di
Matteo Marini
28-08-2012
Ormai da decenni l'Ilva inquina l'aria di Taranto. È dunque sempre più urgente trovare una soluzione per far fronte a questo disastro ambientale. Tra le soluzioni ipotizzate c'è chi suggerisce di esportare in Italia l'esempio della Corea del Sud dove si trova un impianto siderurgico che ha deciso di coprire con alcune cupole i propri parchi minerali.
Torniamo a parlare dell’Ilva. Come vi avevamo già raccontato dalle colonne del nostro giornale, ci suona strano vedere un accavallarsi di dichiarazioni di buone intenzioni, per risolvere un problema che non è certo recente. L’Ilva inquina l’aria di Taranto da decenni e non dall’altro ieri. A questo punto però si rende necessaria un’accelerazione per trovare una reale soluzione a quello che in molti hanno definito un disastro ambientale.
Una prima fotografia, la scattano Eleonora Bianchini e Pierluigi Giordano Cardone, dalle pagine de Il Fatto Quotidiano: “in Corea del Sud c’è un impianto siderurgico che ha deciso di coprire con alcune cupole i propri parchi minerali. Costi? Elevati. Effetti? Al di là delle più rosee aspettative. Da qui l’interrogativo: perché non esportare la soluzione asiatica anche in Italia? Per gli esperti si può. Per l’azienda meno”.
Le motivazioni del tribunale del Riesame, implicano proprio una ricerca più ampia di una soluzione che permetta all’Ilva di mettersi a norma “al prezzo di onerosissimi esborsi finanziari” sulla base, per l’appunto, “delle migliori tecnologie disponibili”. La partita si gioca sulla bonifica del Parco minerali, da cui si alzano le polveri tossiche che infestano diversi quartieri di Taranto.
L'Arpa Puglia (Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione dell’Ambiente) vuole la copertura dell’area, l’Ilva fa orecchio da mercante e vuole il barrieramento (ipotesi sostenuta anche dal ministro Corrado Clini nella conferenza stampa del 17 agosto scorso), che avrebbe tempi di realizzazione e costi nettamente inferiori rispetto alla prospettiva avanzata dall’Arpa. Si tratterebbe, di fatto– nel caso di quest’ultima ipotesi – di installare una rete antiveleni che limiti le emissioni.
Ritornando all’esempio iniziale della Corea del Sud, bisgna dire che il primo a parlarne è stato Beppe Grillo. Una settimana fa, infatti, il leader del Movimento 5 Stelle ha postato sulla sua pagina di Facebook la rivoluzione adottata dalla Hyundai Steel Corporation in Corea del Sud, che ha deciso di coprire i suoi parchi minerali con delle cupole ad hoc.
Questo è ciò che scrive il comico genovese: “L'acciaieria Hyundai Steel Corporation in Corea del Sud ha coperto i suoi parchi minerali. Questo perché durante le fasi di carico e scarico dei minerali avviene la dispersione di polveri e minerali nocivi nell’aria. Perché in Corea del Sud sì e a Taranto no?”.
Il duo Bianchini-Cardone del Fatto, scende nei dettagli: “I dati, del resto, sembrerebbero confermare la bontà della scelta di Hyundai. L’azienda sudcoreana, infatti, è stata la prima al mondo a realizzare un sistema di stoccaggio al coperto per ridurre l’impatto ambientale in tutte le fasi del processo di produzione. Secondo un servizio della Cnn realizzato a ottobre 2011, “l’aria è più pulita e le condizioni di vita sono migliorate”.
L’impianto è costato complessivamente 5,5 miliardi di dollari (ammortizzabili a bilancio in un quinquennio) ed è in grado di produrre 8 milioni di tonnellate di acciaio all’anno (l’Ilva ne produce poco più di 9 milioni), con 35 chilometri di nastro trasportatore. Inoltre la copertura del materiale dall’inizio alla fine del processo di trasformazione consente all’azienda di risparmiare circa 20 milioni di dollari all’anno. Al contrario, lasciare tutto all’aria aperta, secondo la Hyundai, “provoca ai produttori di acciaio una perdita dello 0.5% del materiale a causa di pioggia, vento e freddo”. Insomma, gli ingredienti della soluzione coreana sono due: risparmio sulle materie prime e tutela ambientale.
Sulla possibilità di applicazione del metodo Hyundai, Giorgio Assennato (Presidente di Arpa Puglia), interpellato dal Fattoquotidiano.it, afferma: “Corea e Giappone sono avanti anni luce rispetto a noi […]. La copertura dei parchi minerali è l’unica soluzione tecnicamente possibile contro l’inquinamento, soprattutto nel caso di Ilva […]. A nostro avviso l’altro rimedio utile sarebbe la completa delocalizzazione dei parchi, ma questa avrebbe dei costi e dei tempi di realizzazione davvero esorbitanti”.
Per quanto riguarda l’ipotesi ministeriale del barrieramento, con una bagnatura costante delle colline di polveri ferrose, Assennato è molto scettico: “A Taranto la bagnatura dovrebbe esser già fatta e i risultati sono evidenti: non basta. Anche per questo motivo le barriere non sono la soluzione migliore e credo che il tribunale del Riesame la pensi così, considerato che nelle motivazioni della sua sentenza ha fatto ampio riferimento alle nostre analisi”.
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