I Pfas, gli acidi perfluorolchilici, sono sostanze chimiche note da anni, ma sulle quali non venivano eseguiti controlli e che secondo diversi studi causano danni irreversibili all'organismo. Il Veneto è stato particolarmente colpito a causa soprattutto della presenza di un'azienda chimica che si è rivelata altamente inquinante, la Miteni. Proprio ieri, 15 gennaio, si sono chiuse le indagini preliminari condotte dalla magistratura vicentina che ha portato a tredici indagati tra manager e tecnici dell'azienda.
Nelle province di Vicenza, Verona e Padova le persone interessate sono circa 350mila, pari alla popolazione che ha usato l’acqua inquinata, proveniente da acquedotti e pozzi artesiani. I magistrati vicentini contestano i reati di avvelenamento delle acque e “disastro innominato”, per fatti accaduti fino al 2013. Ma è già aperto un filone per i fatti accaduti in epoca successiva.
Intanto, qualche giorno fa il comitato Mamme No Pfas, che nei mesi scorsi si era spinto fino a Bruxelles per far sentire la propria voce ai vertici dell'Unione Europea, ha presentato il video-appello dal titolo Recast Directive Quality of WATER, contenente gli interventi di 30 mamme che parlano a ciascun Ministro dell’Ambiente europeo portando le loro testimonianze di cosa significhi vivere con la consapevolezza di avere sostanze tossiche nel sangue, assunte attraverso l’alimento primo e fondamentale: l’acqua. Il video è anche stato inviato ai deputati del consiglio dell’Unione Europea.
«Le Mamme no Pfas, quali rappresentanti di una vasta popolazione veneta che vive in prima persona quotidianamente gli effetti della contaminazione, chiedono ai deputati italiani e al Ministro Costa un coraggioso e doveroso intervento normativo nazionale che regolamenti le sostanze perfluoroalchiliche non aspettando che tali norme, ci vengano imposte dall’Europa - hanno detto durante la conferenza stampa alla Camera dei Deputati - Riteniamo che l’attuale versione della Direttiva sulle Acque per il consumo umano redatta a livello comunitario non garantisca e protegga la salute e l’ambiente: i limiti posti per i composti perfluoroalchilici a catena lunga sono molto più elevati di quelli della Regione Veneto e per i Pfas a catena corta non viene posta soglia alcuna. Questa nuova generazione di Pfas è documentato essere anch’essa pericolosa e bioaccumulabile».
«La mancanza di limiti nazionali crea un buco normativo che mette in grossa difficoltà la Procura della Repubblica - hanno aggiunto le Mamme No Pfas - L’adulterazione dell’acqua è già un reato in Italia, quello che manca è la correlazione tra inquinamento e patologia. In futuro altre zone d’Italia in prossimità di cartiere, industrie di zincatura e coloritura di tessuti potrebbero avere l’acqua inquinata da Pfas ed essere impotenti come lo siamo noi ora: senza riferimenti di norma chiari mancano gli strumenti per colpire i responsabili di simili contaminazioni. I limiti a zero pfas saranno l'unica scelta possibile per garantire l'innocuitá di queste sostanze».
«La nostra è un'emergenza sanitaria senza precedenti in Italia, e lo Stato ha il dovere di proteggere la popolazione per prevenire queste situazioni - hanno proseguito - Da due anni chiediamo che siano posti dei limiti nazionali e il Ministro Costa, nell'incontro con i gruppi No Pfas del Veneto dell' 11 settembre 2018, li aveva promessi davanti a vari gruppi e associazioni. La regione Veneto li ha stabiliti nel 2017. L’Italia, che nella Regione Veneto ha potuto toccare con mano la preoccupante pericolosità di queste sostanze, dovrebbe aver già provveduto a fissare i suoi limiti nazionali, diventando esempio credibile per le altre nazioni europee. Ovviamente i limiti che chiediamo sono pari a ZERO perché un limite diverso implica che continueremo giorno dopo giorno ad accumulare queste sostanze di sintesi nel sangue e nei tessuti che il nostro corpo scambia per ormoni e possono causare tante patologie correlate».