Ma andiamo a vedere nel dettaglio di cosa si tratta e quali sono le drammatiche e disruttive scelte che la Regione ha preso e le pratiche ecodistruttive che promuove.
Partiamo dalla questione lupi, che è stata in gran parte fomentata proprio dalla becera politica regionale sia di maggioranza sia di alcune parti dell’opposizione. I lupi, si sa, sono molti in Toscana, e così i problemi che si riscontrano a causa del predatore con la pastorizia in Appennino, ma anche molte sono le soluzioni, già utilizzate altrove e anche da molti allevatori toscani, e di comprovata efficienza, come i cani da guardianìa, i recinti elettrici e disturbi di vario tipo.
Ma la Regione è la capofila a chiedere a gran voce l’abbattimento dei lupi, e prosegue ciecamente in questa direzione nonostante gli stop che da più parti, anche da istituzioni nazionali, vengono imposti per salvaguardare una specie simbolo della biodiversità e della lotta all’estinzione dei grandi carnivori. Superlative nella loro rozzezza le dichiarazioni di taluni amministratori, come quelle dell’assessore all’agricoltura Remaschi, che sbraita contro l’Europa affinché venga finalmente aperta la caccia ai lupi.
Passiamo ad un altro argomento assai spinoso. L’annullamento delle Province fa sì che la Regione Toscana decida un accorpamento delle competenze sulle riserve naturali un tempo provinciali. Queste riserve sono distribuite in tutto il territorio e in molti casi tutelano degli autentici gioielli ambientali, come la Riserva Naturale dell’Alto Merse, in provincia di Siena, che ospita paesaggi intatti, torrenti ricchi di biodiversità in cui fino a pochi anni fa viveva una piccola popolazione di lontre; come la Riserva Naturale di Castelvecchio, dove si annidano su uno sperone di roccia e in mezzo a foreste di lecci e cerri le magnifiche rovine di una città medievale. Sono solo due esempi di decine di luoghi importanti e preziosi, che avrebbero potuto rappresentare la vera essenza del territorio toscano. Ma queste riserve naturali, già in parte abbandonate a sé stesse dalle amministrazioni locali, una volta passate in mano alla Regione sembra che non valgano proprio nulla, dato che nella nuova legge regionale 30/2012 e nel quadro di bilancio per le aree protette il finanziamento destinato al loro mantenimento e salvaguardia è pressoché nullo, e si parla con insistenza della necessità di privatizzazioni.
Molte aree protette verranno invece date direttamente in gestione alle amministrazioni locali, assolutamente prive di risorse e di capacità tecniche per creare una gestione lungimirante e continuativa.
Ma non basta, a questo bisogna aggiungere che la vigilanza volontaria (le guardie volontarie ambientali e zoofile di associazioni come WWF, LIPU, ENPA ecc.), importante e gratuito baluardo contro i reati ambientali, e sostegno utilissimo di forze dell’ordine e magistratura, nel passare sotto il controllo della Regione vedono il loro ruolo notevolmente ridimensionato, la loro capacità operativa annullata in molti casi, l’aiuto finanziario per le spese vive (divise ecc.) volatilizzato. In coerenza con una politica nazionale in cui il Corpo Forestale dello Stato viene trasferito, o è meglio dire accartocciato in una informe realtà con compiti anche molto diversi da quelli della tutela e del controllo ambientale.
E non è ancora finita. La Regione, presidente Rossi in testa, annuncia: “Mai più fiumi a briglia sciolta” e stanzia 40 milioni di euro (in gran parte provenienti dall’Unione Europea e destinati a ben altro uso) per fare cosa? La cementificazione dei fiumi. Proprio così: creare dighe su fiumi e torrenti.
Questo denaro sarebbe in realtà fatto rientrare in maniera incongrua tra le spese per il Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020 nell’ambito del “Sostegno alla prevenzione di danni arrecati alle foreste da incendi, calamità naturali ed eventi catastrofici”. E cosa c’entra? Gli eventi catastrofici sono proprio quest’ultimo assalto ai pochi fiumi e torrenti rimasti intatti, un assalto supportato anche da alcuni consorzi di bonifica che da anni stanno distruggendo la vegetazione e la naturalità di questi ambienti, nonostante le critiche piovute dal mondo accademico, da associazioni ambientaliste e da comitati di cittadini. La Regione promuove l’industria del cemento in nome di considerazioni idrauliche false e obsolete ma non promuove la salvaguardia dei fiumi da inquinamento ed erosione. Basti pensare che interi quartieri di Firenze non hanno depuratore delle acque fognarie e che interi bacini fluviali sono sottoposti ad un’erosione selvaggia a causa di pratiche agricole e di taglio forestale fuori controllo, scarsamente regolamentate e completamente ignorate, quando non incentivate, dagli enti regionali.
E, per finire, la ciliegina sulla torta. La Regione Toscana modifica la legge regionale 48/1994 e consente così lo svolgimento di gare e “manifestazioni sportive” di motocross, auto fuoristrada e altri mezzi motorizzati anche fuori dalle strade carrozzabili e da qualsiasi strada (cioè per intenderci nei boschi e simili) e… anche all’interno delle aree protette.
Questo è il colpo finale alla tutela ambientale, la legittimazione di attività vandaliche in completo contrasto con un minimo rispetto dell’ambiente e della natura, con la funzione delle aree protette e con la loro fruizione da parte dei cittadini che pensano di trovarvi quiete, aria sana, bellezza. Una provocazione trasformata in legge a favore di meschini interessi economici in contrasto con il benessere di tutti e anche in contrasto con lo sviluppo di un turismo ecologico e ambientale. Una provocazione trasformata in legge, una vergogna che ha fatto indignare tutte le associazioni ambientaliste, il CAI che ha emesso un duro comunicato, una parte delle opposizioni che si sono battute con forza contro decisioni arbitrarie e prive di ogni logica. WWF e Legambiente punteranno ad una invalidazione della legge.
Resta evidente però un disegno preciso di destabilizzazione totale della difesa dell’ambiente, una sorta di “Sacco di Roma” legalizzato, che punta a concedere tutto a speculatori, cementificatori, inquinatori.
Da più parte però si registra una forte volontà di creare un fronte comune a difesa di quelli che sono dei baluardi ambientali nella terra degli Etruschi, e che fanno della Toscana un luogo di fascino e di attrazione turistica. Ma fino a quando?