così e va bene così. Difficilmente ci si chiede se quello che si sta facendo ha risvolti negativi o aspetti deleteri, si fa e basta. Tutti hanno il cellulare, allora anche io, altrimenti rimango tagliato fuori. Tutti guardano la televisione, allora anche io altrimenti di cosa parlo il giorno dopo sul posto di lavoro. Tutti mangiano cibo immondizia, allora anche io altrimenti sembra che voglio creare problemi a tavola. Tutti ci tengono a vestirsi firmato e alla moda e allora anche io, mica posso fare la figura del pezzente o farla fare ai miei figli. Tutti usano i social e allora anche io altrimenti non esisto.
Però poi ogni tanto c’è chi afferma che la televisione è sostanzialmente spazzatura, che il cibo dovrebbe essere più sano e le morti per cancro aumentano anche a causa del cibo chimico industriale, che ormai i cellulari ci hanno reso dipendenti, che i social istigano all’odio e al litigio costante e quando li si usano, il cervello molto spesso non è connesso alla tastiera. Ma soprattutto che la tecnologia ci ha rubato una parte preziosissima della nostra vita, il tempo di riflessione e per noi stessi. E se qualcuno fa simili affermazioni, si scopre che sono più condivise di quanto si pensi e che la dittatura del pensiero unico digitale non è così livellante come sembrerebbe.
Del resto proprio il fatto che la politica che ormai si faccia a colpi di Twitter e che Trump, il presidente del più potente paese al mondo, interagisca quasi esclusivamente con questo modello di comunicazione, la dice lunga del "livello sottoterra" a cui siamo arrivati.
Quindi Habeck, che si sottrae a tutto ciò, non è una persona snob o che non accetta il confronto, bensì qualcuno che ha capito che Twitter e i social stanno diventando sempre più uno sfogatoio fine a se stesso dove vince quello che urla o appare di più.
La riprova di ciò è che questi mezzi nelle mani dei politici sono devastanti e li fanno diventare ossessivi, maniaci della loro immagine e costantemente ci mettono al corrente di quello che dicono e fanno, compreso quando vanno al bagno. Uno spettacolo che è veramente avvilente prima di tutto per loro stessi che probabilmente non riescono a esprimere un concetto più lungo di un tweet o un video maggiore di qualche minuto, perché si sa che la gente più di quel tempo non regge l’attenzione; e invece di pensare a una cosa del genere come aberrante, ci si adeguano tranquillamente. E in quei pochi minuti non si tratta certo di testimoniare pensieri o concetti interessanti ma solamente pornografia costante di se stessi, ancora più oscena della pornografia tradizionale. In questa pornografia ci mettono di tutto, compresi figli, mogli, mariti, amanti, parenti, amici, fanno qualsiasi cosa pur di strappare un like in più e... restare con un neurone in meno. Senza contare che tanto i like ormai si comprano e si vendono come al mercato, quindi, soprattutto fra le persone in teoria più conosciute, non c’è nessuna attendibilità sui loro “seguiti”, che vengono gonfiati artificiosamente come le pubblicità di quarta categoria sui rimedi miracolosi per l’impotenza maschile.
Mettere in discussione la stupidità, la banalità, l’odio e la ferocia non è sottrarsi al confronto ma non ritenere questi mezzi il confronto, perché in effetti non lo sono. Sarebbe come dire che il confronto è quello di un ring e l’unica regola è tirare cazzotti. Ormai sono tanti i libri che spiegano chiaramente che i social sono, al pari della televisione, un mezzo di distrazione di massa ad uso di chi vuole controllare, manipolare il prossimo e fare soldi raccogliendo dati delle persone. E questo lo si ottiene facendo pure credere che attraverso i social si fanno le rivoluzioni, i grandi cambiamenti. L’unica rivoluzione evidente è quella del conto in banca di Zuckerberg e compagni di merende, che sono arrivati a cifre interstellari.
Inoltre, la stessa vicenda che ha visto Habeck vittima di hackeraggio dei suoi dati, così come molti altri politici tedeschi da parte di un ventenne, è la conferma che non c’è nessuna sicurezza nell’uso di questi mezzi e chiunque con un po’ di conoscenze in merito può dare in pasto al pubblico tutti i nostri dati. Quindi, comunicare diversamente dai social, a maggior ragione per un politico, è un segno di autonomia. Vuol dire che ritiene di poter comunicare con le persone senza dover ogni giorno ingaggiare una guerra dialettica o farsi mille selfie al minuto per far vedere che lui è uno di noi, come se vedendo spettacoli indecenti, quali quelli di ingurgitare ogni tipo di cibo condividendolo in rete, sia un modello da seguire e non il ritratto di poveracci che riescono ad esprimersi solo a colpi di forchetta.
Chi si domanda, chi fa delle osservazioni articolate e profonde oltre i pochi caratteri di Twitter, chi non si ferma al "si fa e basta", è qualcuno che indica una strada diversa, degna di attenzione e rispetto. Staremo a vedere quali mezzi comunicativi utilizzerà Habeck e se avranno ragione coloro che dicono che senza i social non esisti, per il momento ha fatto centro, tanto di cappello.